A review by primix
Un pallido orizzonte di colline by Gaspare Bona, Kazuo Ishiguro

4.0

La prosa di Ishiguro è tortuosa, porta il lettore avanti, poi indietro, poi ancora avanti solo per richiamare qualcosa di cui aveva parlato poco prima. E' una sorta di spirale, un vortice che trascina sempre più in fondo: parla non soltanto attraverso quello che scrive, ma anche (e soprattutto) per come le scrive, attraverso quella scelta oculata di parole e ripetizioni che costringono a porre l'attenzione su quel che viene taciuto. Etsuko stessa ammette più volte che i ricordi di cui parla potrebbero essere diversi dagli avvenimenti che ha vissuto, filtrati dal tempo e dai suoi sentimenti. Ciò che racconta può essere vero come distorto, secondo un'usanza squisitamente giapponese di evitare di parlare apertamente per non mettere in imbarazzo gli altri e se stessi. Sta a noi distinguere tra i due casi. Sta a noi imparare a conoscere Etsuko, la sua vita e quella del suo Paese, non tanto da quel che lascia trasparire di sé ma da quello che dice degli altri, che le fanno da specchio.

Il marito e il suocero sono la rappresentazione del vecchio Giappone, quello che viene lasciato indietro dopo la tragicità della guerra, quello che sta morendo. Un Giappone fatto di sottomissione, delle donne ai mariti e degli uomini al Paese, in nome di tradizioni da loro viste come necessarie e indispensabili. Consuetudini e idee che appaiono ormai superate ai nostri occhi moderni, occidentali, ma che continuano a bruciare sotto la cenere anche nella nuova vita della protagonista.
Shigeo Matsuda si fa simbolo del cambiamento, del vento nuovo che si alza sul Paese del Sol Levante, difendendo accanitamente la necessità di uno svecchiamento, di un'apertura. Lo segue la signora Fujiwara, caduta in basso per i canoni tradizionalisti di Ogata, ma che dimostra una fortissima tenacia nel mandare avanti un ristorante, e la sua stessa vita, dopo aver perso tutto.
Sachiko scappa da tutto, dal suo passato, dal suo presente, credendo in un sogno che pare un'illusione nella percezione che ne ha Etsuko e che trasmette al lettore. Il sogno di lasciare il Giappone, di emigrare. L'illusione che andando via potrà trovare la felicità. Un bisogno così disperato di crederci che finisce col trascinare la sua stessa figlia, Mariko, nella sua fuga tormentata. Anche se, per sua stessa ammissione, sa che non è quel che sarebbe giusto per la bambina, tenta di convincersi, riuscendoci solo in parte, che entrambe avranno una vita migliore e più facile.

Sachiko dà più importanza al proprio benessere che a quello della figlia.
Sachiko non è una buona madre.
Mariko non è una bambina felice.

"Io invece lo sapevo, Niki. Sapevo benissimo che in Inghilterra Keiko non sarebbe stata felice. Però decisi di portarla lo stesso."