A review by elliania
I peccati dei Borgia by Sarah Bower, Marina Deppisch, Claudia Converso

3.0

Premessa: come (grazie al cielo) confermato anche dall’autrice nella postfazione, nel recensire questo libro lo considererò un romanzo ispirato alla storia dei Borgia e non, in senso stretto, un romanzo “sui Borgia”. L’autrice si prende diverse libertà di interpretazione della storia, alcune buone, altre, a mio avviso, molto meno.
Lo stratagemma della narrazione è abbastanza comune stando ai diversi romanzi sul tenore che si trovano in giro, ovvero schiaffare un personaggio originale a narrare la storia da un punto di vista esterno a quello dei protagonisti storici coinvolti.
In questo caso Violante, ebrea convertita al servizio di Lucrezia, è un personaggio realmente menzionato nelle cronache dell’epoca (l’autrice sostiene fosse tra le donne che accompagnarono Lucrezia da Roma a Ferrara, anche se a me risulta - Bellonci dixit - che si trattava di una delle ragazze che entrarono al suo servizio proprio a Ferrara, su ordine del Duca).
La narrazione è limitata in un certo senso da questo punto di vista; il risultato è tutto sommato buono, nel senso che il “filtro” attraverso cui viene narrata la storia è tutto sommato realistico. I film mentali che la ragazza si fa su Cesare possono essere fastidiosi e stucchevoli a lungo andare (ci sono interi capitoli su di lei che si strugge per Cesare, dopo un po’ anche basta), con picchi in cui lei si autodefinisce “l’amante di Roma, la prediletta del Valentino” che a una prima occhiata mi è parsa solo pessima narrativa, ma con il senno di poi non era che caratterizzazione.
SpoilerIl grande punto positivo di questo romanzo è che l’autrice non si perde, come spesso accade, nella celebrazione della sua protagonista. Non cade nell’errore, fin troppo facile, di consacrarla attraverso gli altri personaggi. Il suo status di favorita di Lucrezia e donna amata da Cesare si sgretola come cenere e si rivela una mera illusione, un gioco di maschere fin dall’inizio, una farsa nella quale lei è cascata con tutte le scarpe senza possibilità di fuga.
Sono dei Borgia un po’ “stereotipati”, se vogliamo, quelli descritti da questo romanzo, relegati nella leggenda nera di una famiglia calcolatrice e priva di scrupoli, che non esita a usare qualsiasi persona come pedina, fosse anche all’interno della propria famiglia. Un lavoro migliore lo fa con gli Este, in particolare con le figure di Ippolito, Giulio e Ferrante. Anche qui prendendosi diverse libertà (dipinge Giulio d’Este come un principe delle favole invece che come un Narciso innamorato del suo stesso riflesso, e dell’omosessualità che attribuisce a Ferrante non mi risulta ci sia traccia nella documentazione storica), sebbene la riduzione della faida tra Ippolito e Giulio alla sola figura di Angela mi sembri sempre riduttivo, così come la minimizzazione di Ippolito ad amante geloso, ferito nell’onore per essere stato scaricato. È stata molto più interessante invece la narrazione della Congiura (e dell'inettitudine con cui è stata portata avanti).
Purtroppo il punto di vista limitato di Violante costringe l’autrice a non approfondire avvenimenti molto importanti del periodo come la presa di Urbino e la strage di Senigallia, e in generale tutta la parte politica delle azioni di Cesare come duca di Romagna; una scelta giusta, perché al contrario sarebbe stata una forzatura, ma resta comunque un peccato che pagine così interessanti vengano lasciate fuori o appena accennate.
Finiti quelli che possono essere i pregi, il libro, purtroppo, non è privo di difetti. Prima di tutto, il linguaggio; ogni tanto scivola nei termini moderni come “nursery”, “bulldog”, “dottoressa”, “cantante sulla cresta dell’onda” (non so quanti siano problemi di traduzione, sta di fatto che ci sono), e memorabile è la scena in cui Violante di rivolge a Ferrante d’Este dandogli della “donnicciola” e del codardo, e in generale prendendolo a male parole, ignorando totalmente quello che doveva essere l’atteggiamento di una dama di compagnia nei confronti dei figlio di un Duca.
Il plot-twist telefonatissimo finale aggiunge realismo alla storia, privando, come ho già detto, Violante di tutte le sue illusioni e sogni a occhi aperti. Telefonatissimo, sì, ma giusto e adeguato al tipo di storia che l’autrice stava portando avanti. Non c’è un lieto fine per Violante, non c’è redenzione; è solo la storia di una ragazza ingenua che si è ritrovata pedina di una pantomima crudele, che ha giocato con lei come con centinaia di altre persone allo stesso modo. E questo in un certo senso è stato ciò che ai miei occhi ha salvato questa storia dall’essere solo un romanzo rosa senza troppo spessore.