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A review by fede1
La musa degli incubi by Laini Taylor
5.0
Non so veramente da dove iniziare quasta recensione, poichè questo libro mi ha veramente sorpresa ogni oltre immaginazione. Con questo libro la Tayolor raggiunge il livello del Sognatore e lo supera con estrema facilità.
La cosa che più ho apprezzzato è come l'autrice abbia ripreso i temi trattati nel libro precedente per svilupparli ulteriormente e per averli resi reali. In questo libro infatti troviamo trattate diverse tematiche estremamente attuale nella società moderna, come il razzismo e la paura del diverso, l'emarginazione, l'odio, la paura, la violenza (sessuale e non), la tratta degli esseri umani e dei bambini. Dall'altra parte abbiamo anche tematiche più "felici" ma ugualmente importanti, come l'amicizia, l'amore (in tutte le sue forme), l'accoglienza, il perdono e la crescita personale, che ci porta ad essere una versione migliore di noi stessi.
L'autrice ci mette anche di fronte ad una dura e cruda verità: spesso la soluzione ai nostri problemi non è quella di ucciidere il "mostro", anche perchè così facendo rischiamo di diventare come lui, dando inizio ad una spirale infinita di dolore e disperazione.
La musa però ci insegna tanto altro, per esempio di quanto sia importante per la nostra maturazione aprire la mente al diverso; ci insegna che l'unico modo per far avverare i nostri desideri sia quello di lottare duramente (e di come sia inutile restare immobili nella speranza che si avverino da soli); ci fa capire quanto il perdono sia importante e fondamentale per riuscire a vivere la propria vita liberi dai fantasmi del proprio passato ma di come sia difficile e faticoso da concedere e ricevere; soprattutto ci insegna che non tutti possono o vogliono essere salvati.
Sono anche molto felice che l'autrice abbia deciso di "abbandonarne" alcuni personaggi secondari e che si sia concentrata maggiormente su quelli importanti ai fini della trama e della storia.
Che dire dei percorsi di redenzione di Thyon e Minya!
Il primo che, finalmente, capisce la bellezza e l'importanza di aprirsi ad altre culture e iniziare a conoscere luoghi, credenze, tradizioni diverse da quelle che lui aveva seguito fino a quel momento e che si rende conto che lo status sociale non indica il valore della persona.
E Minua! Minya era solo una bambina quando è stata costretta a scegliere quali dei suoi fratelli salvare; solo una bambina quando ha visto e sentiro tutti gli altri bambini morire; solo una bambina che doveva prendersi cura di altri bambini; solo una bambina quando ha cominciato a legarsi alla morte per poter sopravvivere. Il suo odio, la sua violenza e il suo ranocre non sono altro che il suo personale modo di esprimere un dolore inimmaginabile, dolore che ha dovuto covare da sola, in silenzio, per 18 anni. Alla fine, però, l'amore per i suoi fratelli e la speranza di una vita tranquilla e pacifica riescono a far breccia nella corazza che si era creata e a dare inizio ad un meritato processo di guarugione.
Una menzione speciale va a Suhelya, la nonna che tutti vorremmo avere e che tutti meriteremo e a Calixte, che è riuscita a portare un po' di gioa in mezzo al mare di diserazione che rischiava di inglobarmi. Anche se devo ammettere che la cosa che mi ha fatto ridere di più è stata immaginarla nei panni della Bertè a cantare "Non sono una signora" a Thyon!
Lo stile poetico della Taylor è veramente magnifico, riesce a farti immergere nella storia al punto da farti quasi credere che sia reale. Vedi tutti i personaggi lì, davanti a te, senti il loro dolore, le loro paure e le loro speranze.
Il finale è semiaperto, molto realistico e forse un po' amaro. I problemi non spariscono magicamente, le ferite non si rimarginano in un secondo e la sciano cicatrici più o meno evidenti, la vita non è perfetta. In fondo, però, questa è la realtà e sta a noi lottare ogni giorno per avere una vita migliore.
