A review by ludovicaciasullo
Devil on the Cross by Ngũgĩ wa Thiong'o

3.0

Sono molto felice di aver letto questo libro. Si tratta di una storia fortemente allegorica, in cui la trama è intervallata da parabole o storie popolari, o digressioni di vario genere che hanno reso la lettura un po' difficile. Lo definirei un romanzo frammentato, che solo alla fine acquisisce una sua unità.

Il "filo" principale è quello di una ragazza che afferma sé stessa, la sua identità, la sua forza, in un mondo dominato da uomini che cerca di sottrarle ogni dignità. Allo stesso tempo è un romanzo sul colonialismo, sulla dominazione culturale dell'Occidente, sulla corruzione della classe dominante post-coloniale, sull'importanza di recuperare le tradizioni culturali (nel modo di vestirsi, o nella musica, ad esempio). Un altro grande tema è il capitalismo, lo sfruttamento della classe operaia e agricola e l'idea del "consumare il prodotto del lavoro altrui".

Non so molto della storia del Kenya, né sapevo che l'autore ha scritto il romanzo sulla carta igienica, in carcere, dove era finito per aver scritto una commedia anti-governativa. Il romanzo è scritto in Gikuyu, ma l'autore stesso l'ha tradotto in inglese. La sensazione che avevo leggendo era sempre di non cogliere qualcosa, non perché l'autore sia elusivo, ma perché non cerca di rendere il suo paese, la sua storia, le sue regole, più comprensibili ad un occhio esterno. Siamo noi che dobbiamo sforzarci di entrare in un certo modo di parlare, in un certo uso delle metafore, in una certa concezione dei rapporti familiari, non è lui a doverci "imboccare". Questo ha reso la lettura estraniante, a volte faticosa, ma incredibilmente stimolante. Credo sia giusto per noi occidentali fruire di prodotti culturali di altri paesi in modo attivo, armati della curiosità di ascoltare delle voci diverse che non sono lì per farci star comodi, non stanno parlando per essere ascoltate da noi.

Pur essendo una condanna molto potente del patriarcato, del colonialismo e del capitalismo, l'ho trovato un po' ripetitivo, soprattutto nella parte centrale dove si susseguono diverse storie di come l'élite economica del paese lo sfrutti tanto quanto lo sfruttavano gli europei prima dell'indipendenza. Sono storie grottesche e vergognose, ma non troppo diverse l'una dall'altra, e facevo fatica ad andare avanti.

Per me l'intento politico è reso in maniera estremamente efficace, veicolato da una trama che per quanto "spezzettata" è comunque avvincente, in una lingua assolutamente poco familiare per me ed estremamente interessante, evocativa. L'estetica, per quanto così diversa da quello a cui sono abituata, mi ha catturata.