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eustachio 's review for:

Breakfast of Champions by Kurt Vonnegut
1.0

Pensieri sparsi:
- Devo scegliere con più attenzione che libri leggere. Una lettura veloce alla trama, l'impressione che fosse tra i libri più famosi (data dall'averlo visto spesso in libreria) e più amati (data dalle classifiche di Goodreads) di Vonnegut e l'idea che per leggere Timequake dovessi proseguire con un ordine vagamente cronologico della vita di Kilgoure Trout non sono ragioni sufficienti per cominciare a leggere un libro. E questo vale anche se si tratta di Kurt Vonnegut, che fino a prova contraria consideravo tra i miei preferiti in assoluto, tanto da poter leggere qualunque cosa di suo senza dover fare selezione.
- Con Vonnegut sono passato quindi da «amore a prima vista», «amore incondizionato», «relazione complicata» a «ho bisogno di una pausa, è meglio se non ci sentiamo per un po'». Amen.

Pensieri raccolti:
Kilgore Trout, scrittore molto prolifico e molto sfigato di fantascienza, viene invitato a un festival dell'arte che avrà luogo a Midland City. Qui incontra Dwayne Hoover, che è abbastanza pazzo da convincersi, leggendo un romanzo di Kilgore, di essere l'unico essere umano dotato di libero arbitrio in un mondo dove tutti sono delle macchine. Questo il lettore lo sa già dall'inizio. No, non è la premessa, è il riassunto della trama. Per arrivare alla pazzia completa di Dwayne, però, bisogna aspettare che Kilgore arrivi a Midland City, e tutto il libro di conseguenza è una serie di episodi slegati arricchiti da critica alla storia americana e illustrazioni che spiegano in termini volutamente ingenui cose più o meno note in attesa del grande evento finale. Che no, non si limita alla violenza già anticipata di Dwayne, è qualcos'altro di meta-narrativo che sorprendentemente per un amante di Community e Pirandello a me non è piaciuto granché, anzi, ha chiuso in bruttezza un libro senza senso.
Quello che forse mi mancava sapere è che Breakfast of Champions Vonnegut lo scrive per una ragione particolare in occasione dei suoi cinquant'anni e la prefazione, anche se firmata con uno pseudonimo, è dal suo punto di vista, non da quello di un personaggio. Quello che forse mi mancava sapere è che Kilgore Trout non è l'unico personaggio che Vonnegut riprende, e forse avrebbe potuto farmi piacere riconoscere Francine Pefko e Kazak durante la lettura. Però no, non riesco a trovare nulla che mi tolga la sensazione di tempo perso. Perlomeno non a posteriori.
Il libro non è tutto da buttare, eh: al solito, Vonnegut sa essere sagace e alcune osservazioni/scene fanno (sor)ridere; tutta la prima parte, prima che Kilgore intraprenda il viaggio per Midland City, mi faceva pregustare il festival e l'incontro (che non avverrà) con Eliot Rosewater; i romanzi di Kilgore, nonché tutto il suo personaggio e la sua storia editoriale, sono una chicca; in un mondo in cui a meno che non venga specificato diversamente si dà per scontato che i personaggi siano bianchi, è piacevole notare che Vonnegut precisi sempre il colore dei personaggi, sia che siano bianchi, sia che siano neri.

Ascoltate (cit.).
A meno che non abbiate assodato che con Vonnegut avete un rapporto di amore incondizionato e contate di leggere tutta la sua bibliografia, non vedo nessuna ragione per cui valga la pena leggere Breakfast of Champions.
State alla larga. Avete ben altro da leggere.
E così via (cit.).