A review by giulia_177
La vera storia del pirata Long John Silver by Björn Larsson

5.0

“Siamo nel 1742. Ho vissuto a lungo. Questo non me lo può togliere nessuno. Tutti quelli che ho conosciuto sono morti. Alcuni li ho mandati io stesso all’altro mondo, se poi esiste. Ma perché dovrebbe? In ogni caso, spero con tutta l’anima che non esista, perché all’inferno ce li troverei tutti, Pew il cieco, Israel Hands, Billy Bones, quell’idiota di Morgan che osò passarmi il bollo nero, e gli altri, Flint compreso, che dio l’abbia in gloria, se un dio esiste. Mi accoglierebbero a braccia aperte, con salamelecchi e inchini, sostenendo che è tornato tutto come ai vecchi tempi. Ma intanto il terrore irradierebbe dai loro volti come un sole ardente sul mare in bonaccia. Terrore di cosa? Chiedo io. Certo all’inferno non possono avere paura della morte. Che ve ne pare?”

A parlare è John Silver detto Long in persona, ormai stanziatosi sulle coste del Madagascar.
Dopo aver trascorso decenni per mare accumulando tesori e ricchezze, per il pirata è arrivato il momento di gettare l’ancora e arenarsi. Gli affetti di una vita iniziano a venir meno – prima il pappagallo Flint, poi l’amata Dolores e infine gli schiavi affrancati che chiedono di far ritorno a casa. Silver si ritrova faccia a faccia con la sua più grande paura: esser dimenticato o peggio, non lasciar alcuna traccia tangibile del suo passaggio per terra e soprattutto per mare, nessuna memorie delle sue imprese e del terrore che la sua figura incuteva al prossimo. E allora, quale miglior rimedio all’oblio del diario di bordo di una vita?
Ripercorrendo i momenti salienti della sua esistenza, dai primi passi a Bristol all’ultimo colpo di scena, John Silver ci conduce sulle strade della memoria, lastricate degli eventi che lo hanno reso leggendario: la miracolosa sopravvivenza in seguito all’ammutinamento; il salvataggio; il primo travagliato amore per Elisa, che mette in moto la serie di eventi che faranno di Long John Silver uno dei più pericolosi e affascinanti filibustieri dei Sette Mari.
Ma come tutti i personaggi nati dalla penna di Robert Louis Stevenson, connotare John Silver negativamente risulterebbe prematuro e superficiale. Infatti, per quanto il suo narcisismo ed egotismo lo facciano sentire perennemente su un piedistallo – complici l’istruzione, la parlantina ammaliatrice e la furbizia – John Silver si muove in funzione del proprio profitto, nel bene come nel male. Sicuramente violento, spregiudicato e dotato di un carattere molto forte, pronto ad uccidere pur di salvarsi la pelle quando il caso lo richiede, si mostra ad ogni modo altruista e generoso se si tratta di aiutare gli amici o fronteggiare le ingiustizie.
Un altro punto a favore di Silver è sicuramente la coerenza. Per quanto ammaliatore e manipolatore, la sua libertà di scelta e di autodeterminazione vale più di ogni cosa – motivo per cui non ha mai accettato la nomina di capitano e ha svolto scientemente il compito di quartiermastro eletto dalla ciurma per tutta la sua vita. Del resto, proprio questo ruolo gli ha permesso di salvare la vita all’encomiabile capitano England.
Un personaggio a tuttotondo, le cui sfaccettature caratteriali risaltano maggiormente quando viene accostato a personaggi positivi – come il famoso pirata Edward England, magnanimo, disposto a salvare quante più vite umane possibile durante l’abbordaggio – o negativi – per esempio la sua nemesi Duval, il piratucolo che con un colpo di cannone gli ha portato via la gamba.

Non poteva mancare una menzione speciale a Jim Hawkins, destinatario delle memorie di una delle figure più controverse e discusse della letteratura inglese – fosse solo per essere un pirata, e (forse) della peggior specie!
Sicuramente il periodo di navigazione a bordo della nave danese Sorgenfri, che oltre a spezie e tessuti era dedita al commercio degli schiavi, ha segnato Long in modo irreparabile. La sfiducia verso la brutalità a bordo delle autorità, la lotta continua per la sopravvivenza, la voglia di vivere nonostante l’ombra della forca, l’irrequietezza e l’intolleranza ai soprusi si fanno sempre più strada nella definizione dell’immagine del filibustiere, la cui efferatezza, malvagità e crudeltà trovano ampio margine descrittivo nelle pagine de L’Isola del Tesoro.
Con questo libro, Larsson traccia l’immaginaria biografia di un personaggio troppo verosimile per essere mero frutto di fantasia. E ad arricchire la narrazione, ecco comparire figure di un certo spessore, quale Daniel Defoe, il capitano Morgan, il terribile Teach – passato alla storia con il nome di Barbanera – e il sanguinario Taylor. Sullo sfondo la guerra di Successione Spagnola, la corruzione delle rotte commerciali, la lotta per la conquista delle colonie, la nascita e la morte della pirateria, e uno dei più bui capitoli della storia dell’umanità: la tratta degli schiavi.

Un libro che ti assorbe completamente e ti lascia con un po’ di amaro in bocca quando si arriva alle ultime pagine – che quasi non vuoi leggere, ma alla fine cedi e scende la lacrimuccia, mentre con lo sguardo sognante ripensi ad una vita fatta di avventure, con lo sguardo sempre rivolto all’orizzonte, ad aspettare un mercantile o un alito di vento che gonfi le vele e sventagli la temibile Jolly Roger.


“Cosa resta da dire? Ho fatto del mio meglio dall’inizio alla fine. Sono stato me stesso, quello che sono diventato, e con ciò basta. Avevo un cappio intorno al collo, ma le spalle le ho sempre avute libere. Se vi interessa saperlo.”