Reviews

Watermark: An Essay on Venice by Joseph Brodsky

merixien's review against another edition

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inspiring reflective slow-paced

4.75

kirstenlakes's review against another edition

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reflective fast-paced

3.75

manuelandrade's review against another edition

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challenging dark reflective sad slow-paced

3.5

loujoseph's review against another edition

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3.0

interesting only to those who've been to venice, maybe for the description of the vaporetti as tuna cans.

tonki's review against another edition

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reflective

3.25

madisonj99019's review against another edition

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informative reflective slow-paced

3.5

murdoch_s's review against another edition

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3.0

"So you never know as you move through these labyrinths whether you are pursuing a goal or running from yourself, whether you are the hunter or his prey."

"Love is a selfless sentiment, a one-way street. That's why it is possible to love cities, architecture per se, music, dead poets, or, given a particular temperament, a deity. For love is an affair between a reflection and its object. This is in the end what brings one back to this city - the way the tide brings the Adriatic and, by extension, the Atlantic and the Baltic."

wingedwalls's review against another edition

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adventurous inspiring lighthearted reflective slow-paced

4.0

capodoglio's review against another edition

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4.0

"A costo di venire accusato di depravazione, confesso che il mio Paradiso è puramente visivo, ha a che fare con Lorrain più che con la dottrina ed esiste solo per approssimazione. In fatto di approssimazione, questa città è la massima possibile".

Di base, un commento a questo libro sarebbe superfluo.

Il casus è piuttosto noto: il Consorzio Venezia Nuova commissionò l’opera a Brodskij nel 1989, due anni dopo l’assegnazione del Nobel per la letteratura. A partire dal 1972, anno del suo esilio, Brodskij aveva visitato la città quasi ogni inverno.

La mia impressione è che l’autore abbia coagulato attorno a Venezia alcune caratteristiche della sua poetica: ironia, autobiografia, levità, primato dell’occhio e della vista… Il risultato è un testo breve, volutamente lieve ma non per questo meno prezioso. Brodskij inanella pareri idiosincratici tanto sono personali, eppure così brillanti da lasciare senza parole. Non inganni l’incipit dimesso; il pregio sta nell’apparente nonchalance con cui l’autore intesse le sue riflessioni.
Il suo discorso è così stringente da provocare un’autentica coazione alla citazione: verrebbe voglia di riportare interi capitoli. Il numero di note a margine per questo libretto di appena cento pagine è più che eloquente; io stesso ho contribuito con la mia dose, che per inciso vale più di questo commento. Ho cercato di estrapolare i brani che mi parevano capaci di vivere di vita propria, ma è nel tessuto del testo che acquistano tutto il loro valore.

Personalmente rientro nel novero di quanti hanno letto quest libro non perché è di Brodskij ma perché parla di Venezia. Non ho ancora letto null'altro del poeta e saggista (anche se a questo punto sono curioso) ma ero ansioso di aggiungere questo libro alla lista: Il mercante di Venezia, il primo atto dell'Othello e il quarto canto del Childe Harold's Pilgrimage; poi Il carteggio Aspern, Il ritorno di Casanova, La morte a Venezia, Venezia salva (non stupisce che in epoca post-decadentista Venezia abbia ispirato gli scrittori di lingua tedesca) e ancora Concerto barocco, Passione, L'altra Venezia... Alcuni di questi ancora non li ho letti, ed altri, come Le pietre di Venezia, non ho nessuna fretta di leggerli.
Per non parlare dei nativi, Casanova e Giorgio Baffo e perfino Hugo Pratt e Carlo Scarpa—risalendo fino al Milione di Marco Polo, che Calvino catalogava tra i “libri che diventano continenti immaginari in cui altre opere letterarie troveranno il loro spazio”. Pur non condividendone la struttura regolarmente poliedrica, per me Fondamenta degli incurabili fa il paio appunto con Le città invisibili di Calvino, che peraltro Brodskij cita esplicitamente:
http://bit.ly/GQlRjS
D’altro canto, come mi faceva notare un’amica, è a Venezia che il Marco Polo di Calvino pensa sempre, quando descrive a Kublai Kan le città visitate, forse solamente nell’immaginazione.

Coda:
Iosif riposa ora nell'isola di S. Michele, in quello che lui stesso definiva "l'acquerello più bello del mondo", assieme ad altri suoi conterranei, come Stravinskij e Djagilev.

E a me rimane la domanda: con che criterio avventurarmi nella sua produzione?

myelen's review against another edition

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emotional inspiring reflective slow-paced

4.25