A review by dory_a
All That's Left in the World by Erik J. Brown

adventurous dark emotional hopeful inspiring reflective tense fast-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? Yes
  • Diverse cast of characters? Yes
  • Flaws of characters a main focus? Yes

4.0

 Jamie e Andrew sono tra i pochi sopravvissuti ad un virus mortale che in brevissimo tempo ha spazzato via la maggior parte della popolazione mondiale. È da un po' che i due ragazzi sono rimasti completamente soli - a causa appunto del virus che li ha privati di tutti i loro parenti ed amici - ma per quanto la solitudine diventi spesso insostenibile, entrambi sanno che è meglio sopportare quest'ultima piuttosto che rischiare di cercare ed unirsi ad altri sopravvissuti. Quando però Andrew, gravemente ferito, in cerca di aiuto si imbatte per caso nella baita di Jamie, quest'ultimo, cedendo in parte proprio alla solitudine ed in parte alla gentilezza, decide di accoglierlo e di offriglielo. Durante la convalescenza di Andrew, lui e Jamie formano inaspettatamente un forte legame e sarà proprio ciò a dargli la forza ed il coraggio di affrontare ed esplorare questo nuovo e probabilmente pericoloso mondo in cui sono ora costretti a (soprav)vivere...

I generi post-apocalittico e/o distopico rientrano senza dubbio tra i generi che preferisco; negli ultimi anni però, questo tipo di storie l'ho guardato (film, serie tv) più che letto, per cui volevo assolutamente recuperare e fare qualche lettura a tema. L'uscita di All That’s Left in the World è quindi caduta praticamente a pennello, essendo il romanzo ambientato durante il periodo immediatamente successivo alla diffusione e devastazione causata da un virus letale. Tutto sommato, All That’s Left in the World è riuscito a soddisfarmi sotto parecchi punti di vista, io però mi aspettavo decisamente qualcosa di più.

All That’s Left in the World ha tutto quello che una buona storia post-apocalittica dovrebbe avere: un mondo ormai devastato, la popolazione decimata da un evento catastrofico (in questo caso un virus fatale), due personaggi soli e disperati che, in seguito ad un incontro casuale e contro ogni buon senso, decidono di aiutarsi e di fidarsi l'uno dell'altro, finendo per trasformare un legame inizialmente improbabile, in un rapporto forte e solido, un viaggio lungo e tortuoso alla ricerca di altri sopravvissuti o anche semplicemente di qualcosa di meglio della vita di cui avrebbero dovuto accontentarsi se fossero rimasti dov'erano, numerose riflessioni e discussioni sugli esseri umani e la loro natura, in particolare durante e dopo un'apocalisse. Nello specifico, All That’s Left in the World è ambientato negli Stati Uniti, per la precisione la vicenda ha inizio nello stato della Pennsylvania, quando ormai il virus ha ucciso quasi tutta la popolazione mondiale, risparmiando solo pochi sopravvissuti; tra questi ultimi, ci sono anche i due protagonisti - Andrew e Jamie - due adolescenti che hanno perso tutti quelli che conoscevano ed il romanzo è dedicato al loro incontro e alla loro relazione che da una riluttante conoscenza si trasforma pian piano in qualcosa di più ma soprattutto al viaggio che i due compiono attraverso un'America a questo punto desolata, saccheggiata ed annientata, che non è nemmeno più l'ombra di sé stessa. All That’s Left in the World è quindi, sostanzialmente, la storia di un viaggio e sebbene a me storie del genere generalmente piacciono, dipende sempre da come vengono gestite e per me Erik J. Brown ha fatto un buon lavoro; sebbene l'autore cada qualche volta nella trappola della monotonia - ad un certo punto il suo pattern diventa abbastanza palese: dopo cinque minuti di apparente pace e tranquillità, poco ma sicuro verrà fuori un problema di cui preoccuparsi ed occuparsi - durante la lettura di All That’s Left in the World è comunque molto difficile annoiarsi, merito ovviamente anche dell'ambientazione post-apocalittica da lui scelta: vivere in un mondo in rovina significa vivere sempre in allerta, ben consapevoli di non essere mai al sicuro perché le minacce ed in pericolo sono praticamente dietro l'angolo e tanto gli altri sopravvissuti quanto addirittura la natura stessa possono coglierti alla sopravvista e riservarti brutte sorprese in qualsiasi momento. Ciò, ovviamente, permette all'autore di delineare una storia appassionante ed imprevedibile, una di quelle che ti tengono col fiato sospeso ed incollato alle pagine. Personalmente, le uniche cose che Erik J. Brown avrebbe potuto gestire un pochino meglio sono i salti temporali; in una storia, soprattutto una come questa, è normale e necessario che ci siano, ma secondo me ad alcuni periodi piuttosto che riassumerli in poche righe e di fretta e furia avrebbe dovuto dedicare più tempo e spazio. Invece, incredibilmente, mi è piaciuto molto il finale di All That’s Left in the World: temevo sinceramente che non mi avrebbe entusiasmato, perché romanzi del genere raramente si concludono con veri e propri finali chiusi ed effettivamente il debutto young adult di Erik J. Brown ha
una fine abbastanza aperta
che però è anche
confortante e piena di speranza, una specie di lieto fine in piena regola
e questo tipo di conclusioni lo apprezzo sempre tanto!

