A review by elena_monti
Satantango by László Krasznahorkai

5.0

Lázsló Krasznahorkai ha un modo viscerale di sporcare la sua scrittura, che potremmo definire melmosa e densa. Leggere Satantango è come affondare nelle sabbie mobili, entrarci con un piede e poi venirne completamente risucchiati.

La natura del romanzo è apocalittica e senza un futuro. Riflette la miseria umana attraverso una trasformazione plastica dell’ambiente, a tratti surreale.

Una storia oscura, quasi gotica nel suo incedere e ripiegarsi su se stessa, come se tutto si svolgesse in un quadro di Escher.

La comunità abbruttita che è rimasta attorno allo stabilimento abbandonato ungherese attende l’arrivo di Irimiás, capo carismatico e l’unico che può salvarli dal baratro del vuoto lasciato dalla caduta del comunismo.

Una storia sul sopruso e la redenzione, ad alto livello simbolico con la realtà che si liquefà agli odori e ai suoni che racchiudono un presagio di morte.
Quasi una maledizione che si abbatte sullo stabilimento e porta a galla l’incapacità di agire dei suoi ex lavoratori, bloccati nelle proprie posizioni.

Sicuramente non un libro che consiglierei a tutti, per livello di concentrazione e di lettura richiesta molto alti. Ma alla fine ne vale la pena.
Leggo pochi europei contemporanei e ritengo che Satantango sia uno dei libri migliori letti gli ultimi anni.