A review by elena_1902
Poverine. Come non si racconta il femminicidio by Carlotta Vagnoli

4.0

Seguo Carlotta Vagnoli come attivista e scrittrice su Instagram e ammiro molto il suo lavoro di divulgazione sulla violenza di genere da anni, in tanti eventi e interventi anche da prima che se ne parlasse frequentemente sui social.
Questo è un pamphlet sintetico e diretto come vuole il formato, e anche se erano cose che già sapevo, ho apprezzato riascoltarlo letto con parole professionali, in un periodo particolarmente teso dell’opinione pubblica, in cui siamo molto concentrati su un femminicidio avvenuto pochi giorni prima del 25 novembre e, quindi, la manifestazione nella giornata nazionale è stata ancora più sentita, i social si sono riempiti di moniti di rabbia e di lutto che rifletteva quello di tutta una comunità di donne.


Carlotta Vagnoli ci ricorda come si parla e come NON si parla di violenza di genere sui media, e quando fa riferimento ad articoli negli ultimi anni noto tristemente che anche quelli delle ultime settimane, giorni addirittura -vista la frequenza con cui le donne vengono ammazzate dai partner- non sono cambiati: in Italia ancora non si è capaci di raccontare queste tragedie come un problema culturale, senza romanticizzare o scovare l’eccezione narrata con un tono favolistico.

Molto belle infatti le riflessioni sull’eredità delle fiabe, che ci ricordano come siano uno schema narrativo importantissimo nella tradizione del racconto:

“Hansel e Gretel sono brutali quanto Cappuccetto Rosso, così come la Bella addormentata ha i caratteri truci della tragedia. Persino Pinocchio, a dirla tutta, ha un fine punitivo più che rieducativo. Questa continuità è garantita dalla stereotipizzazione del male. I motivi ricorrenti e i profili psicologici dei personaggi delle favole tradizionali, traslando di storia in storia, dopo un po’ diventano elementi riconoscibili. I cattivi si tramutano puntualmente in maschere teatrali, personaggi da commedia riproposti all’infinito che sebbene agiscano in storie differenti, sembrano avere tutti le stesse radici”



E a cosa porta la giustificazione del delitto dell’uomo, chiamato ancora troppo spesso “delitto passionale” e non “uccisione di donne perché donne”, senza riflessione sul ruolo sociale e politico, con solo la voglia di proteggere la categoria maschile privilegiata mentre gli uomini stramazzano nel vittimismo del “non tutti sono così”.
Invece, sono esattamente tutti così, coperti da maschere del “mostro”, “gigante buono”, eccezioni a cui ci si aggrappa per evitare il vero problema:

“Queste maschere noi ce le siamo ritrovate nella vita quotidiana, senza essere più in grado di distinguere in maniera analitica il mondo delle favole da quello reale. I mostri sono stati portati nella quotidianità, anche se di mostruoso non c’è alcuna traccia”



L’unico motivo per cui dò 4 stelle è che manca purtroppo una riflessione sul differente trattamento per gli uomini non italiani, o magari italiani ma non bianchi di etnia, con i quali questo paese ha ancora un problema perché quando sono loro a violentare/uccidere le donne i trattamenti sugli articoli sono molto più duri, c’è un tono di shock che copre il razzismo fin troppo abituato. Perché gli stranieri sono già visti come “invasori”, “che prendono le nostre donne” (pensiero schifosamente sessista comunque), “quelli selvaggi da cui te l’aspetti”, mentre sugli italiani bianchi, con lavoro o media accademica perfetta, di buona famiglia secondo la tradizione, si è sempre più indulgenti.
Come se loro, bianchi e buoni, non potessero mai, e invece a volte sono pure la maggioranza