A review by misscoralinejones
Canne al vento by Grazia Deledda

4.0

Fermo fermo fermo! Così caverai le orecchie a qualcuno. Per di più sbagli pronuncia. E' Nùoro, non Nuòro! Scusate, lo dovevo fare. Ogni volta che sento dire Nuòro ho la stessa reazione delle iene del Re Leone che sentono pronunciare il nome di Mufasa
Piccolo "vademecum" per i lettori non sardi.
• "Corfu 'e mazza a conca!" è un'imprecazione, significa letteralmente: "colpo di mazza in testa"; sapete perché viene ripetuto così spesso? La Sardegna ha una vera e propria cultura dell'imprecazione.
Innanzitutto facciamo una distinzione tra "frastimmos" ( bestemmie), "irrocos" (imprecazioni) e "sas fricas" tradotte nel libro come "le fiche" (sono dei malauguri più cattivi, da parte di qualcuno che vuole mettere il malocchio, si fanno con un gesto: il pollice viene messo tra medio e anulare).
Sos irrocos invece, a seconda del tono possono essere più o meno cattivi, possono essere ironici, o servire a rafforzare un concetto; ognuno ha i suoi preferiti, alcuni sono diffusi in tutta la Sardegna altri sono più tipici della zona, alcuni sono più "classici" e vengono ripetuti spesso, altri possono essere inventati sul momento, sulla base della situazione e spesso creando una rima.
Tra gli irrocos più ripetuti nel libro troviamo "corfu e mazza a conca" e "fulmine che ti scenda" che è la traduzione letterale dal sardo di "raju ti falet", sappiate che i tuoni e i fulmini vengono spesso nominati tra le imprecazioni!
Nelle feste paesane ci sono spesso gare di poesia in rima, dove i poeti si insultano a vicenda a turno (vi ricorda qualcosa?) fa parte della tradizione ed è una specie di battle rap in freestyle ante litteram ma più cantilenata e spesso con l'accompagnamento della chitarra.
• I non sardi penseranno che questa è una storia dell'entroterra sardo, lontana dalle spiagge turistiche a cui siete più abituati. In realtà il paese di Galte dove si svolge la storia è Galtellì, che non si trova sulla costa ma la festa del Rimedio che viene spesso nominata si svolge ad Orosei (paese confinante con Galtellì) che invece si trova ai piedi del mare, il santuario del Rimedio si trova nella parte alta del paese ma basterà affacciarsi sulla strada per vedere il mare. E allora perché non viene mai nominato? 
L'economia sarda era un'economia agropastorale, lo potrete notare anche in ristorante, in quelle zone se chiedete un menù tipico noterete che è basato principalmente sulla pasta, la carne e il formaggio. Il mare è onnipresente ma come un confine, così come il cielo, non lo troviamo nella tradizione.
Fatico a ritrovarlo anche nelle poesie sarde (ma la memoria potrebbe ingannarmi), nelle filastrocche o canzoni popolari, nemmeno nelle leggende popolari. Mentre veniva inventato un fantasma/mostro per ogni pericolo: sa mama 'e su sole (la mamma del sole, per non stare fuori a giocare nelle ore più calde), sa mama 'e su entu (la mamma del vento), Pettenedda che viveva nei pozzi (per non fare avvicinare i bambini), non c'è nemmeno un mostro marino. E qui veniamo alle:
• Domus de Janas (letteralmente "case delle Janas), sono tombe preistoriche scavate nella roccia tipiche della Sardegna prenuragica, risalenti addirittura al 4° millennio a.C.. Si trovano più o meno in tutta la Sardegna e alcune sono collegate fra loro a costituire dei veri e propri cimiteri sotterranei.
Le Janas sono figure della mitologia sarda, il termine è spesso tradotto come Fate; sono descritte come piccole di statura, capaci di volare e dotate di poteri magici. Sono creature buone ma anche dispettose e molto vendicative se vengono fatte arrabbiare. Trascorrono la loro giornata tessendo fili d'oro nei loro telai magici, possono regalare questi fili come amuleto portafortuna a chi ne ha bisogno.
• Le invocazioni. "Santu Franziscu bellu!" (sottinteso ci aiuti) viene spesso utilizzato, può essere San Francesco come "Sant'Antoni bellu" o altri santi a piacere, come "Santu Pantaleo dottore", nel romanzo c'è spesso "Nostra Signora del Rimedio ci aiuti". Non è difficile sentire queste espressioni, soprattutto tra i più anziani.

