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It is impressive that Selma Lagerlöf in 1914 made such a nuanced portrayal of mental instability and how the people around him react by correcting, ignoring or playing along. It is also a sad story about a young woman just wanting to do what’s right and what she can for her poor parents. You have sympathy with all the characters and I’m happy I finally got around to reading this book.
Siamo all’inizio del 2020 ma forse ho già trovato il libro dell’anno; e pure l’autrice dell’anno: di chi si tratta? Che libro ho letto?
Andiamo a scoprirlo assieme!
Oggi si parla del romanzo “L’imperatore di Portugallia” della scrittrice svedese Selma Lagerlöf, che vinse il Nobel della letteratura nel 1909.
L’editore è Iperborea, mentre la traduzione è a cura di Adamaria Terziani.
Il protagonista è Jan di Skrolycka (i russi hanno dei nomi complicati, ma quando ci si mettono gli svedesi non sono secondi a nessuno!), un povero contadino, sposato. All’inizio di questo romanzo lo troviamo da solo, seduto su un ceppo nella legnaia. La moglie sta per partorire, in casa, e lui non è poi così contento di quanto gli sta per capitare.
Guarda con un certo rimpianto alla vita precedente, quando era solo; ma anche la vita assieme alla moglie, non era poi così male. Perché lo aiutava nel lavoro, nei campi, ma col bambino in arrivo: che ne sarà di loro?
La storia è ambientata subito dopo la metà dell’Ottocento.
Poi, succede qualcosa. Non è un maschio, è una bambina quella che nasce; e quando lui la prende in braccio, tutto cambia.
Potresti dire: come può cambiare la vita di un povero contadino svedese, che non ha alcuna ambizione, che lavora sì, ma non pare avere chissà quali doti, o un qualche ingegno particolare?
Il fatto è che Jan scopre grazie a quella bambina che cosa è per davvero l’amore. Che non è solo una relazione tra due persone; lui, pur essendo un sempliciotto, poco stimato anche dalla moglie, ne capisce la forza rivoluzionaria. Capace di cambiarne la visione del mondo che lo circonda. E di capire cose che solo lui pare in grado di comprendere.
Perché limitarsi ai fatti, alla superficie, vuol dire non capire che cosa l’amore può produrre.
A diciotto anni la bambina non è più una bambina. E decide di andare a fare fortuna a Stoccolma, anche perché il padrone del terreno sul quale sorge la casa dei genitori, vuole un mucchio di soldi entro un tempo stabilito.
Quindi parte; troverà i soldi. Ma finirà male.
Per fortuna che c’è l’imperatore di Portugallia!
Per molti Jan è semplicemente pazzo. Ha amato troppo la figlia e Dio, nella sua misericordia, gli ha dato in dono la pazzia per non conoscere la verità: ma non è così. Questo è il giudizio delle persone perbene.
I pazzi in realtà sono tutti gli altri, moglie compresa, perché non credono nel potere dell’amore. E l’amore non è quello che essi credono: una specie di scudo che tiene lontani dai colpi della vita.
Jan di Skrolycka da un pezzo aveva già capito che un dono come quella figlia lo si poteva conservare solo a una condizione: sacrificare ciò che si ha di meglio.
A volte può essere una camicia di lino; a volte la propria sanità mentale.
Ma una sanità mentale che non è capace di amare la vita trasformandola e portandola a un livello superiore, è vera, autentica pazzia. Lui questo lo ha capito; quindi è guarito. Per questo è diventato l’imperatore di Portugallia.
Dopo ben 15 anni la figlia finalmente ritorna. E trova il padre “pazzo”. Ne ha orrore. Architetta di fuggire con la madre in città, abbandonando il padre alle cure di un vicino.
Ma è spesso necessaria una tragedia perché sia la figlia, che la madre e un po’ tutti nel paese comprendano la grande lezione di questo umile contadino.
Un uomo che grazie alla pazzia, vedeva perfettamente le cose, e con più lucidità di altri.
Non è solo un libro d’amore, o sull’amore. Ma sul prezzo che pretende l’amore a quanti credono davvero in lui: si prende tutto.
E la figlia, alla fine, proprio alla fine, scoprirà che cosa è stato davvero il padre. E in un certo senso rifiorirà.
Andiamo a scoprirlo assieme!