Uno dei motivi per cui apprezzo le storie apocalittiche/post-apocalittiche è che, intenzionalmente o meno, spingono sempre a riflettere sull’umanità e sulla sua natura – chi o che cosa diventiamo quando veniamo lasciati a noi stessi in un mondo completamente distrutto? – ma anche su sé stessi, su quello che siamo disposti a fare per proteggerci o per proteggere coloro che amiamo e All That’s Left in The World, da questo punto di vista, non fa eccezione. Durante il loro arduo viaggio Jamie e Andrew si imbattono in tante persone, prospettive e situazioni diverse: c’è chi ha pensato che la fine del mondo fosse la scusa perfetta per cedere alla crudeltà, chi ha deciso che quello che gli rimane da vivere dovrebbe essere scandito da atti di gentilezza, chi vuole approfittare della tragica situazione e della disperazione dei pochi sopravvissuti per imporre il proprio predominio e assicurarsi che il mondo rimanga esattamente uguale a prima (pieno di discriminazioni, pregiudizi, differenze) e chi, invece, vuole davvero dare una seconda possibilità agli esseri umani e mettere in piedi qualcosa di veramente nuovo e migliore. In particolare però, a me All That’s Left in The World è piaciuto perché Erik J. Brown non ha risparmiato nemmeno i suoi protagonisti, facendogli vivere sulla loro pelle le conseguenze e gli effetti di una realtà post-apocalittica. Jamie e Andrew sembrano, all’apparenza, due ragazzi normalissimi: Jamie è un tipo timido e tranquillo, uno che probabilmente non farebbe del male nemmeno ad una mosca ed è sempre pronto ad aiutare, Andrew invece è molto più estroverso, più polemico, uno che il suo sarcasmo e la sua ironia non li usa per far ridere ma per proteggersi e difendersi perché non sempre gli altri si sono dimostrati gentili con lui; il fatto è che, nel mondo nel quale ora si ritrovano a vivere, un mondo drasticamente cambiato, né Andrew né Jamie possono permettersi il lusso di continuare ad essere veramente sé stessi, ad aggrapparsi alle loro vite e convinzioni passate ma devono cambiare anche loro di conseguenza. Durante il viaggio che li poterà molto lontano dallo stato della Pennsylvania, i due ragazzi si ritroveranno continuamente in situazioni pericolose, ad affrontare questioni di vita o di morte, a prendere scelte difficili e dolorose e si chiederanno spesso se l’apocalisse li abbia cambiati o se abbia semplicemente portato a galla il peggio, fino a quel momento nascosto, se le loro decisioni più discutibili sono frutto delle circostanze o della malvagità insita dentro di loro e quindi a riflettere sul bene e sul male, su su quali basi esattamente una persona può essere definita buona oppure cattiva, se un’azione moralmente sbagliata possa in realtà essere giustificata se la si compie per le giuste ragioni, perché si vuole proteggere sé stessi o qualcuno che ci è caro. Insomma, io ho trovato veramente interessante il percorso introspettivo ed emotivo che Andrew e Jamie – e quindi di conseguenza i lettori – compiono nel corso di All That’s Left in The World e credo pure che l’autore l’abbia gestito nel migliore de modi.