Veniamo a Grazia, o meglio Grassia visto che la sua lingua madre è il sardo e probabilmente non si è mai sentita chiamare Grazia fino ad una età più adulta, quando è entrata in contatto con i "continentali".
Grazia Deledda è nata a Nuoro nel 1871 in una famiglia benestante per l'epoca, perciò ha potuto frequentare la scuola, fino al quarto anno delle elementari, che ha ripetuto una volta (non perché fu bocciata ma perché era donna e certe conoscenze le erano precluse, tuttavia avevano i soldi per mandarla a scuola e quindi ha ripetuto il quarto anno anziché passare al quinto). Da subito mostra interesse per la letteratura, a 13 anni inizia a scrivere e a 17 riesce a pubblicare il suo primo racconto su una rivista di moda. Grazia non fu mai incoraggiata alla scrittura dalla famiglia.
La pubblicazione del racconto destò tanto scandalo che Don Virdis, parroco della cattedrale di Nuoro Santa Maria della Neve, la indicò dal pulpito durante la predica, dicendo che avrebbe fatto meglio a pregare Dio piuttosto che pensare a "certe storie indegne". All'uscita dalla chiesa fu fermato dal cavaliere Antonio Ballero che sosteneva sua cugina nella scrittura e chiese spiegazioni al prete. I due si scaldarono tanto che arrivarono alle mani.
Ma questo fu solo l'inizio degli ostacoli che Grazia avrebbe dovuto superare, non ricevette ampio consenso in vita e aveva tanti estimatori quanto detrattori. Ma l'opposizione incontrata in famiglia e nella sua città natale non fecero che accrescere la sua determinazione.
Ella trovò tuttavia il suo più alto sostenitore in suo marito: Palmiro Madesani, che lasciò il suo lavoro da funzionario del Ministero delle Finanze per diventare a tutti gli effetti il suo agente letterario. Una scelta molto moderna che gli costò le mire di Pirandello che scrisse il romanzo "Suo marito" in cui si prendeva gioco della coppia.
Ma nonostante non trovò ampio sostegno in patria, Grazia si fece conoscere all'estero e fu nominata al Nobel per la letteratura nel 1927. Unica italiana ad aver ricevuto questo titolo, seconda donna al mondo.

Qui le motivazioni del Nobel: 
"Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale, e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano."

Il discorso di Grazia al conferimento:
“Sono nata in Sardegna. La mia famiglia, composta di gente savia ma anche di violenti e di artisti primitivi, aveva autorità  e aveva anche biblioteca. Ma quando cominciai a scrivere, a tredici anni, fui contrariata dai miei. Il filosofo ammonisce: se tuo figlio scrive versi, correggilo e mandalo per la strada dei monti; se lo trovi nella poesia la seconda volta, puniscilo ancora; se va per la terza volta, lascialo in pace perchè è un poeta. Senza vanità  anche a me è capitato così.
Avevo un irresistibile miraggio del mondo, e soprattutto di Roma. E a Roma, dopo il fulgore della giovinezza, mi costruì una casa mia dove vivo tranquilla col mio compagno di vita ad ascoltare le ardenti parole dei miei figli giovani. Ho avuto tutte le cose che una donna può chiedere al suo destino, ma grande sopra ogni fortuna la fede nella vita e in Dio.
Ho vissuto coi venti, coi boschi, colle montagne. Ho guardato per giorni, mesi ed anni il lento svolgersi delle nuvole sul cielo sardo. Ho mille e mille volte poggiato la testa ai tronchi degli alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie, ciò che dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l’acqua corrente. Ho visto l’alba e il tramonto, il sorgere della luna nell’immensa solitudine delle montagne, ho ascoltato i canti, le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo. E così si è formata la mia arte, come una canzone, o un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo”.

Chi legge le sue storie farà fatica a trovare delle somiglianze col resto del panorama italiano, perché Grazia non era italiana. Era sarda e il sardo era la sua lingua madre e la lingua, la vita, i pensieri i paesaggi in cui è nata e cresciuta erano diversi dal resto della penisola. Così descrive un mondo-altro tanto da sembrare estera, più europea che italiana, più simile al gotico e al romanticismo inglese che al verismo e decadentismo italiano. 
La prima volta che ho letto un suo racconto ("Sangue Sardo") sono rimasta sorpresa dal collegamento che si è creato nella mia mente con "Cime Tempestose" di Emily Bronte. Vi sfido a leggere la Deledda e non vederci un po' di Bronte e Hardy, sebbene ad un'altra latitudine, sebbene in un paesaggio molto più assolato le atmosfere sono quelle cupe della brughiera inglese.

L'oblio che gravita attorno a questa autrice è vergognoso. Unica donna italiana ad  aver ricevuto il Nobel per la letteratura, mai vista in un libro scolastico.