A review by primix
Moby Dick by Herman Melville

adventurous challenging dark mysterious reflective slow-paced
  • Plot- or character-driven? A mix
  • Strong character development? No
  • Loveable characters? It's complicated
  • Diverse cast of characters? Yes
  • Flaws of characters a main focus? Yes

4.25

Come si fa a recensire Moby Dick? È un libro talmente vasto, nella mole, nei temi, nei generi letterari che contiene, che mi fa sentire piccolissima in confronto e assolutamente non in grado di rendergli giustizia in qualche riga da lasciare come commento su un social.

La missione del capitano Achab è disperata dal primo momento, e nonostante questo riscuote all'inizio entusiasmo nel suo equipaggio, poi sconcerto, poi sfiducia, man mano che si palesano i segnali dell'ossessione malata del capitano, della protezione a metà tra divino e diabolico che avvolge la balena, della rovina che incombe sulle teste di tutti per colpa di uno. Ho adorato questo alone mistico in cui è avvolta la caccia a Moby Dick, l'insondabilità della sua vera natura è ribadita in più punti, ma davvero approfondita solo nel capitolo 42, quello in cui si parla del colore bianco e della bianchezza della balena. Mi ha fatta ripensare a dei paesaggi innevati in cui mi trovavo qualche giorno prima di iniziare il libro: bianca la neve e tutto ciò che avvolgeva, bianco il cielo gonfio di nuvole e nebbia, nessuno in vista. Associare quella bianchezza alla malvagità mi ha dato i brividi. Moby Dick è l'Ignoto e l'Insondabile con le I maiuscole, con buona pace di Melville che ci dice di prendere questo racconto per quello che è e non come una metafora.

Intorno a questo concetto, che per me è il vero cuore del romanzo, si affastellano vari capitoli, proprio come intorno al cuore della balena troviamo tutto il suo immenso corpo: la vicenda di Ismaele e Queequeg (e nessuno mi toglierà dalla testa l'idea che siano una coppia), i capitoli trattati come atti teatrali, e soprattutto una serie di capitoli che sembrano voler trasformare il libro in un saggio sulle balene. Si va dall'anatomia alla classificazione fino alla rappresentazione delle balene nell'arte. Da un lato molte cose fanno sorridere perché si tratta palesemente delle limitate conoscenze di un uomo del 1800, raccontate più come farebbe un fanboy che uno studioso, ossia scartando le fonti ufficiali che non corrispondono al proprio pensiero e non perdendo occasione di rimarcare la superiorità della balena rispetto a qualsiasi altra specie vivente, nonché la difficoltà e l'impossibilità (per l'epoca, ma tutto sommato vero anche per noi moderni) di esplorare il mare nella sua interezza, cosa che accresce il fascino e il mistero intorno a Moby Dick. Dall'altro però alla lunga le ho trovate troppo prolisse e a tratti noiose: dopo aver comparato le teste di due cetacei diversi (la cosa del naso, devo ammettere, mi ha divertita non poco), averci spiegato come è fatta la coda della balena e a che usi è destinata, a due passi dallo scontro finale ci toccano anche un capitolo o due sulle ossa. Melville, anche meno.

Due parole su Ismaele, narratore inaffidabile ed onnisciente che sa cose che non potrebbe sapere e riporta conversazioni a cui non ha assistito, e che è quindi un mero mezzo letterario per portarci la voce di Melville. Anzi, lui è proprio un bait: con quel "chiamami Ismaele" iniziale (che sono rimasta a fissare per un minuto buono, the audacity) senza permesso ci trascina nel suo mondo, ci presenta se stesso e il suo incontro con Queequeg, preparandoci alle loro prossime avventure sul Pequod. Poi, una volta imbarcati, quando non possiamo più sfuggirgli, ci attacca i pipponi sulle balene. A quel punto il viaggio non può che continuare, tra alti e bassi, come se anche la narrazione procedesse sulle mobili onde dell'oceano.