A review by eustachio
Alfabeto di bambola by Camilla Grudova

1.0

O i miei gusti sono cambiati o è questo grottesco a non fare per me. L’autrice enfatizza un disgusto e una miseria tutta sensoriale e anche passando per racconti diversi tornano ambienti chiusi, tende tappezzate di muffa, puzza di uova marce, pesci putridi. Non è tanto questo a non essermi piaciuto, è forse la sensazione che i racconti non vadano a parare davvero da nessuna parte, come degli incubi molto vividi di cui ti rimangono impressi dei dettagli ma non lo svolgimento.

Nel 2020 ho riscoperto il piacere di leggere libri inglesi in traduzione italiana, che è anche la ragione per cui mi sono lanciato un po’ a scatola chiusa su questo libro nell’edizione del Saggiatore anziché leggerlo in originale. La traduzione italiana di Alfabeto di bambola, però, mi ha fatto tornare sui miei passi tra errori (“Non andammo a vivere insieme fino all’ultimo semestre di università, quando ci spostammo in un appartamento sopra un negozio di alimentari abbandonato”), brutture (“[...] la sua anoressia era respingente”) e una combinazione delle due, calchi brutti che sanno di lavoro amatoriale:
[...] due tazze da tè a forma di facce che fanno l’occhiolino, Nicholas le aveva ereditate da sua nonna. Non le usavamo perché Nicholas pensava che avrebbero urlato se avessimo versato un liquido bollente nelle loro teste.