A review by dajna
Pioggia di giugno by جبور الدويهي, Jabbour Douaihy

3.0

Elia è stato spedito a New York da ragazzino, quando sua madre decise che doveva allontanarsi dalla mentalità guerresca del suo Libano.
Nel 1957 il suo villaggio è stato scosso da una strage: gli uomini si sono ammazzati all'uscita dalla chiesa, acutizzando la divisione tra i clan di cui è composto il paese e dando vita alla solita faida "tu ammazzi uno dei miei e io due dei tuoi". Elia, nato proprio nove mesi dopo (o qualcosa in più) da quella giornata torna a distanza di anni per capire il suo passato. Noi lo seguiamo, mettendo insieme i dettagli raccolti da lui, i pensieri di sua madre, aneddoti ufficiali e qualche fotografia.

E' un romanzo di formazione? Assolutamente no. Elia è un bugiardo compulsivo, forse mente da sempre per non dover raccontare dei suoi pochi anni libanesi, di cui non è fiero. Ma ormai non sa più smettere: ogni incontro è un pretesto per inventarsi un nuovo passato, un nuovo lavoro, una nuova identità. Il ritorno in patria non lo cambierà: l'unica volta che riesce a raccontarsi lo fa con una persona che non ha voglia di ascoltare. Quando lui e la madre si reincontrano si comportano secondo le convenzioni sociali che credono di dover mantenere, ma a nessuno dei due fa veramente piacere avere l'altro tra i piedi.

Le parti migliori, nel senso che sono quelle che più mi hanno lasciata esterrafatta, sono dedicate alle regole, o forse meglio dire ai costrumi, della guerra locale. Alberi genealogici che spaccano famiglie, perché un cognome impone certi comportamenti e certi attaccamenti; omicidi e deportazioni "obbligatori" per mantenere equilibrata il numero di amici e nemici, anche se questo vuol dire danneggiare la propria comunità; bon ton nell'uso delle armi da fuoco; e, tra una sparatina e l'altra, qualche considerazione sulle mode e sui desideri dei giovani attraverso questi anni di battaglie.

Credo sia più definibile come romanzo storico, anche se si tratta di una storia ancora recente.