Un altro punto a favore di All That’s Left in The World ma soprattutto di Erik J. Brown è non aver rinunciato ad inserire ed affrontare temi che magari durante e dopo un apocalisse potrebbero sembrare insignificanti, ma che in realtà non lo sono affatto, come ci viene poi effettivamente mostrato proprio durante il romanzo: l’autore tocca quindi argomenti come l’omofobia ed, in minor parte, il razzismo ma anche, per esempio, la scoperta della propria sessualità e tutte le emozioni contrastanti che l’accompagnano, perché anche se il mondo non è più lo stesso, la vita va avanti e anche quando ce la mettiamo tutta raramente riusciamo davvero ad impedirci di non provare nulla. Quindi, così come Andrew e Jamie non potranno fare niente per i sentimenti sempre più forti che inizieranno a provare l'uno per l'altro, così alcuni personaggi non si faranno problemi a mostrare la loro ignoranza, omofobia e razzismo.

All That’s Left in The World è, senza dubbio, un romanzo importante: quante volte al centro di storie del genere vengono posti personaggi LGBTQ+? Molto ma molto raramente (e quasi mai in ruoli da protagonisti); il primo romanzo (young adult) di Erik J. Brown è quindi una ventata d’aria fresca, un passo fondamentale e necessario verso la giusta direzione. A parte questo però, bisogna anche ammettere che All That’s Left in The World non aggiunge praticamente nulla di nuovo al genere: a provocare la fine del mondo è un “semplice” (passatemi il termine) virus, di cui l’autore tra l’altro ci rivela solo il minimo indispensabile ma sinceramente, da questo punto di vista, non mi aspettavo nulla di diverso, il viaggio compiuto da Jamie ed Andrew (sia effettivo che psicologico) è un viaggio compiuto già da tanti altri prima di loro. Non fraintendetemi: non è che un prodotto per essere apprezzato e valido debba essere innovativo ed originale al 100%, anzi, io comunque ho apprezzato tantissimo All That’s Left in The World, solo che - come ho già sottolineato all’inizio di questa recensione – in questo caso le aspettative mi hanno giocato proprio un brutto scherzo dato che io mi aspettavo onestamente qualcosa di più. Oltre a ciò, non posso negare che la storia d’amore tra Jamie e Andrew mi abbia, purtroppo, convinta solo in parte. Innanzitutto, ci tengo a precisare che, per me, la storia d'amore è un elemento imprescindibile di All That’s Left in The World ed infatti non so quanto il libro mi sarebbe piaciuto senza: serve ad alleggerire la narrazione e a stemperare la tensione sempre alta, senza contare che rappresenta quel faro di luce e di speranza che in una storia per di più cupa ed angosciante come questa è d'obbligo. La storia di Andrew e Jamie dovrebbe essere uno slow burn ed effettivamente i due
si dichiarano soltanto negli ultimissimi capitoli del romanzo
, il fatto è che io ho avuto comunque l'impressione che si sia passati da una fase all'altra del loro rapporto un po' troppo velocemente - probabilmente anche a causa di quei brevi ma frequenti salti temporali - e avrei tanto voluto che l'autore si fosse soffermato di più sull'evoluzione dei sentimenti dei due protagonisti di All That’s Left in The World.

Tutto ciò però non toglie assolutamente che All That’s Left in The World sia una validissima storia post-apocalittica con una trama coinvolgente, dei bellissimi personaggi e delle riflessioni importanti che io mi sento di consigliare sia agli amanti sia a chi vuole approcciarsi per la prima volta al genere! (less)