Oggi si parla del romanzo “L’imperatore di Portugallia” della scrittrice svedese Selma Lagerlöf, che vinse il Nobel della letteratura nel 1909.
L’editore è Iperborea, mentre la traduzione è a cura di Adamaria Terziani.
Il protagonista è Jan di Skrolycka (i russi hanno dei nomi complicati, ma quando ci si mettono gli svedesi non sono secondi a nessuno!), un povero contadino, sposato. All’inizio di questo romanzo lo troviamo da solo, seduto su un ceppo nella legnaia. La moglie sta per partorire, in casa, e lui non è poi così contento di quanto gli sta per capitare.
Guarda con un certo rimpianto alla vita precedente, quando era solo; ma anche la vita assieme alla moglie, non era poi così male. Perché lo aiutava nel lavoro, nei campi, ma col bambino in arrivo: che ne sarà di loro?
La storia è ambientata subito dopo la metà dell’Ottocento.
Poi, succede qualcosa. Non è un maschio, è una bambina quella che nasce; e quando lui la prende in braccio, tutto cambia.
Potresti dire: come può cambiare la vita di un povero contadino svedese, che non ha alcuna ambizione, che lavora sì, ma non pare avere chissà quali doti, o un qualche ingegno particolare?
Il fatto è che Jan scopre grazie a quella bambina che cosa è per davvero l’amore. Che non è solo una relazione tra due persone; lui, pur essendo un sempliciotto, poco stimato anche dalla moglie, ne capisce la forza rivoluzionaria. Capace di cambiarne la visione del mondo che lo circonda. E di capire cose che solo lui pare in grado di comprendere.
Perché limitarsi ai fatti, alla superficie, vuol dire non capire che cosa l’amore può produrre.
A diciotto anni la bambina non è più una bambina. E decide di andare a fare fortuna a Stoccolma, anche perché il padrone del terreno sul quale sorge la casa dei genitori, vuole un mucchio di soldi entro un tempo stabilito.
Quindi parte; troverà i soldi. Ma finirà male.
Per fortuna che c’è l’imperatore di Portugallia!
Per molti Jan è semplicemente pazzo. Ha amato troppo la figlia e Dio, nella sua misericordia, gli ha dato in dono la pazzia per non conoscere la verità: ma non è così. Questo è il giudizio delle persone perbene.
I pazzi in realtà sono tutti gli altri, moglie compresa, perché non credono nel potere dell’amore. E l’amore non è quello che essi credono: una specie di scudo che tiene lontani dai colpi della vita.
Jan di Skrolycka da un pezzo aveva già capito che un dono come quella figlia lo si poteva conservare solo a una condizione: sacrificare ciò che si ha di meglio.
A volte può essere una camicia di lino; a volte la propria sanità mentale.
Ma una sanità mentale che non è capace di amare la vita trasformandola e portandola a un livello superiore, è vera, autentica pazzia. Lui questo lo ha capito; quindi è guarito. Per questo è diventato l’imperatore di Portugallia.
Dopo ben 15 anni la figlia finalmente ritorna. E trova il padre “pazzo”. Ne ha orrore. Architetta di fuggire con la madre in città, abbandonando il padre alle cure di un vicino.
Ma è spesso necessaria una tragedia perché sia la figlia, che la madre e un po’ tutti nel paese comprendano la grande lezione di questo umile contadino.
Un uomo che grazie alla pazzia, vedeva perfettamente le cose, e con più lucidità di altri.
Non è solo un libro d’amore, o sull’amore. Ma sul prezzo che pretende l’amore a quanti credono davvero in lui: si prende tutto.
E la figlia, alla fine, proprio alla fine, scoprirà che cosa è stato davvero il padre. E in un certo senso rifiorirà.
emotional
hopeful
reflective
sad
medium-paced
dark
slow-paced
Plot or Character Driven:
Character
Strong character development:
No
Loveable characters:
Yes
O poveste induiosatoare in care descoperim iubirea, caracterul si bunatatea ascunse sub cele mai neinsemnate chipuri.
emotional
reflective
sad
fast-paced
Plot or Character Driven:
Character
Strong character development:
Yes
Loveable characters:
Yes
Diverse cast of characters:
No
Flaws of characters a main focus:
Yes
(3,5)
Den här berättelsen visar att det finns ingenting som är så kraftfullt som kärlek, speciellt kärleken föräldrar har för sina barn, och att kärlek kan förstöra en människa.
