Reviews

Граф Монте-Кристо. Том 2 by Alexandre Dumas, Alexandre Dumas

morgainlafeye's review against another edition

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5.0

This book really reflected my then husband so well, I changed his contact in my phone. Well worth the read.

fschmidt2001's review against another edition

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dark funny hopeful mysterious slow-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? It's complicated
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

4.5

They wanna kill themselves sooooo bad. Maximilian especially. 
Why does Edmund get with his adoptive daughter at the end. We didn't need that.

novabird's review against another edition

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5.0

This book touches part of the human condition, the need to address injustice. In this case, common law is corrupt and so the only way to redress the situation is through personal revenge. I found, "The Count of Monte Cristo," revealing in the extent to which Edmond Dantès carefully plans his revenge under the guise of a cold demeanor while he is writhing with a revenge that is hot blooded with passionate urges and full of pride.

Although a very long read, it kept a good pace with sufficient action that is the result of it being delivered in a serialized format.

How the character, Edmond Dantès conceives, manages, and completes his revenge, shows the brilliance of the author Alexander Dumas with his intricate plot weaving which is one of the strongest elements.

Towards the end, unexpected mercy, collateral damage, and forgiveness give the story the necessary depth of psychological complexity to mark it as a timeless contribution.

Alexander Dumas' minutely constructed plot while also portraying consequences of revenge combine magnificently. Almost five.

badger_ti_robespierre's review against another edition

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adventurous challenging dark emotional funny hopeful inspiring mysterious reflective sad tense medium-paced
  • Plot- or character-driven? A mix
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? Yes
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

5.0

lcush98's review against another edition

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adventurous emotional mysterious sad tense slow-paced
  • Plot- or character-driven? A mix
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? Yes
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? No

golisreads's review against another edition

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adventurous funny inspiring mysterious reflective medium-paced
  • Plot- or character-driven? A mix
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? Yes
  • Diverse cast of characters? Yes
  • Flaws of characters a main focus? No

5.0

kaboom326's review against another edition

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5.0

I really really wanted to write a long review but honestly it's the most I've enjoyed a book in a LONG LONG time.

jess_mango's review against another edition

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3.0

I questioned whether there were editors in 19th century France. If you took the beginning and the end and then seriously SERIOUSLY edited the middle 60% you would have a fairly decent book. I just found it to be a bit much for me. I don't mind long books if they keep me engaged and on track.

Playlist for this book.... :p
The Count of Monte Cristo by The Noisettes
Les Champs-Elysees by Joe Dassin (or NOFX if you want something with a bit more edge)
Poison by Bell Biv Devoe
Never Ending Story by Limahl
Too Long by Daft Punk
Not Over Yet by Grace


liminal_dolphin's review against another edition

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5.0

As someone who often struggles to concentrate enough to get through a 300 page book before getting distracted by another hobby and forgetting the book exists for 6 months, I could not put The Count of Monte Cristo down. There’s no reason to be intimated by the size of this book.

Some people may argue that this book is longer than it should be, and I can understand that perspective, but honestly I do not care. Every page I read was with so much joy and excitement. Im glad it’s the length it is. It’s just more content and makes finishing this ginormous novel all the more satisfying.

There is a reason that this book has such a high rating. I can say it is that good and lives up to the hype. Are there minor things I would have liked to see differently? Yeah, but again I just simply don’t even care because it was all so fun and satisfying to read. Easily just became my favourite book. If the synopsis intrigues you at all, do yourself a favour and pick up a copy.

lorenzo_taiarol's review against another edition

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5.0

Recensione breve: CHE MERAVIGLIA!

