A review by gaiazaini
La casa in collina by Cesare Pavese

4.0

Storia di una resistenza che resistenza non è. Storia di una vergogna immobile, di un’esistenza vile, mite, silenziosa, solitaria. Storia delle colline torinesi, di colline masticate dalla guerra, dal terrore, dal sangue, paura.
Storia di una guerra che è una presa di coscienza.
Storia di un superstite che ha perso, non solo perché ha perso le persone a cui teneva, quelle con cui condivideva la quotidianità, ma anche perché è sopravvissuto, senza combattere per la sua esistenza, camminando proprio sui cadaveri di chi è morto per lui, e per tutti quelli che sono rimasti.
Questa è una storia che ci racconta una guerra che è la guerra di tutti, una storia che a gran voce tenta di dirci che non ci si può allontanare, deresponsabilizzarsi.
Ogni guerra è una guerra civile, perché quel corpo morto potrei essere io; anzi, non sarei io senza quel corpo morto.

«Se un ignoto, un nemico, diventa morendo una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura a scavalcarlo, vuoi dire che anche vinto il nemico è qualcuno, che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue, giustificare chi l'ha sparso. Guardare certi morti è umiliante. Non sono più faccenda altrui: non ci si sente capitati sul posto per caso. Si ha l'impressione che lo stesso destino che ha messo a terra quei corpi, tenga noialtri inchiodati a vederli, a riempircene gli occhi. Non è paura, non è la solita viltà. Ci si sente umiliati perché si capisce - si tocca con gli occhi - che al posto del morto potremmo essere noi: non ci sarebbe differenza, e se viviamo lo dobbiamo al cadavere imbrattato. Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione.»