A review by ludovicaciasullo
L'iguana by Anna Maria Ortese

4.0

Questo è un romanzo incredibilmente complesso. L'apparenza è quella di una fiaba, ma fin dalle prime pagine appaiono elementi inspiegabili, misteriosi e stratificati.

In questo romanzo succede che Daddo, un giovane conte milanese, parte per mare alla ricerca di terre da comprare e da trasformare in meta di vacanze. Sbarca su un'isola molto piccola dove Ilario e i suoi due fratelli vivono in un palazzo in disfacimento: sono dei nobili decaduti che, Daddo crede, potrebbero esser ben disposti a vendere la loro isola in cambio di denaro. Nel palazzo vive Estrellita, una iguana che fa loro da domestica. Daddo prova immediatamente qualcosa per Estrellita, bistrattata dai suoi padroni che la pagano con dei sassolini e non la degnano di uno sguardo.

Questo è forse il tema che domina il romanzo, ovvero l'oppressione: quando duro diventa il cuore dell'uomo che crede di aver a che fare con una creatura inferiore, che è lì solo per assecondare i suoi bisogni.

Col procedere del racconto apprendiamo che l'Iguana e Ilario sono stati vicini, complici, innamorati l'uno dell'altro, ma che qualcosa è mutato nel giovane, lasciando Estrellita scartata, derelitta, sola. L'amore di Ilario per lei, così come quello di Daddo, hanno però qualcosa di intrusivo, di invadente: cosa amano dell'Iguana, se mai l'hanno ascoltata? Di fatto è una fascinazione, più che amore, quello che questa creatura, così indifesa, provoca in loro: li rende dei potenziali salvatori, ed è difficile non innamorarsi di una certa immagine di sé, chiamando amore quello che proviamo nei confronti di chi ci fa sentire così necessari, invincibili. Ilario le aveva promesso di portarla in Paradiso, Daddo le offre di condurla con sé a Milano, nessuno chiede mai all'Iguana dove voglia stare, e chi sia.

Nel corso delle pagine successive arrivano altri personaggi (una famiglia americana con cui Ilario ha preso accordi per la vendita dell'isola, un prelato che sugella la vendita e anche il matrimonio fra Ilario e la figlia degli acquirenti, un giudice di un surreale processo, e così via), il reale e il fantastico si sovrappongono, fino ad una conclusione che mi ha lasciato estremamente malinconica.

Molte scene del romanzo e tanti dettagli mi sono sembrati un turbinio indecifrabile di allegorie e immagini, e ho la sensazione di non aver colto una grossa parte di quello che la Ortese voleva dire. Rimane però fuor di dubbio che questa è un'opera di grande pregio, colma di riferimenti letterari che la inseriscono in un dialogo intenso con altri capisaldi della letteratura italiana (leggevo di un paragone con le Operette morali di Leopardi, che trovo puntualissimo, specie per la forma di fiaba messa a servizio di riflessioni ricchissime).

Non solo, la lingua della Ortese crea suggestioni molto potenti senza però rinunciare ad una lieve ironia che emerge con decisione nel testo. La Ortese denuncia l'oppressione, smonta una definizione di amore, crea un mondo affascinante anche se non sempre penetrabile, e nel frattempo ci strappa più di un sorriso.

Quindi ecco, anche se dei passaggi mi sono sembrati oscuri, e in più di un'occasione mi sono sentita persa, ho letto come ipnotizzata, travolta, e se non è maestria questa...