Recensione lunga, con spoiler: ->
Immaginate di essere un ragazzetto di 19 anni senza particolari ambizioni di grandezza, ma determinato a conquistare né più né meno ciò che gli serve per vivere bene: un padre amorevole, una sposa devota e bellissima (Mercédès) e un posto da capitano sul bastimento del suo capo e amico Morrel. Questo quadro idillico dipinto da Edmond Dantès viene brutalmente lacerato dalla cattiveria degli uomini, dal calcolo cinico, dall'invidia verso la felicità altrui. Ed è così che Caderousse, Danglars e Fernand (l'uno melanconico, l'altro collerico e il terzo sanguigno) lo denunciano come bonapartista alle autorità. Ciò che però dà il colpo di grazia alla libertà di Edmond è la cieca ambizione e l'interesse personale di Villefort (di temperamento flemmatico). È così dunque che il protagonista si ritrova prigioniero suo malgrado per quattordici anni nella più completa solitudine ("Ed ecco come, durante i Cento Giorni e dopo Waterloo, Dantès rimase sotto chiave, dimenticato se non dagli uomini quantomeno da Dio") finché verrà salvato dal suo deus ex machina, l'abate Faria.

Scampato per miracolo alla morte lacerando il feretro del morto, Edmond Dantès rinasce come un pulcino che rompe l'uovo per uscire, o piuttosto come un bambino che abbandona il ventre materno, per acquisire una nuova identità come Conte di Montecristo (e al bisogno Abate Busoni o Lord Willmore) e combattere la suprema ingiustizia nientemeno che con un castigo divino ai danni dei suoi delatori. Il suo piano sarà arduo, ma l'ingente patrimonio acquisito renderà tutto possibile. Il concetto è d'altronde riassunto dal Conte stesso quando gli si fa notare che "Chi si mesce la vendetta rischia di bere una bevanda amara" e lui replica sardonico: "Sì, se è povero e maldestro. No, se è milionario e scaltro".

Intriso di lirismo spesso e volentieri esacerbato (oserei dire intenzionalmente) dall'autore, il romanzo ripercorre non solo le storie e i destini di tutti i personaggi primari e secondari assumendo le sembianze del romanzo corale, bensì anche della Francia della Restaurazione. Una Francia ormai lontana dai moti rivoluzionari che hanno animato il Paese alla fine del secolo precedente e in cui la nobiltà di toga ha ormai soppiantato i privilegi della nobiltà di spada, in modo tale che chiunque possa farsi conte o barone ed essere accettato in società purché possieda un patrimonio adeguato.

La società parigina, appunto, è la quinta vittima della vendetta del Conte di Montecristo, simbolo di una vuota apparenza senza sostanza e pregna di molte brutture e ben poche virtù ("Un accademico direbbe che le serate in società sono collezioni di fiori che attirano farfalle volubili, api affamate e calabroni ronzanti"). In questo senso Dumas critica non solo dei personaggi, ma un intero sistema che protegge se stesso e si scherma dietro il senso dell'onore di persone ben poco onorevoli quando il prestigio, il denaro e il titolo vengono meno.

E veniamo ora alla vendetta, che è il leit motiv dell'intero romanzo e tiene il lettore in trepidante attesa di scoprire quando e come gli infami avranno quello che si meritano. Se è vero che qualcuno potrebbe obiettare che l'intreccio si sussegue sempre a beneficio del protagonista, è anche vero che il nodo centrale della personalità del Conte è l'estrema minuziosità con cui egli tesse le proprie trame e riesce ad incastrare ogni tassello del proprio complicato mosaico nell'arco di un paio di decenni.
Va aggiunto inoltre che Montecristo (e mi sento di dire anche Dumas) sa che chi agisce con malignità non conoscerà mai la felicità in terra e cagionerà il proprio male. D'altronde non è stato Montecristo ad avvelenare i membri della famiglia Villefort o ad armare la mano di Benedetto contro Caderousse o ancora a tradire il proprio protettore a Giannina. Ma se è vero che in molti casi il Conte non è l'esecutore materiale, non è stato forse il mandante morale? In fondo lui ha parlato di veleni a Madame de Villefort, lui ha lasciato un diamante in casa di un uomo accecato dalla cupidigia e sempre lui ha portato Haydée a Parigi.

