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A review by momotan
Ulisse by James Joyce
2.0
Che dire, a volte quando si affrontano grandi "classici" osannati dalla critica, si ha fortuna e si capisce come possano essere diventati "classici", appunto, guadagnandosi una meritata gloria.
Altre volte invece i brutti presentimenti trovano conferma, e il classico si rivela il classico mattone contro cui ci si schianta.
In questo caso non starò a citare Paolo Villaggio e Ėjzenštejn, anche se ammetto che sia stato il mio pensiero, ma posso ammettere con stanca tranquillità che questa volta mi sono imbattuto nel secondo tipo di classico.
La lettura risultava difficile già nei primi capitoli, lenta e apparentemente senza destinazione, ma almeno aveva un senso e prometteva di dire anche qualcosa, una volta fatta chiarezza sui personaggi.
Poi è iniziato il caos, una girandola di stili parodizzati che si susseguono senza soluzione di continuità e culminanti nell'allucinatorio pezzo "teatrale".
Il finale non migliora le cose, dopo un primo momento in cui sembra voler tornare al registro degli inizi si passa prima a un assurdo... question time? rubrica di domande e risposte?, e infine a un lungo flusso di pensieri (chiaramente senza punteggiatura, pensieri scritti come li pensa e probabilmente li scriverebbe la protagonista del flusso stesso, la ben poco letterata Molly).
Una lettura che da subito veniva anticipata come difficile, che io ho trovato nei momenti migliori noiosa, in quelli peggiori incomprensibile e assurda.
Non ha certo aiutato il fatto che la mia versione del libro (versione kindle dell'edizione Newton, il Mammut insomma) fosse addirittura priva della divisione in capitoli mantenendo solamente quella nelle tre grandi macroparti (i tre capitoli iniziali, tutta l'epopea di Bloom, e il finale).
Quantomeno ci sono gli editoriali di supporto, grazie ai quali ho potuto capire quali sarebbero state le assonanze omeriche (e mi trovo d'accordo con le opinioni più recenti, almeno stando a quanto qui riportato, che non credono più tanto a questa visione del libro come "riscrittura moderna dell'Odissea", quanto piuttosto che la storia di Odisseo sia una sorta di sottile canovaccio sul quale modellare un poco i capitoli del libro, oltre che magari un bello scherzo per far dannare generazioni di studenti di lettere).
Sicuramente, visto che il libro è considerato un Classico e risulta amato da tanti, la colpa sarà mia, di una scarsa conoscenza dell'Odissea e di Shakespeare e dei molteplici stili scimmiottati da Joyce, oltre che di una bassa tolleranza per centinaia di pagine di nulla.
E soprattutto colpa della mia testardaggine di non volere abbandonare un libro dopo centinaia di pagine, quando è comunque evidente che non sia fatto per me.
Altre volte invece i brutti presentimenti trovano conferma, e il classico si rivela il classico mattone contro cui ci si schianta.
In questo caso non starò a citare Paolo Villaggio e Ėjzenštejn, anche se ammetto che sia stato il mio pensiero, ma posso ammettere con stanca tranquillità che questa volta mi sono imbattuto nel secondo tipo di classico.
La lettura risultava difficile già nei primi capitoli, lenta e apparentemente senza destinazione, ma almeno aveva un senso e prometteva di dire anche qualcosa, una volta fatta chiarezza sui personaggi.
Poi è iniziato il caos, una girandola di stili parodizzati che si susseguono senza soluzione di continuità e culminanti nell'allucinatorio pezzo "teatrale".
Il finale non migliora le cose, dopo un primo momento in cui sembra voler tornare al registro degli inizi si passa prima a un assurdo... question time? rubrica di domande e risposte?, e infine a un lungo flusso di pensieri (chiaramente senza punteggiatura, pensieri scritti come li pensa e probabilmente li scriverebbe la protagonista del flusso stesso, la ben poco letterata Molly).
Una lettura che da subito veniva anticipata come difficile, che io ho trovato nei momenti migliori noiosa, in quelli peggiori incomprensibile e assurda.
Non ha certo aiutato il fatto che la mia versione del libro (versione kindle dell'edizione Newton, il Mammut insomma) fosse addirittura priva della divisione in capitoli mantenendo solamente quella nelle tre grandi macroparti (i tre capitoli iniziali, tutta l'epopea di Bloom, e il finale).
Quantomeno ci sono gli editoriali di supporto, grazie ai quali ho potuto capire quali sarebbero state le assonanze omeriche (e mi trovo d'accordo con le opinioni più recenti, almeno stando a quanto qui riportato, che non credono più tanto a questa visione del libro come "riscrittura moderna dell'Odissea", quanto piuttosto che la storia di Odisseo sia una sorta di sottile canovaccio sul quale modellare un poco i capitoli del libro, oltre che magari un bello scherzo per far dannare generazioni di studenti di lettere).
Sicuramente, visto che il libro è considerato un Classico e risulta amato da tanti, la colpa sarà mia, di una scarsa conoscenza dell'Odissea e di Shakespeare e dei molteplici stili scimmiottati da Joyce, oltre che di una bassa tolleranza per centinaia di pagine di nulla.
E soprattutto colpa della mia testardaggine di non volere abbandonare un libro dopo centinaia di pagine, quando è comunque evidente che non sia fatto per me.