A review by irene_marchiori
I Miserabili by Victor Hugo

5.0

Ho letto questo libro in circa un mese.
Mi è stato regalato nel giorno preciso in cui sono entrata in quarantena e sicuramente è stato un buon compagno di solitudine, pianti e nervosismo.
Il fatto di avere tanto tempo per leggere all’inizio mi ha aiutato ad affrontare le millequattrocento e passa pagine che compongono la mia edizione, più difficile è stato continuare una volta uscita, ma mi sono ritrovata più volte a voler leggere, a voler sapere come sarebbe finito, mi sono trovata interessata e immersa nella storia dei diversi personaggi.

Narrazione

Victor Hugo ha fatto un’operazione senza dubbio immensa. Riesce a presentarci molti e diversi personaggi in poche righe e a trarre da ciascuno un filo che, anche inaspettatamente, va a comporre parte di quella che è l’immagine finale, dando a ognuno un posto preciso, inserendo ciascuna figura come il tassello di un puzzle perfettamente composto. Tanto perfettamente da risultare leggermente irrealistico: i casi, le coincidenze, sono davvero fortuiti. Ma questo è anche parte della magia del romanzo, che risulta essere un vero e proprio quadro costruito con sapienza e cura, con il giusto spazio a ogni figura; la narrazione ci intriga proprio per questi legami tra i personaggi, destinati sempre a incontrarsi nei casi più fortuiti e a influenzare le vite l’uno dell’altro

I Personaggi

Un’infinità di figure (miserabili) si affacciano su questo libro. Jean Valjean, Marius, Cosette, Javert, il piccolo Gavroche, il signor Gillenormand, Thenardier, senza contare le diverse figure criminali, di protesta o della campagna che, tratteggiati anche in poche righe, risultano essere ritratti di persone realistiche. A tutti Hugo presta un’attenzione di scienziato, come se stesse sminuzzando la vita o il carattere di un amico o di un conoscente.

Jean Valjean è ovviamente il centro di tutta la narrazione, una sorta di figura christi, un esempio di uomo che riesce a rialzarsi dalla bassezza più assoluta raggiungendo una vera e propria santità. In questo mondo di Miserabili è lui che mostra un totale rivoltamento, con un evoluzione del personaggio che lo porta non solo a cambiare identità e stile di vita, ma anche, infine, di confessare il proprio passato in un atto di generosità estrema. Come il libro inizia con il suo cambiamento, non poteva che finire che con il cambiamento finale, l’ultima verità e infine la sua morte.

Marius e Cosette mostrano la storia di un amore ideale che deve fare i conti con la realtà. Se Cosette ci è presentata come una sorta di ragazza-angelo, perfetta anche nel suo amore, che è alto e virtuoso, amore che anche Marius prova con altezza uguale, il mondo attorno a loro è di ostacolo. Parigi non è un licus amoenus, la loro condizione non gli concede di vivere da subito, serenamente, il loro amore. Nonostante ciò, i due sono la rappresentazione, in una condizione materiale bassa, della possibilità dell’altezza di un sentimento, descritto come se fosse stato provato a Firenze nel ‘300 e non immezzo a tumulti di rivolta, azioni criminose di furto e rapimento e cambiamenti d’identità.

Lo Stile

L’errore maggiore di Hugo nello scrivere un grande classico della letteratura, che sarebbe stato letto nei secoli a venire, è stato di dilungarsi in spiegazioni che forse avrebbero potuto interessare i suoi contemporanei. La digressione sulle fogne, su Waterloo, sulla clausura, non è utile allo scopo della narrazione, è una parte a sé del libro, un tema che all’autore interessa e del quale egli trova il modo di parlare, dimenticando per un attimo la fuga dalla polizia, i moti rivoluzionari o l’amore di Marius per il padre. Forse per i contemporanei ciò risultava interessante, ma purtroppo per tanti lettori moderni questi non sono che “infodump” facilmente evitabili.
Lo stile di Hugo è ampio, e proprio per questo egli si permette di fare certe digressioni. Si prende tutto lo spazio che vuole, si stira dagli omicidi, dalla descrizione del gergo popolare, dalle botte e dai crimini, fino all’alta politica, alla morale, la religione e i sintimenti più alti di amore e affetto. Sa parlare e descrivere con linguaggi diversi il rubare e l’amare e passa dal basso al lirismo con grande flessibilità (e, incredibilmente, uniformità).

Si tratta indubbiamente di un libro da leggere almeno una volta nella vita, di cui avevo paura per via della mole ma che mi ha incatenato fino alla fine come il peggio thriller di oggi, che affronta una varietà di argomenti e situazioni tanto da poter essere facilmente definito un ritratto preciso e puntuale della Francia del tempo, una cronaca minuziosa delle vicende dei personaggi e dell’universo in cui sono immersi.