Sia come sia, il progetto si articola attraverso un andamento climatico a partire dal meno colpevole. Quando tuttavia gli eventi sfuggono al controllo del Conte stesso, egli si spoglia dell'illusione di essere un dio reincarnato e si riscopre fallibile e uomo, quando cioè "Giunto al culmine della vendetta attraverso la lenta e tortuosa china che aveva seguito, aveva visto dall'altro versante della montagna il baratro del dubbio". Questo concetto viene rimarcato nella chiusura del romanzo, quando un nuovo Edmond Dantès, finalmente libero, è ora padrone della propria vita e chiede al caro Morrel di "pregare qualche volta per un uomo che alla stregua di Satana si è creduto con tutta l'umiltà di un cristiano per un istante eguale a Dio, e che con tutta l'umiltà di un cristiano ha riconosciuto che solo nelle mani di Dio giacciono la superna potenza e la saggezza infinta. Tali preghiere mitigheranno forse il rimorso che egli porta con sé in fondo al cuore".

Già, il rimorso. Ma non aveva forse giurato che le colpe dei padri sarebbero ricadute sui figli come prescrive la Bibbia? Eppure prova orrore alla vista del piccolo Édouard che giace privo di vita, avvelenato dalla sua stessa madre. Eppure cede di fronte alle suppliche di Mercédès quando lo prega di non duellare con Albert. Eppure fornisce a Mademoiselle Danglars la libertà tanto anelata. Eppure salva Valentine in combutta con l'uomo il cui nome compariva sulla missiva bonapartista che l'ha condannato alla prigione a vita.
In questo senso il protagonista assume il duplice ruolo di salvatore e angelo vendicatore, di sole e tempesta. Non dimentica affatto le persone che l'hanno aiutato e sostenuto (in particolar modo i Morrel) verso cui prova un affetto tenero e sincero e a cui non mancherà di dimostrare in ogni modo possibile la sua gratitudine, addirittura insegnando all'amico ad essere realmente felice dopo essere sceso nel baratro della depressione più nera ("Solo colui che ha conosciuto l'estrema sventura è in grado di provare l'estrema felicità"). Parimenti si dimostra spietato con i suoi nemici, salvo cedere con il più abietto e meschino dei quattro: Danglars. Dopo averlo spogliato di tutti i suoi averi, dopo averlo privato di una moglie mai amata e di una figlia mai compresa fa sì che gli venga risparmiata la vita, poiché "Sono colui il cui padre avete fatto morire di fame, e che purtuttavia vi perdona, giacché egli stesso abbisogna di essere perdonato".

Menzione a parte per Mercédès: personalmente l'ho trovata un personaggio divisivo sotto molti punti di vista. Devota ma non abbastanza; forte ma non abbastanza; decisa ma non abbastanza. Proprio per questo motivo io credo che Dumas abbia fatto sì che fosse punita solo in parte, ma comunque estremamente adorata dal Conte. Ciò che però lui stesso realizza è che sono ormai troppo cambiati, troppo diversi e che la persona di cui è innamorato Edmond è Mercédès la catalana e non la Contessa di Morcerf. Tanto che, pur continuando a prendersi cura di lei e dell'amato-odiato Albert, scoprirà di poter ritrovare la felicità non già nel suo amore infantile, bensì in una giovane donna che è pronta a sacrificarsi per lui. In fondo, "Mercédès è morta, io non conosco più nessuno con questo nome".

P.S.
Mi preme far notare che "l'opera omnia" ritrovata nella cella di Faria mi sembra un chiaro riferimento al manoscritto perduto del Marchese De Sade de "Le 120 giornate di Sodoma", che infatti verrà ritrovato anni dopo proprio nella cella in cui era stato detenuto durante la Rivoluzione.