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A review by novalgina
L'iguana by Anna Maria Ortese
4.0
Daddo è un conte lombardo che viene allontanato dalla madre con la scusa di trovare nuove terre da acquistare. Egli salpa così, ingenuamente, per una duplica missione: non solo nuove terre, ma anche nuove storie da pubblicare. Approda su un'isola portoghese non segnata sulle mappe nautiche e scopre che vi abitano tre fratelli marchesi, una volta ricchi ma ora caduti in miseria, in compagnia di una servetta, un'iguana per la precisione.
Si lascia intendere che tra il marchese e l'iguana ci fosse un forte sentimento che poi è mutato in qualcosa di cattivo e austero, motivo per cui l'iguanuccia compare sempre triste, vestita di stracci, un po' sopra le righe. Il conte prova per lei qualcosa che mai aveva provato prima, una sorta di pena e tenerezza mischiate insieme e decide di cedere qualsiasi suo bene pur di portarla via con sé e vederla di nuovo felice, ma il marchese sta per sposarsi e con il matrimonio, sta per cedere anche l'isola intera, quindi l'iguana deve andare via.
Qui comincia un capitolo talmente confuso e onirico da renderne difficile l'interpretazione, ma alla fine si capisce che il conte non c'è più. Nel suo tentativo di salvare l'iguana, muore e gli unici a ricordarlo nel tempo, sono proprio i "cattivi", i fratelli marchesi che volevano cacciare l'iguana, e l'iguana, che nel frattempo, grazie al suo sacrificio, si è trasformata in una servetta umana.
Non so cosa pensare di questa storia, che nonostante la confusione finale mi è entrata sottopelle. Credo ci siano molte chiavi di lettura, una su tutte l'avversione verso il capitalismo; nella cessione dell'isola agli americani, il marchese perde la testa; cos'è l'amore senza soldi? solo miseria. Invece il ricco, che sacrifica se stesso e i suoi beni per amore di un povero, viene ricordato (ma non dai più cari, che attaccati ai soldi se lo dimenticano molto presto) ed atteso in eterno.
Questo è quello che ho apprezzato. Nell'epilogo finale si ha una botta di comprensione che lascia attoniti e senza parole, storditi dal significato profondo che nasconde una storia fantastica scritta in un italiano fluido e perfetto, gioiello della nostra stupenda lingua.
Si lascia intendere che tra il marchese e l'iguana ci fosse un forte sentimento che poi è mutato in qualcosa di cattivo e austero, motivo per cui l'iguanuccia compare sempre triste, vestita di stracci, un po' sopra le righe. Il conte prova per lei qualcosa che mai aveva provato prima, una sorta di pena e tenerezza mischiate insieme e decide di cedere qualsiasi suo bene pur di portarla via con sé e vederla di nuovo felice, ma il marchese sta per sposarsi e con il matrimonio, sta per cedere anche l'isola intera, quindi l'iguana deve andare via.
Qui comincia un capitolo talmente confuso e onirico da renderne difficile l'interpretazione, ma alla fine si capisce che il conte non c'è più. Nel suo tentativo di salvare l'iguana, muore e gli unici a ricordarlo nel tempo, sono proprio i "cattivi", i fratelli marchesi che volevano cacciare l'iguana, e l'iguana, che nel frattempo, grazie al suo sacrificio, si è trasformata in una servetta umana.
Non so cosa pensare di questa storia, che nonostante la confusione finale mi è entrata sottopelle. Credo ci siano molte chiavi di lettura, una su tutte l'avversione verso il capitalismo; nella cessione dell'isola agli americani, il marchese perde la testa; cos'è l'amore senza soldi? solo miseria. Invece il ricco, che sacrifica se stesso e i suoi beni per amore di un povero, viene ricordato (ma non dai più cari, che attaccati ai soldi se lo dimenticano molto presto) ed atteso in eterno.
Questo è quello che ho apprezzato. Nell'epilogo finale si ha una botta di comprensione che lascia attoniti e senza parole, storditi dal significato profondo che nasconde una storia fantastica scritta in un italiano fluido e perfetto, gioiello della nostra stupenda lingua.