A review by blackjessamine
Kobane calling by Zerocalcare

5.0

Seguo Zerocalcare da diverso tempo, ma chissà perché mi sono sempre limitata a leggere - con molto piacere - il suo blog, senza mai decidermi ad affrontare una sua pubblicazione. Forse perché effettivamente non sono una grande appassionata di fumetti, ne conosco pochi e ne ho letti ancora meno, e nonostante si tratti di un mondo che mi piacerebbe molto approfondire, spesso ho l'impressione di annegare in un grande mare in cui è davvero difficile raccapezzarsi. E quindi rimando, leggo ogni tanto giusto un titolone famoso anche tra chi non segue minimamente il mondo dei fumetti e mi limito a pensare che prima o poi dovrei decidermi ad esplorare questo lato della narrazione. In effetti è noioso, lo ripeto ad ogni commento di quei pochi fumetti che leggo, ma mi sembra doveroso mettere le mani avanti e specificare che i miei sono commenti del tutto estemporanei, commenti “di pancia”, i commenti di chi non sa niente di illustrazione e pochissimo di narrazione, e per qualche caso fortuito si mette a leggere un fumetto quasi senza sapere che cosa sia un fumetto.
In questo caso però mi sento di dire che tutto questo è perfettamente inutile (e giustamente, direte voi, avrei anche potuto anche risparmiarvi il papiro precedente, insomma, tant'è), perché “Kobane calling” è qualcosa che si discosta molto da una semplice opera di narrazione a fumetti: il fumetto è un mezzo per parlare di qualcosa di talmente importante da mettere in secondo piano tutto il resto.
Zerocalcare ha un modo di raccontare le cose che mi piace tantissimo, perché si nasconde dietro un velo di leggerezza e ironia, di battute e riferimenti popolari per parlare di cose serie in modo serio: “Kobane calling” non ha mai la pretesa di essere un resoconto giornalistico, un saggio storico o un trattato di geopolitica, eppure c'è molta più serietà nell'affrontare determinate questioni in questo fumetto che in tanti servizi televisivi o articoli di giornale. Zerocalcare non ha intenti di formazione, si limita a raccogliere le tavole che raccontano dei suoi viaggi nel cuore della resistenza curda, e lo fa con un'onestà intellettuale che difficilmente ho trovato da altre parti. Non si può certo pretendere di trovare in questo fumetto una trattazione esaustiva della situazione geopolitica di Siria, Turchia, e Iraq, ma certo è un bel punto di partenza per distaccarsi dalle visioni confuse e sensazionalistiche che i media riportano, e adottare il punto di vista di chi in certe zone ci è stato, di chi ha parlato con i combattenti curdi, e riporta la sua esperienza in maniera trasparente e il più possibile onesta.
E già questo intento, da solo, varrebbe tutto il fumetto, anche se fosse disegnato coi piedi e noiosissimo.
Ma il punto è che, per nostra ancor maggiore fortuna, non è così: Zerocalcare racconta le cose in modo terribilmente piacevole, leggendolo si ha proprio l'impressione di chiacchierare con un amico molto intelligente ma anche molto simpatico, che sa mescolare in maniera del tutto naturale argomenti terribilmente seri, importanti e complicati a battute sulle serie TV o sulle merendine, ma lo fa con l'intelligenza di chi sa giostrarsi benissimo fra il rispetto delle situazioni più strazianti e il bisogno di ricordare al lettore che si può anche sorridere e ridere di inezie. E così ci si ritrova, nel giro di poche strisce, ad arrabbiarsi per l'ipocrisia dei media occidentali, per poi non riuscire a trattenere una risata davanti alle reazioni del protagonista, e infine a piangere amaramente leggendo le storie di certe persone straordinarie. Per poi ricominciare a ridere, arrabbiarsi, e piangere.
E a riflettere, soprattutto.
Che non è forse abbastanza, perché le riflessioni fatte sul divano di casa, dal caldo confortevole di una vita tutto sommato sicura e tutelata servono fino ad un certo punto, ma il resto deve venire da qualche altra parte, non certo da un fumetto. E se un fumetto può servire almeno un po' a far vibrare alcune corde, be', direi che è già un'ottima cosa.