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momotan 's review for:
La leggenda dei Drenai
by David Gemmell
Purtroppo molto spesso quando si leggono libri abbastanza "datati" si scopre che la storia ha sofferto enormemente il trascorrere del tempo.
Per certi versi è fisiologico: lo stile evolve, il genere pure, e il libro invece rimane fermo al tempo in cui è stato scritto.
Se poi si parla di un libro che era anche un esordio letterario, probabilmente avremo a che fare con qualcosa che stilisticamente non era mai stato eccelso.
Poi ci sono le eccezioni. Esordi che sembrano scritti da veterani con alle spalle decenni di premi vinti, libri scritti un secolo fa che sembrano attuali e appena pubblicati. Capolavori senza tempo.
Ecco, purtroppo questo libro rientra nella prima categoria.
La storia è valida, e anzi leggendolo mi sono venute in mente parecchie storie "moderne" basate sulla stata trama essenziale (una battaglia disperata, un manipolo di eroi consapevoli della morte imminente ma decisi a non concedere un solo metro all'avversario, con l'obbiettivo di resistere il più a lungo possibile sperando in rinforzi, o che il tempo guadagnato serva ad altri per radunare forze sufficienti a vendicarli).
Il problema è altrove.
Nella scrittura, che per quanto sia "forte" nelle scene d'azione, risulta parecchio piatta sul fronte introspettivo. E questo pur cercando di farci entrare un poco nella testa di svariati personaggi... ma i protagonisti sono tutti monotematici, sembrano scolpiti nella pietra.
Nella storia d'amore trattata in maniera assurda (i due si incontrano, con lui che salva lei. Antipatia istintiva. Lui accetta dietro compenso di portarla a destinazione. Lei quasi assidera. Lui la salva. Lei scopre di esserne innamorata. Lui scopre di ricambiare al punto di affrontare per lei una ventina di nemici, che prima progettava di comprare dandogli informazioni su altre possibili vittime. Tempo una settimana, si sposano. Intanto il legame tra di loro è tale da riuscire a riportarlo alla ragione da una pazzia berserker. E tutto questo non lo vediamo, ne siamo semplicemente informati, come un dato di fatto).
Verae. La figlia del conte, la moglie di Rek. Presentata all'inizio come un'indipendente e potente guerriera, una sorta di amazzone, letale e fiduciosa dei propri mezzi. Si innamora e diventa la brava mogliettina che lascia le questioni importanti al marito e se ne sta in camera da letto o al più nell'infermeria. A parte in un'occasione. Che, messa insieme all'altra figura femminile della città, l'assassina Caessa, una sorta di mantide religiosa con serissimi problemi psicologici, fa dubitare che Gemmell almeno agli esordi fosse in grado di scrivere personaggi femminili.
Poi in questo mondo (che richiama parecchio l'Europa alla fine dell'Impero Romano) tutti sembrano essere onesti, leali e perfetti. A parte uno squallido mercante (ma infatti è un mercante, mica un valoroso guerriero) gli altri tengono fede alla parola data, non sfruttano trucchetti, affrontano il nemico a viso aperto, non ingannano. Durante un'enorme e sanguinosa guerra, è un po' troppo semplicistica la cosa. Anche Ulric, inizialmente prova a sfruttare tramite il suo sciamano dei traditori nella fortezza, ma apparentemente senza farvi davvero troppo affidamento, solo per questioni di tempistiche.
Però non sorprende troppo che abbia avuto tanto successo.
Si, i personaggi femminili sono macchiette, ma non era certo inusuale all'epoca.
Si, non c'era grande introspezione, ma come prima, erano gli inizi degli anni '80.
In compenso si respira epicità, si tocca la tragedia, si vedono eroismo e disperazione.
I guerrieri alla rocca non sono santi e non sono eroi, sono persone con i loro dubbi e le loro paure, che si portano appresso i fallimenti e gli errori del passato. E che nel momento del bisogno si scoprono eroi, affrontano le loro paure e si ergono di fronte a un'orda infinita, consapevoli di morire e consapevoli che la loro morte servirà a dare tempo all'Impero per organizzare l'esercito e salvarsi.
Peccato per il finale, dove si inanellano un paio di trucchetti magici per far quadrare i conti oltre al modo a dir poco ridicolo col quale termina la guerra. Davvero inconcepibile.
Alla fine, considerando che era un esordio e che sono passate tre decadi, un buon libro.
