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A review by diffrazioni
L'esperimento: Inchiesta sul Movimento 5 Stelle by Jacopo Iacoboni

4.0

Un libro che dovrebbe leggere, prima di tutto, chi il M5S ha votato. Ma anche tutti gli altri, per avere una migliore comprensione di come funzioni, quello che oggi è la prima forza politica d'Italia (meglio non dire partito, perché i partiti sono una cosa diversa).

La prima cosa che salta fuori con chiarezza è questa: il M5S è saldamente nelle mani di un'azienda. La Casaleggio, ovviamente, che governa sin dall'inizio questo inedito 'esperimento' politico e sociale. Un'azienda con qualche buco: il suo patrimonio principale è la gestione dei dati, che però, nei server della Casaleggio sono tutt'altro che al sicuro. Più di una volta degli hacker sono riusciti a mettere mano ai preziosi dati posseduti dalla Casaleggio.

Seconda cosa che ne ho ricavato dalla lettura di questo libro: la conferma che il M5S non è né di destra né di sinistra. Si adatta al contesto, si adatta a quanto occorre per ottenere il consenso. Questo, se è vero e se l'ho capito bene, mi spiega come sia possibile che Chiara Appendino e Virginia Raggi siano così diverse tra loro. La prima può andare bene a Torino, ma non a Roma e viceversa.

Può darsi che questo influenzi anche la politica estera. Il M5S - questo l'avevo già capito da solo - non ha una linea, in politica estera. Il M5S passa dall'esaltazione di Anna Politkovskaja a quella di Vladimir Putin, senza battere ciglio. Così come, senza battere ciglio, cerca alleanze con Verohfstadt e con Farange, quasi in contemporanea.

Devo dire, però, che ciò non mi pare distingua il M5S dalle altre forze politiche, che dubito abbiano una linea salda e chiara. Basta pensare a Renzi che riesce contemporaneamente a dirsi a favore dei diritti umani e amico di chi dei diritti ne fa carta straccia, come il presidente dell'Egitto o, ancora, a tutte le forze politiche che chiedono il rispetto delle risoluzioni internazionali tranne quanto queste riguardano paesi alleati.

Il libro racconta ancora diversi casi in cui è netta la differenza tra il dichiarato e il praticato: è il caso dei rimborsi. Di Maio non restituisce metà dello stipendio e neppure i rimborsi oltre alla quota inizialmente dichiarata (2.500 euro al mese). Non fanno nulla di male, sia chiaro, solo non rispettano gli impegni che si sono assunti.

Un esperimento, insomma. Vediamo come andrà a finire.