momotan 's review for:

L'ombra del torturatore by Viviana Viviani, Gene Wolfe
3.0

Primo volume della serie "Il libro del nuovo sole", presenta degli spunti intriganti ma presta anche molto il fianco al passare del tempo.

Gli spunti positivi sono l'ambientazione (un'ambientazione decadente e futuristica, dove ci sono reminiscenze di un tempo in cui la civiltà era al suo apice e si viaggiava per le stelle, ma dove si avverte anche che quei tempi sono lontani, o almeno in grande declino. Un'ambientazione dove il mondo è illuminato da un sole morente e debole, e dove si aspetta il Nuovo Sole del titolo della saga) e il fatto che per tutto il libro si respira l'atmosfera dei bei libri fantastici dei tempi che furono, dove i confini tra fantasy e fantascienza erano labili e fumosi. Dune, la Riftwar, Ambra...

In questo libro conosciamo Severian, il protagonista della storia, che racconta il proprio passato. E fin da subito scopriamo che di strada ne farà parecchia, visto il ruolo che ricopre adesso che si occupa di narrare le proprie gesta.
Ma questo è il narratore, il protagonista invece al momento è un ragazzino apprendista Torturatore.

Che sembra una cosa orrenda, e in parte lo è effettivamente, ma piano piano verremo introdotti al sistema di antiche corporazioni che vivono nella mastodontica Cittadella e alle tradizioni e agli impieghi della corporazione dei Torturatori; alla megalopoli di respiro quasi medioevale di Nessus, malgrado la presenza anche di macchine e aerovelivoli; otterremo qualche informazione sulla divisione delle classi in questo mondo, sul sistema politico e capiremo che oltre alla tecnologia (quando c'è) esiste anche la magia.

Ma principalmente seguiremo qualche mese di vita di Severian, dal giorno in cui rischiò di morire nuotando nel fiume con i compagni fino a quando non arrivò a varcare la porta settentrionale delle gigantesche Mura cittadine, per dirigersi verso il proprio futuro assieme alla sua compagna e a una compagnia teatrale itinerante dai modi quantomeno dubbi.


I lati negativi però, dovuti al passare del tempo, sono bene o male gli stessi che avevo riscontrato nei libri di Zelazny: romanzi brevi, in cui si crea molta attesa ma succede poco; ambientazione molto più interessante della trama in sé. A cui si può aggiungere una visione femminile molto particolare, un passaggio in particolare in cui Severian riflette su Agia fa rizzare i peli delle braccia. Non so se sia dovuto al fatto che è stato scritto nel 1980 o se sia una cosa voluta per ricreare una certa atmosfera e un certo sentire comune, ma mi ha lasciato parecchio perplesso.


In definitiva, un libro che ha il sapore di un buon antipasto ma che lascia tantissimo di non detto e di accennato, che promette molto ma soddisfa solo in parte rimandando ai libri successivi per capirci qualcosa di più.
Sicuramente non per tutti.