Leggetelo tutti, ne vale la pena!
La cosa che più ho apprezzzato è come l'autrice abbia ripreso i temi trattati nel libro precedente per svilupparli ulteriormente e per averli resi reali. In questo libro infatti troviamo trattate diverse tematiche estremamente attuale nella società moderna, come il razzismo e la paura del diverso, l'emarginazione, l'odio, la paura, la violenza (sessuale e non), la tratta degli esseri umani e dei bambini. Dall'altra parte abbiamo anche tematiche più "felici" ma ugualmente importanti, come l'amicizia, l'amore (in tutte le sue forme), l'accoglienza, il perdono e la crescita personale, che ci porta ad essere una versione migliore di noi stessi.
L'autrice ci mette anche di fronte ad una dura e cruda verità: spesso la soluzione ai nostri problemi non è quella di ucciidere il "mostro", anche perchè così facendo rischiamo di diventare come lui, dando inizio ad una spirale infinita di dolore e disperazione.
La musa però ci insegna tanto altro, per esempio di quanto sia importante per la nostra maturazione aprire la mente al diverso; ci insegna che l'unico modo per far avverare i nostri desideri sia quello di lottare duramente (e di come sia inutile restare immobili nella speranza che si avverino da soli); ci fa capire quanto il perdono sia importante e fondamentale per riuscire a vivere la propria vita liberi dai fantasmi del proprio passato ma di come sia difficile e faticoso da concedere e ricevere; soprattutto ci insegna che non tutti possono o vogliono essere salvati.
Sono anche molto felice che l'autrice abbia deciso di "abbandonarne" alcuni personaggi secondari e che si sia concentrata maggiormente su quelli importanti ai fini della trama e della storia.
Che dire dei percorsi di redenzione di Thyon e Minya!
Il primo che, finalmente, capisce la bellezza e l'importanza di aprirsi ad altre culture e iniziare a conoscere luoghi, credenze, tradizioni diverse da quelle che lui aveva seguito fino a quel momento e che si rende conto che lo status sociale non indica il valore della persona.
E Minua! Minya era solo una bambina quando è stata costretta a scegliere quali dei suoi fratelli salvare; solo una bambina quando ha visto e sentiro tutti gli altri bambini morire; solo una bambina che doveva prendersi cura di altri bambini; solo una bambina quando ha cominciato a legarsi alla morte per poter sopravvivere. Il suo odio, la sua violenza e il suo ranocre non sono altro che il suo personale modo di esprimere un dolore inimmaginabile, dolore che ha dovuto covare da sola, in silenzio, per 18 anni. Alla fine, però, l'amore per i suoi fratelli e la speranza di una vita tranquilla e pacifica riescono a far breccia nella corazza che si era creata e a dare inizio ad un meritato processo di guarugione.
Una menzione speciale va a Suhelya, la nonna che tutti vorremmo avere e che tutti meriteremo e a Calixte, che è riuscita a portare un po' di gioa in mezzo al mare di diserazione che rischiava di inglobarmi. Anche se devo ammettere che la cosa che mi ha fatto ridere di più è stata immaginarla nei panni della Bertè a cantare "Non sono una signora" a Thyon!
Lo stile poetico della Taylor è veramente magnifico, riesce a farti immergere nella storia al punto da farti quasi credere che sia reale. Vedi tutti i personaggi lì, davanti a te, senti il loro dolore, le loro paure e le loro speranze.
Il finale è semiaperto, molto realistico e forse un po' amaro. I problemi non spariscono magicamente, le ferite non si rimarginano in un secondo e la sciano cicatrici più o meno evidenti, la vita non è perfetta. In fondo, però, questa è la realtà e sta a noi lottare ogni giorno per avere una vita migliore.
Leggetelo tutti, ne vale la pena!