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3.79 AVERAGE


Sequel e conclusione che non poteva continuare meglio quei temi e una nuova protagonista! Non era facile mettere in parallelo due ragazze, una relazione saffica iniziata, tanti segreti da svelare e una resistenza da portare avanti!


• A narrare stavolta è infatti Carmen, di cui scopriamo la sua forte presenza nell’associazione La Voz da quando era piccola, ed è ben incastrato il modo in cui si srotolano i flashbacks e i suoi ricordi di quanto ha combattuto per tutto ciò, del forte legame in particolare con Alex e Sota e “El Buitre”, “l’Avvoltoio”, il leader di tutti, che le ha fatto rappresentare “La Cuerva”, “il Corvo”: è un punto di partenza per la sua identità che, come per Dani, è gran parte della sua caratterizzazione, perché chi è davvero Carmen dopo tutti questi anni? Prima bambina spaventata accolta dall’unica speranza di una vita diversa con un gruppo, poi la soldatessa tenace sempre in allenamento per qualcosa di meglio, poi la Segunda che affina le sue arti di menzogna dell’ambire a bellezza e lusso, e ora la ragazza dalla temibile reputazione che ha rischiato vita e tradimenti. Questa è infatti è una delle parole chiave per il tema fondamentale della “lealtà alla causa”, sottolineata dalle frasi a inizio capitolo tratte da un libro di promesse e giuramenti di La Voz a cui aderire se se ne prende parte, dei comandi quasi rigidi per la serietà con cui la causa è sentita; allo stesso modo la parola traditore che pesa su Carmen, dall’inizio quando alcuni sono restii a credere a lei, a quando invece la rispettano per la fiducia che vuole costantemente trasmettere. Anche in questo caso la trama va di pari passo a cosa la protagonista sa o non sa, alle auto convinzioni alternate alle mancate speranze poiché sempre con il timore di non fare abbastanza per gli altri, di mostrare solo facciate e di essere abbandonata nonostante l’amore di chi è a lei più vicino, chiedendosi sempre se possa bastare per soppiantare i segreti di essere spesso mille altre persone in una sola. Carmen spesso non si riconosce e al contempo vuole riconoscersi e affermarsi più di prima, passa dal voler arrendersi alla solitudine pur di dare valori al prospetto esterno verso cui il suo cuore è attratto al voler, invece, resistere e valere davvero tra la reputazione e le fughe, tra l’amore per Dani tanto quanto per La Voz che non intende abbandonare. Ho apprezzato che fosse un personaggio tanto consapevole quanto incerto, che si dividesse tra la solitudine e il coraggio per rimontarla, tra l’accettazione dei suoi errori e la rivalsa quando anche la sua stessa famiglia che si è trovata in una causa comune è meno unita di quanto lei vorrebbe; sempre tendente all’esterno, alla convinzione verso gli altri, a capire cosa vogliono, a vedere del bene ma anche dubitare facilmente quando l’armonia auspicata svanisce, il suo percorso affronta diversi passaggi nella ribellione in cui ancora crede ma al contempo le insidie che nasconde, nell’andare oltre i suoi limiti capendo che serva non per un’approvazione degli altri, ma per ritrovare sé stessa e non perdere di vista le sue origini che ancora la guidano verso l’obiettivo di libertà, che può abbracciare con più sfumature di forza e capire, come le dice Jasmìn, che « amare lei non ti rende debole » e « le sue passioni non la rendevano più debole, la vita le aveva mostrato quella lezione »
Per non parlare poi del modo in cui Carmen si approccia alla vendetta, pensando spesso al futuro di farla pagare a Mateo e gli altri dal lato privilegiato con strategia ma anche una presa di sensorialità, alternando la razionalità del conoscere i rischi all’impulsività di ciò per cui si batte, di mantenere tutto unito anche quando sa che nel suo stato psicofisico non lo è. Ha spesso dei trigger per le esperienze e dati raccolti, per il controllo razionale tra autostima e paure che vacillano, e risulta quindi realisticamente un personaggio femminile “badass” senza essere pretenziosa, con delle sfide e delle forze quanto delle debolezze, una determinazione verso gli obiettivi quanto la comprensione del presente e l’elaborazione del passato- due cose senza cui, capisce, non può andare avanti, e nell’indecisione sul piano io-gli altri, nei dubbi piu umani che morali, imparerà a percorrere un’identità ora più stabile per sé stessa.



