A review by matteottt
Cargo by Georges Simenon

4.0

Cargo è il racconto di personaggi di statura minuscola gettati in ambienti molto più grandi di loro, che li asfissiano e li portano alla rovina. Lo sfacelo psicologico dei protagonisti e di tutte le pedine minori che ruotano intorno a loro è dettato dall'azione corrosiva dell'ambiente, di atmosfere che definiscono i pensieri dei personaggi e ne modellano il corso dell'azione: Simenon basa la buona riuscita del suo racconto non tanto su sussulti improvvisi della trama, quanto sul porre sotto gli occhi del lettore la decomposizione, lenta ed inesorabile, della sanità mentale di Mittel, unico vero personaggio pienamente positivo del romanzo, il quale si sente attaccato e quasi fisicamente ferito da un mondo nel quale non ha mai potuto trovare un posto. Alla marea di un mondo che rifiuta le pallide ombre che sono i personaggi del romanzo non sfugge nessuno, e nessun luogo offre sicurezza: forse solo i chiaroscuri tanto familiari della Francia, all'inizio del romanzo, possono offrire per Mittel e Charlotte una parvenza di protezione. Potremmo quasi dire che il filo della trama procede per un tragitto quasi prestabilito, del quale fin dall'inizio vediamo la fine: all'occasionalmente eccessiva lentezza dello svolgersi del racconto fanno contrasto le magistrali esplorazioni psicologiche dei coinvolti nella vicenda, personaggi a tutto tondo e dalla moralità continuamente ambigua. L'odissea di Mittel si realizza nella sua accanita quanto inutile resistenza alla minaccia della natura, dell'ambiente: secondo questa logica d'azione, non è solo la foresta pluviale sudamericana ad essere covo di pericoli e di morte, ed anche il sole cristallino di Tahiti può diventare una luce troppo forte e luminosa, acuire i sentimenti di delusione e disperazione che si nascondono sotto una vita di facciata, nella quale nulla ha importanza.
Cargo è un romanzo magistrale sotto questo punto di vista, meno nella costruzione vera e propria della trama. La sua mole, intesa soprattutto in termini di pagine (350 circa), è in ultimo giustificata da una penna che, come da tradizione simenioniana, non manca mai di mettere in rilievo l'epopea vana e stupidamente affannosa del perdente che non riesce in nessun caso a trovare il suo posto nel mondo, circondato da rapporti umani con esseri meschini e squallidi. È una sorta di eroismo smorzato, soffocato nel dubbio e nella disperazione, un elogio del reietto che si staglia, senza poter cambiare le cose, contro la crudeltà del mondo e dei comprimari che lo accompagnano in questo "romans dur".