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A review by michelanellabolla
Il rosso e il nero by Stendhal
3.0
"Il Rosso e il Nero" di Stendhal, un classico della letteratura francese che, ahimè, mi ha dato molto meno di quanto sperassi.
Ho apprezzato infinitamente di più la prima parte rispetto alla seconda (dall'entrata al seminario e poi a Parigi la lettura si fa più faticosa perché noiosa), ciò ha fatto sì che il mio grande entusiasmo iniziale si sia sfilacciato man mano fino a ridursi in un nulla di fatto.
Julien Sorel è un personaggio singolare e ancora sento un brivido ripensando al modo in cui Stendhal lo presenta per la prima volta sulla pagina - quel brano magnifico risplende di luce propria -, mi scuote pensare al conflitto con il padre (e la sua famiglia tutta) che lo attraversa, l'assenza di amore materno che si riversa nell'amore futile e dongiovannesco per ogni donna che incontra, superficiale e calcolatore anche con chi amerà poi.
Un self-made man, controcorrente, astuto e immorale, più colto e valoroso di quanto si pensi a giudicare dalle sue umili origini.
I personaggi secondari però sono noiosi come pochi, fungono solo e sempre da sostegno per Sorel, e le donne che lo affiancano sono banali e paradossali, o volubili e isteriche oppure pie e devote: non c'è spazio per la tridimensionalità, non c'è spazio per personaggi realistici - dunque non c'è spazio neanche per l'emozione.
Osservandolo da un punto di vista storico e politico, "Il Rosso e il Nero" non dà molto, se non nella parte introduttiva dell'opera, dove Stendhal - qui sì! - utilizza una penna feroce e sagace per descrivere la società francese, opportunista e avara, i cui ideali si riducono tutti a una fascinazione totale per il dio Denaro.
Ho apprezzato infinitamente di più la prima parte rispetto alla seconda (dall'entrata al seminario e poi a Parigi la lettura si fa più faticosa perché noiosa), ciò ha fatto sì che il mio grande entusiasmo iniziale si sia sfilacciato man mano fino a ridursi in un nulla di fatto.
Julien Sorel è un personaggio singolare e ancora sento un brivido ripensando al modo in cui Stendhal lo presenta per la prima volta sulla pagina - quel brano magnifico risplende di luce propria -, mi scuote pensare al conflitto con il padre (e la sua famiglia tutta) che lo attraversa, l'assenza di amore materno che si riversa nell'amore futile e dongiovannesco per ogni donna che incontra, superficiale e calcolatore anche con chi amerà poi.
Un self-made man, controcorrente, astuto e immorale, più colto e valoroso di quanto si pensi a giudicare dalle sue umili origini.
I personaggi secondari però sono noiosi come pochi, fungono solo e sempre da sostegno per Sorel, e le donne che lo affiancano sono banali e paradossali, o volubili e isteriche oppure pie e devote: non c'è spazio per la tridimensionalità, non c'è spazio per personaggi realistici - dunque non c'è spazio neanche per l'emozione.
Osservandolo da un punto di vista storico e politico, "Il Rosso e il Nero" non dà molto, se non nella parte introduttiva dell'opera, dove Stendhal - qui sì! - utilizza una penna feroce e sagace per descrivere la società francese, opportunista e avara, i cui ideali si riducono tutti a una fascinazione totale per il dio Denaro.