• Grazie al percorso di Carmen si approfondisce quanto è stato già iniziato nel primo libro riguardo alle scale di grigi di sfumature tra bianco e nero della giustizia, che coinvolgono l’identità del singolo e il confronto con il gruppo, le difficoltà anche all’interno di questo per la frammentazione del governo che pesa dall’alto; diventa un’occasione per mostrare, in lei ma non solo, quell’incarnato senso di ambiguità che si percepisce durante tutta la lettura per quanti sono i risvolti non direttamente cattivi o non direttamente buoni sia di La Voz sia di altri piani e ruoli -come quello di Dani, che cerca di sentirsi libera seppur imprigionata in quella casa- che i personaggi ricoprono.
Bellissimo il prologo che continua la storia di folklore sulla nascita di un mondo diviso secondo un racconto divino (denuncia: favola raccontata come per asserire a regole che discriminano proprio le persone bandite), che qui aggiunge la nascita secondo il mito del gruppo di ribelli: il corvo che prende il primo filo d’oro del Salt God prima che questo muoia, l’avvoltoio che riceve il comando, le loro voci che che annunciano alla folla che combatteranno per tutti. Il tema della ribellione è qui ai suoi massimi estremi non in modo lineare e prevedibile di uno spirito che si accende maggiormente, ma in alti e bassi mentre ci si chiede: è davvero giusto? Le vite innocenti sacrificate, le azioni avventate, il giudizio fin troppo rigido come se fosse un’entità a sé? La Voz sembra avere un’essenza tramutata, Carmen stessa se ne rende conto e parte del suo conflitto è quanto o meno distaccarsene, quanto dividere la causa dalla sua struttura che pone un realistico dettaglio che si spinge tutt’ora nell’attivismo moderno: che non tutti gli slogan di parità sono detti nel modo giusto per tutti, non tutti i membri delle comunità sono perfetti solo perché tali; gli atti di ribellione sono diventati più violenti, il messaggio fatto passare in modo più schematico, senza retorica ma allo stesso tempo con una certa inquietudine che lo spirito di libertà non dovrebbe prevedere. È stata super interessante la posizione del personaggio di Ari, diventato traditore della stessa associazione per avere una vita migliore, perché « perché non posso vivere in una casa con del cibo e acqua corrente? Perché non posso svegliarmi un giorno senza paura che sia l’ultimo? », un’ideale distorto e finito con l’egoismo, partito però da un giudizio sulla condizione collettiva che non riconosce (« Pensi che questa sia una famiglia? »), frutto di una condizione di vita così povera e triste da accettare la comodità e fuga di quei ricchi contro cui si sono sempre posti; Ari non odia davvero quel privilegio, ma odia non averlo come diritto, poiché vittima di un mondo che vuole che lo si desideri anche se impossibile raggiungerlo con equità, e senza moralità -perché non è presente tra gli emarginati che conoscono regole di sopravvivenza e forza nell’union- lo uccidono: sarebbe stato quindi un anello storto nel funzionamento di qualcosa che, si dimostra, è difficile portare avanti senza che ognuno, in modo diverso, superi i propri passati conflittuali interiori— “It’s not about blood, or death. The goal of true resistance is peace. Abundance. Violence is only a means to an end.”



• L’aspetto di romance è più che solo questa parola, la relazione con Dani è infatti stata sviluppata nel migliore dei modi: una ripresa coerente con sentimenti mai spenti ma, per questo, faticosi a riemergere in modo tranquillo, che però si alterna a una certa forza per la paura di perdersi di nuovo in un’analisi specifica e continua dei rispettivi errori di entrambe, domande che sia voce narrante pone sia i dialoghi pongono per quanta strada ancora sentono di dover fare ma, nel presente, sperano di poter trovare la fiducia che è il fulcro della difficoltà del rapporto: quanto si conoscono l’una con l’altra? Quanto sono disposte a rischiare la vita per l’amore che, realizzano con fatica, sta diventando più forte ma anche intricato nella politica? Si crea quindi l’apparente conflitto della scelta tra cuore e dovere, nella realtà poi il come conciliare le due cose che vengono ugualmente dallo stesso sentimento sincero, un percorso di capire davvero cosa si vuole che è il fil rouge dalla narrazione di Dani del libro precedente, a quella di Carmen in questo, e che ora si estende maggiormente all’unione di entrambe.

Bellissimo anche il sottotema dell’importanza del corpo, già presente in semplici e per questo genuini commenti del primo libro (la scoperta di sé senza tabù e l’osservazione di un corpo dalla stessa natura ma nella sua diversità), qui ripreso da chi ha avuto invece, all’opposto della Primera, un training da Segunda volto alla consapevolezza della bellezza… che diventa consapevolezza dell’intimità (anche nei ricordi di Carmen per la relazione passata con Jasmìn, dalla femminilità mai sminuita) e del desiderio di entrambe: prima in un’incertezza lecita, ora in una certezza realisticamente complicata da raggiungere ma anche liberamente lasciata andare; dalle descrizioni in un contesto diverso, quale le ferite -> “She had never considered her ample hips or the curvy rest of her a detriment, and she had to believe this body she loved wouldn’t become one now.” [e poi, con un’altra prospettiva] -> “She wrapped her arms around herself, loving her body even more fiercely than usual for surviving this, too.”

