A review by blackjessamine
L'isola delle farfalle by Corina Bomann, Alison Layland

2.0

Un romanzetto senza alcuna pretesa, del tutto dimenticabile. I protagonisti sono piatti, senza forza, con una psicologia solo vagamente abbozzata; i dialoghi ingessati e decisamente poco realistici.
La zia Emmely, in punto di morte, decide di affidare alla pronipote Diana il compito di svelare un fantomatico segreto di famiglia, lasciandole svariaiti indizi che porteranno la giovane avvocatessa berlinese in un assurdo viaggio in Sri Lanka, a caccia del segreto di Pulcinella (sì, perché per svelarlo non si incontra alcuna difficoltà, non c'è nessun equivoco, il mondo intero sembra essersi predisposto in modo tale che ogni risposta si presenti in maniera quasi spontanea a Diana). Oltretutto, pur non essendo io esattamente quel che si dice un segugio, avevo intuito quel che sarebbe stato il segreto più o meno a pagina venti. Insomma, la costruzione delle vicende lascia un po' a desiderare. Il romanzo è ambientato su due livelli temporali, alternando fasi ambientate nel 2008 a momenti del lontano 1887: e questo, di per sé, non mi disturberebbe, se non fosse che così si annienta quel poco di curiosità che resta riguardo al famoso segreto. Non si scopre la vicenda pian piano, con l'avanzare delle ricerche di Diana, perché le descrizioni del passato arrivano sempre prima. Insomma, la Bomann è proprio furba.
L'ambientazione, poi, sarebbe anche potuta essere interesste (epoca vittoriana, Sri Lanka, piantagioni di tè...), peccato che tutto sia terribilmente approssimativo. Dello Sri Lanka sappiamo solo che ci sono pappagalli, tamil e frangipane (citati in maniera quasi ossessiva, come se la Bomann volesse essere certa che il lettore si accorgesse che ha studiato il Paese che va a descrivere... sì, ha studiato, ma non è andata oltre la pagina di Wikipedia). Del tè si parla solo di varietà Ceylon e dei quattro raccolti, non si accenna a null'altro; l'aggettivo "vittoriano" è usato per descrivere qualsiasi cosa: tutto, qui, è "tipicamente vittoriano", perché fa tanto romanzo storico. Peccato che nessuno si sia preso la briga di spiegare a Corina che, piuttosto che definire tutto come "tipicamente vittoriano", sarebbe più serio e interessante descrivere ciò di cui si sta parlando, in modo da far capire che diamine voglia dire "tipicamente vittoriano".
Il tocco di classe finale la storia d'amore, assolutamente non necessaria, forzatissima, banale e piena di clichè.
Insomma, è bello anche concedersi letture che siano puramente d'intrattenimento, ma qui siamo ad un livello proprio scarsino.