- - -
Observationer:
Jag tyckte att den första halvan var bättre än den andra, och det fanns några kapitel som, i alla fall jag, tyckte var onödiga och jag brydde mig inte om sidokaraktärerna.
Jag önskade att sidokaraktärerna var mer minnesvärda, att boken skulle vara lite ”tyngre” och mer melankoliskt skriven (som en dikt av Edgar Allan Poe, dessutom så handlar flera av hans dikter om att förlora någon man älskar), att nästan hela boken bara handlade om Jan, Kattrina och Klara Gullas vardagar (tills Klara reser bort), och att man fick fördjupa sig mer i Jans psyke.
Bitarna då tid tillbringas på far-och-dotter relationen och Jans galenskap gillade jag, och de avslutande kapitlen var känslomässiga, precis passande, och boken ger oss en viktig påminnelse om föräldrakärlek.
- - -
”För den, som inte känner av sitt hjärta varken i sorg eller i glädje, den kan säkert inte räknas som en riktig människa.”
”Ja, han hade blivit en annan människa i det ögonblicket, då den lilla flickan blev lagd i armarna på honom.”
”—Vad gör det den lilla flicka, om du kommer hem te hennes födelsedag? sa [Jan i Skrolycka] till sig själv. Hon har det lika bra utan dej. Men Börje har sju barn hemma å ingen mat åt dom. Ska du låta dom svälta, för att du ska få komma hem å leka mä Klara Gulla?”
”Vad brydde han sig om att leva, när inte den lilla flickan kom tillbaka?”
Den här berättelsen visar att det finns ingenting som är så kraftfullt som kärlek, speciellt kärleken föräldrar har för sina barn, och att kärlek kan förstöra en människa.
- - -
Observationer:
Jag tyckte att den första halvan var bättre än den andra, och det fanns några kapitel som, i alla fall jag, tyckte var onödiga och jag brydde mig inte om sidokaraktärerna.
Jag önskade att sidokaraktärerna var mer minnesvärda, att boken skulle vara lite ”tyngre” och mer melankoliskt skriven (som en dikt av Edgar Allan Poe, dessutom så handlar flera av hans dikter om att förlora någon man älskar), att nästan hela boken bara handlade om Jan, Kattrina och Klara Gullas vardagar (tills Klara reser bort), och att man fick fördjupa sig mer i Jans psyke.
Bitarna då tid tillbringas på far-och-dotter relationen och Jans galenskap gillade jag, och de avslutande kapitlen var känslomässiga, precis passande, och boken ger oss en viktig påminnelse om föräldrakärlek.
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”För den, som inte känner av sitt hjärta varken i sorg eller i glädje, den kan säkert inte räknas som en riktig människa.”
”Ja, han hade blivit en annan människa i det ögonblicket, då den lilla flickan blev lagd i armarna på honom.”
”—Vad gör det den lilla flicka, om du kommer hem te hennes födelsedag? sa [Jan i Skrolycka] till sig själv. Hon har det lika bra utan dej. Men Börje har sju barn hemma å ingen mat åt dom. Ska du låta dom svälta, för att du ska få komma hem å leka mä Klara Gulla?”
”Vad brydde han sig om att leva, när inte den lilla flickan kom tillbaka?”
Selma Lagerlöfs "Kejsarn av Portugallien" var en av våra bokcirkelböcker i somras. Det är en historia om kärlek och förtröstan. Om att inte kunna tro något ont om den man älskar. Och att leva i sin egen lilla galna värld. Jan i Skrolycka ville egentligen inte gifta sig, men det är bra att dela dagsverket med någon. Han ville heller inte ha barn, men när den nyfödda dottern läggs i hans famn blir han förälskad. Detta vackra hjärtegoda lilla knyte stjäl hans hjärta. Och när hon som ung kvinna flyttar till Stockholm för att tjäna pengar så föräldrarna kan behålla sitt hus kan han inte tro på det som senare viskas om henne. ***
Det här är en tänkvärd historia och man lider med Jan. Samtidigt som man vill ruska om honom. Och krama om honom.
Det här är en tänkvärd historia och man lider med Jan. Samtidigt som man vill ruska om honom. Och krama om honom.