A review by supereva
Io non mi chiamo Miriam by Majgull Axelsson

4.0

L’idea è molto buona e opportuna: ricordare che nell’olocausto c’è anche la tragedia degli zingari rom. La scrittrice vuole anche sottintendere (non troppo sottintendere per la verità) che addirittura gli zingari fossero la serie B dei deportati. Addirittura.
Molto bene.
Il tema mi piace e quindi mi appassiona. Il testo non è scritto troppo male ma...
difetto : secondo me è gestito un po’ goffamente lo stream of consciousness. Sembra davvero forzato in certi punti, ostentato direi.
Inoltre il fatto di non esaminare troppo dettagliatamente il rapporto con il marito Olaf secondo me non va bene perché non fa capire dove l’autrice alla fine volesse arrivare.
Racconta di come quest’uomo sia uscito grazie a lei da un trauma familiare ma poi sottintende una certa inesistenza di dialogo fra i due. Non si capisce gestita come. Di rimbalzo allora si evidenzia come anche la figura della cognata non sia chiara: dovrebbe essere un’altra salvatrice ma il tono descrittivo è critico e distaccato.
Miriam alla fine sembra avere la propria epifania perché il libro ci prospetta una completa apertura e confessione al figlio ma non mi è stato tanto chiaro grazie a cosa ciò sia avvenuto (sì, il braccialetto, ma non regge molto secondo me).
In definitiva ho avuto la sensazione che il libro sia stato scritto in maniera ‘furba’: ha toccato temi giusti, tecnica narrativa giusta, c’è dentro un bel po’ di roba che dovrebbe piacere, ma non è un testo “vero”.