alle descrizioni sex-positive del momento in due con un preciso stato emotivo e un altro tema: il lutto, la forma psicologica di senso di colpa che Carmen sente quando sta pensando ad altro che non sia la morte di Sota, quando sta apprezzando luoghi, tocchi e sensazioni anziché la sola tristezza per lui, quando si sta dedicando a qualcosa come il piacere fisico e mentale con chi ama anziché la fredda distanza del pianto, come i luoghi comuni della società vorrebbero far credere. Non solo ognuno ha modi diversi di sfogare il lutto -e a volte nei libri capita che una persona o l’intera coppia lo affronti con un rapporto sessuale-, ma qui è ancora più originale e specifico: Carmen dice a Dani che non vuole far sembrare che sia «solo perché domani potremmo morire», ma perché la ama sul serio, e Dani risponde con lo stesso accordo in una frase che psicologicamente afferma la loro presenza insieme e nel mondo: « Non è solo amore. È una storia, sono cicatrici e segreti. Lo voglio perché voglio te e tutto quello che sei », è un’accettazione dell’enormità dei sentimenti negativi che hanno affrontato e nella volontà che abbiano segnato un passaggio a quelli positivi.

“and there was no pain in the world, no grief, no sadness, there was only the charged space between their lips, and every day Carmen had wanted this stretching out behind them.”

“And so the space shrank in on itself, and Sota’s ghost kept his distance. For the first time since the roadside, Carmen let herself remember who this girl was. What she felt for her. What she always had.”




• Il finale è stato tutt’altro che scontato per essere un distopico, perché non è la classica vincita buoni contro cattivi, ma c’è stato un realistico scontro che, da realistiche difficoltà per disparità a volte di armi o preparazione, si è dimostrato quasi alla pari, rappresentativo della guerra che ha sempre caratterizzato il paese ma che qui è stato il vero scontro civile in quanto apice della disperazione: vinto dalla forza dell’ideale delle persone della middle e outer island insieme, la comprensione che fosse un problema di potere sistemico e molto più di una semplice ribalta dei villains— ci sono state descrizioni poetiche anche di quanto subisce la stessa Carmen, che pure nella sua preparazione e determinazione non sfugge al pericolo, rimane persino vittima di allucinazioni -per l’errore di scambio del coltello- ed è un’occasione per mostrare metafore di animali ed elementi naturali che rappresentino le persone a lei care (la volpe per Sota, il lupo per l’allontanamento di Alex che però ritorna a dimostrarsi la sorella che ha sempre avuto, in generale la collettività che cerca e che teme non ne uscirà viva da una battaglia anti- oppressione); sono immagini volutamente caotiche ma sentimentali per la stanchezza, ma anche la rivalsa della protagonista che fa da voce sia ora per sé da sola, ora per tutto un popolo.



“We set the dark on fire” e “We unleash the merciless storm” è diventata una delle mie duologie preferite, è la riuscita young adult della ricchezza che può narrare una storia di combattimento per i propri diritti, per l’attraversamento dei muri (metaforico e letterale!), per la lotta femminista e classista mostrando i più piccoli e quotidiani dettagli in cui il controllo e la dipendenza maschile e dei ricchi avvengono in un modo da noi internalizzato e che può essere contrastato solo la decostruzione e l’affermazione di valori difficili da ammettere. Che sono parte di noi in quanto umani, che possono vacillare e fare sbagli, ma che torneranno sempre al loro posto se ci si crede davvero. Se, come dicono i sottotitoli, si “lascia bruciare la ribellione” e si “fa piovere la resa dei conti”. ->
Let rebellion burn / Let rain reckoning




——QUOTES:

“How could something the gods supposedly denied feel like a baptism? How could it feel like faith?”


“This was magnetic and imperfect and went by a million different names. This was the earth moving up to meet them and the sea crashing in and the stars and the moon and everything powerful Carmen had ever let herself feel. This was poles shifting. This was wars being fought and won and lost and won again. This was something she had never thought she could feel.”


-“I’m sorry,” she whispered across the room. To the talisman. To the girl it represented. An apology for every lie she’d have to tell tonight.”


-“But in the midst of it all, Carmen had hope. Hope that it wasn’t too late for Dani. Hope that there was still a way to keep the cause she loved from turning into something she couldn’t believe in.
Whoever Cielo had been, she was hoping for something, too. Something that made whatever horrors were behind her a springboard for what came next.
Not that she would have admitted it, but in the moment, Carmen was glad she wouldn’t have to go alone.”