Ma dalla fama che lo circondava, francamente, mi aspettavo di meglio.
Per certi versi è fisiologico: lo stile evolve, il genere pure, e il libro invece rimane fermo al tempo in cui è stato scritto.
Se poi si parla di un libro che era anche un esordio letterario, probabilmente avremo a che fare con qualcosa che stilisticamente non era mai stato eccelso.
Poi ci sono le eccezioni. Esordi che sembrano scritti da veterani con alle spalle decenni di premi vinti, libri scritti un secolo fa che sembrano attuali e appena pubblicati. Capolavori senza tempo.
Ecco, purtroppo questo libro rientra nella prima categoria.
La storia è valida, e anzi leggendolo mi sono venute in mente parecchie storie "moderne" basate sulla stata trama essenziale (una battaglia disperata, un manipolo di eroi consapevoli della morte imminente ma decisi a non concedere un solo metro all'avversario, con l'obbiettivo di resistere il più a lungo possibile sperando in rinforzi, o che il tempo guadagnato serva ad altri per radunare forze sufficienti a vendicarli).
Il problema è altrove.
Nella scrittura, che per quanto sia "forte" nelle scene d'azione, risulta parecchio piatta sul fronte introspettivo. E questo pur cercando di farci entrare un poco nella testa di svariati personaggi... ma i protagonisti sono tutti monotematici, sembrano scolpiti nella pietra.
Nella storia d'amore trattata in maniera assurda (i due si incontrano, con lui che salva lei. Antipatia istintiva. Lui accetta dietro compenso di portarla a destinazione. Lei quasi assidera. Lui la salva. Lei scopre di esserne innamorata. Lui scopre di ricambiare al punto di affrontare per lei una ventina di nemici, che prima progettava di comprare dandogli informazioni su altre possibili vittime. Tempo una settimana, si sposano. Intanto il legame tra di loro è tale da riuscire a riportarlo alla ragione da una pazzia berserker. E tutto questo non lo vediamo, ne siamo semplicemente informati, come un dato di fatto).
Verae. La figlia del conte, la moglie di Rek. Presentata all'inizio come un'indipendente e potente guerriera, una sorta di amazzone, letale e fiduciosa dei propri mezzi. Si innamora e diventa la brava mogliettina che lascia le questioni importanti al marito e se ne sta in camera da letto o al più nell'infermeria. A parte in un'occasione. Che, messa insieme all'altra figura femminile della città, l'assassina Caessa, una sorta di mantide religiosa con serissimi problemi psicologici, fa dubitare che Gemmell almeno agli esordi fosse in grado di scrivere personaggi femminili.
Poi in questo mondo (che richiama parecchio l'Europa alla fine dell'Impero Romano) tutti sembrano essere onesti, leali e perfetti. A parte uno squallido mercante (ma infatti è un mercante, mica un valoroso guerriero) gli altri tengono fede alla parola data, non sfruttano trucchetti, affrontano il nemico a viso aperto, non ingannano. Durante un'enorme e sanguinosa guerra, è un po' troppo semplicistica la cosa. Anche Ulric, inizialmente prova a sfruttare tramite il suo sciamano dei traditori nella fortezza, ma apparentemente senza farvi davvero troppo affidamento, solo per questioni di tempistiche.
Però non sorprende troppo che abbia avuto tanto successo.
Si, i personaggi femminili sono macchiette, ma non era certo inusuale all'epoca.
Si, non c'era grande introspezione, ma come prima, erano gli inizi degli anni '80.
In compenso si respira epicità, si tocca la tragedia, si vedono eroismo e disperazione.
I guerrieri alla rocca non sono santi e non sono eroi, sono persone con i loro dubbi e le loro paure, che si portano appresso i fallimenti e gli errori del passato. E che nel momento del bisogno si scoprono eroi, affrontano le loro paure e si ergono di fronte a un'orda infinita, consapevoli di morire e consapevoli che la loro morte servirà a dare tempo all'Impero per organizzare l'esercito e salvarsi.
Peccato per il finale, dove si inanellano un paio di trucchetti magici per far quadrare i conti oltre al modo a dir poco ridicolo col quale termina la guerra. Davvero inconcepibile.
Alla fine, considerando che era un esordio e che sono passate tre decadi, un buon libro.
Ma dalla fama che lo circondava, francamente, mi aspettavo di meglio.