A review by matteottt
Yoshe Kalb by Israel J. Singer

4.0

Il motivo principale per cui Yoshe Kalb è così interessante è il fatto che trasporta il lettore in una rappresentazione, davvero ben congegnata, di un mondo al tempo stesso non più esistente e singolarmente atipico. Le comunità ebraiche del XVIII secolo, al confine tra Europa e Russia, ci vengono presentate in tutta la loro sconcertante vitalità, preoccupate da ossessioni che non ci saremmo aspettati: il sesso, il denaro, il potere terreno.
Il ritratto corale di queste corti, villaggi e città è un punto di forza di questo libro così accattivante, che deve la sua attrattiva anche, e soprattutto, alla figura di Nahum: un giovane che, costretto a sposarsi contro la sua volontà e su cui pesa la vergogna dell'adulterio, finisce per trasformarsi in un vagabondo incapace di azione nel mondo reale, la cui identità sceglie di risolversi unicamente nel misticismo e nell'attaccamento ai testi sacri dell'ebraismo. Spogliato di ogni residuo di umanità e incapace di dire quale sia il suo nome, Nahum è costretto ad un errare infinito e svilente, supportato solo dalla lettura ossessiva della Torah, alla ricerca della sua reale identità: la sua mancanza di radici può essere letta come un riferimento al più generale senso di spaesamento e all'impossibilità di trovare pace che caratterizza tanta letteratura che affronti tematiche connesse al mondo dell'ebraismo.