A review by elena_monti
Il vino della solitudine by Irène Némirovsky

4.0

Nei libri di Irène Némirovsky c’è un sentimento tossico che ritorna a più riprese: la vendetta. Etimologicamente la parola vendetta deriva dal latino vindicta e significa ricevere soddisfazione, pretendere soddisfazione.
Ma alla fine, a chi agisce per vendetta viene restituita una qualche soddisfazione?

Il vino della solitudine è un’autobiografia celata.
Pochi giorni prima di essere arrestata, Irène Némirovsky, stilando l’elenco delle sue opere sul retro del quaderno di Suite francese, accanto al titolo de Il vino della solitudine, scriveva ‘Di Irène Némirovsky per Irene Némirovsky’.

Sono pagine intime quelle in cui l’autrice ci racconta, dell’infanzia prima e dell’adolescenza poi, della piccola Hélène. Il rapporto conflittuale con una madre, assente e concentrata su se stessa, e un padre lontano, sempre impegnato negli affari. Come in tanti romanzi della Némirovsky ci sono due mondi: quello dell’infanzia, fatto di giochi ma anche di rimproveri e incomprensioni; e quello criptico dei grandi, in cui parole come soldi, gioielli, azioni sono un ritornello di sottofondo.

Non mi è stato difficile rivedere in questo libro alcuni personaggi che avevo già incontrato: Jezabel, la bambina de Il ballo, la governante di Come le mosche d’autunno. E chissà quanti altri ci saranno ancora che io non ho captato perché non li conosco, perché non li ho letti.

Ho avuto letteralmente i brividi nei passi in cui appaiono le scene della Rivoluzione Russa. La capacità dell’autrice a fondere la sfera intima con il romanzo storico è altissima. Come nell’incompiuto Suite francese che è l’eredità di Irène Némirovsky, ma allo stesso tempo un grande rimpianto per la letteratura del 900.