A review by cristinabia
Ogni storia d'amore è una storia di fantasmi. Vita di David Foster Wallace by D.T. Max, Alessandro Mari

4.0

Scrivere di DFW mi fa sentire "stroncata tra le pale dei mulini". Oltre alla peggior voyer. Un avvoltoio che tenta di carpire brandelli della vita di uno scrittore tra le righe di un altro che ne parla. Io non avevo capito che era stato così male così a lungo. Io mi sento in colpa nei suoi confronti. Mi sento in colpa per l'interesse un po' morboso (la peggior voyer, come dicevo) che mi suscita la sua vita, la sua malattia, il suo percorso. Cercavo i dettagli delle sue paranoie e delle sue dipendenze, un po' simile a quegli individui che grattano il fondo del barile e si imbattono nei residui scadenti di quello che in origine poteva essere ottimo.
Mi sento in colpa perché mi sento un'orfana illegittima ed egoista, l'ho già detto nel commento di "tennis tv...", chi sono io per piangere le parole che non scriverà quando dovrei rispettosamente tacere grata per quelle che ha scritto e lasciare il dolore a che gli è stato vicino?
Mi sento in colpa perché ho amato i suoi saggi più dei suoi racconti (IJ mi aspetta, non appena recupererò un attimino di serenità nei confronti di questi cazzo di scrittori disturbanti che hanno attanagliato l'ultimo periodo), senza sospettare quanto lo addolorasse la facilità con cui tirava fuori questa non-fiction quando avrebbe voluto concentrarsi sulla narrativa.
Mi sento in colpa perché sono (del tutto illegittimamente) arrabbiata con la moglie di DFW che non l'ha guardato a vista quando stava così evidentemente affondando, e ha detto in un'intervista di un paio d'anni fa che il suo genio e la sua follia erano fusi nella solita persona solo per un caso fortuito, non autoalimentati, due facce indissolubili di una stupenda precaria medaglia, come (ancora, totalmente illegittimamente) pretendo di sostenere io.
Mi sentivo tanto più in colpa quanto più procedevo nella lettura di queste pagine. David non si è mai fermato. Ha combattuto non solo sul fronte, tutto personale, della malattia, ma ha portato avanti anche quella battaglia universale che ognuno di noi dovrebbe tenere a mente, costantemente, la perpetua scalata al migliorarsi e a non indulgere nell'assoluzione di quei difetti di cui talvolta arriviamo a diventare fieri, ostentando sufficienza e nascondendo i dietro un "sono fatta così". Nonostante l'assedio lui è andato avanti. Ha ricostruito indefesso tra le macerie di una depressione invalidante. Avrei voluto che continuasse questa sua guerra. Immagino si debba dire che a un certo punto l'ha persa. Non posso però pensare che questo tolga qualcosa al suo immenso valore, come scrittore e come uomo.