-“She was alive, and as long as she was alive, everything was still possible. She had never believed in gods or legends. She was supposed to be one of them, after all, and she was more mixed-up girl than cuerva’s spirit.
But she believed in freedom.
She believed in people, taking care of each other, doing what was right.
That was what would carry her through this moment. Not prayer. Not stories about special, chosen people. Not gods that came and went as they pleased. But her own divinity. Her own ability to create the world she wanted to see.”


-“Cuervita the La Voz agent had been El Buitre’s right hand, the princess of the nomadic La Voz city. Carmen the Segunda student had been cruel and aloof, punishingly beautiful. Carmen Garcia had been emotional, feisty, but with the nurturing heart that made her a perfect partner.
When she’d returned to camp, there had been no choice but to sink into her old, ruthless reputation. To prove she belonged or suffer dire consequences. As a beggar on the road, she’d walked in shadows, wide-eyed, grateful for any kindness that helped her to survive.
But now she was back in the capital, back where it had all started. Survival wasn’t enough. Carmen was ready to create, to destroy. And she had the tools to become a girl who could.”


“She needed to be the invisible beggar to get through the streets without being recognized.
She needed to be the girl who had left the outer island at twelve, to convince Sota she was worth helping. She needed to be the beautiful Segunda Dani had fallen in love with, to remind her why their love was worth fighting for.
She needed to be the ruthless revolutionary who loved no one and nothing more than her cause, to make Mateo and the men like him pay.”



-“Carmen Santos was ruthless, it had been said again and again, on both sides of the island, in the government and the resistance and everywhere in between.
Now, when she felt so far from the person who’d left for a dangerous mission at twelve, who’d been feared and respected when she returned at seventeen, it was almost comforting to remember that was true.
Or that it could be.”



-“It was more than a goodbye. It was stars colliding. It was a storm where there had never been rain, lightning splitting the sky where they stood.
It was a quiet sigh. A whisper. It was coming home.
There was something fated in the air, something that felt protected, even though somewhere far off, Carmen knew that was impossible. That she couldn’t be safe here.
Carmen wasn’t a Segunda or a spy when she stepped forward, cutting the space between them in half. She wasn’t responsible for a world or a war or any lives but the two stretching toward each other here and now.”


-“Something in Carmen broke at the word. Like being a whore wasn’t condoned by the government this man claimed to run. Like girls weren’t sold to the highest bidder to warm the beds of men who would never deserve them.
Like being a whore was so much worse than being a bigoted, prejudiced murderer who had just allowed war to be declared on half his own country. The poor half. The starving half. The half most in need of mercy.”


-“The girl from the legends, but even though he was gone, she still felt the rustle of black wings. She was ruthless. A survivor. A scavenger. And she was done hiding from the only man who’d ever managed to own her.”


-“The real revolution was here. In the place where girlhood met womanhood. In the bonds of a sisterhood that would never be torn apart”

The 2nd half of this book was very strong and provided much of what I loved about the first in the series. I however was disappointed with the first half and almost gave up. It felt like I was in groundhog day revisiting the same story again and again for well over 100 pages. Overall a very strong female title which left me satisfied.

cool to switch to the other main characters pov & world build the rebellion more, but i felt like i was just waiting for something to happen the whole time … then the final battle scene was solid but the ending left the fate of everything ambiguous! i thought that this was gonna have a more radical ending - sad bc i rly wanted to love this ~ 6/10

I liked this one even more than the first! It still suffered from some continuity issues (twice, a character stood up twice in a row without sitting down in between) and some general plot holes, but it was an enjoyable read and I loved getting Carmen's perspective on things.
adventurous emotional medium-paced
Plot or Character Driven: A mix
Strong character development: Yes
Loveable characters: Complicated
Diverse cast of characters: Yes
Flaws of characters a main focus: Yes

Hm.

This book was a bit of a disappointment after the first one. It was fine, but I now feel like it would have been stronger as a stand alone. I didn't love the ending, it felt muddled and messy. The change in perspective also hurt the story, in my opinion. The setting was interesting in the last book and this time we were in a completely new (and less interesting) place.

Meh.
adventurous emotional fast-paced
Plot or Character Driven: Plot
Strong character development: Complicated
Loveable characters: Yes
Diverse cast of characters: Yes
Flaws of characters a main focus: Yes

Kind of wish it had been from Dani's POV. I didn't really connect with Carmen - or every other paragraph with her being "trained by the Vulture" or "the daughter of La Voz".

There were some definite good moments, but the last half of the book felt SO rushed.
Spoiler Literally in one chapter, you find out who the traitor is, the leader dies, the traitor dies and a new leader takes position. In like a ten span page.
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mxfahrenheit's review

4.5
adventurous dark emotional hopeful medium-paced
adventurous challenging dark emotional hopeful tense slow-paced