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A review by edithjoyce
I Melrose by Edward St. Aubyn
2.0
Sono vagamente delusa dopo aver letto questo libro.
Sarà che avevo delle aspettative tremendamente alte che sono state disattese in maniera piuttosto evidente.
Dico due cose: il primo libro è bello. Niente di trascendentale, ma bello. La sua prosa è eccezionale (è ciò che gli ha fatto guadagnare le 2 stelle) e lo è per tutti i cinque libri, ma l'uso che fa di questa prosa nei libri successivi? A dir poco discutibile.
Homo sum, humani nihil a me alienum puto.
Sono un essere umano, niente di ciò ch'è umano ritengo a me estraneo.
Non sto quindi qui a contestare i contenuti estremamente espliciti e crudi. Fanno parte del lato orribile della vita. Esistono. Perché censurarli?
Ma il resto? Pagine e pagine di dialoghi forzatamente astuti, dialoghi su fuffa aristocratica che credo riuscirebbero ad annoiare perfino gli aristocratici stessi.
Pagine e pagine di dettagli veramente non necessari ai fini della trama - che è praticamente inesistente.
Il libro si maschera un po' dietro al "romanzo psicologico" per nascondere sotto al tappeto il fatto che non accade davvero nulla. Funerali lunghi cento pagine, riflessioni sulla droga che neanche in trainspotting erano così preponderanti e, concedetemelo, un po' di atteggiamento apologetico nei confronti di David Melrose. Pipponi psicologici/psicoanalitici un po' stereotipati e superficiali, ma sarà deformazione professionale, non so.
Se avesse riassunto tutto in duecento pagine (e non in 922!), con la sua prosa piacevole e chiara, gli avrei dato tre stelle e mezzo. Pure quattro, dai. Ma pagine e pagine di dettagli completamente irrilevanti me l'hanno fatto un po' scendere di traverso. E lo dice una che ama i mattoni.
Peccatissimo.
Sarà che avevo delle aspettative tremendamente alte che sono state disattese in maniera piuttosto evidente.
Dico due cose: il primo libro è bello. Niente di trascendentale, ma bello. La sua prosa è eccezionale (è ciò che gli ha fatto guadagnare le 2 stelle) e lo è per tutti i cinque libri, ma l'uso che fa di questa prosa nei libri successivi? A dir poco discutibile.
Homo sum, humani nihil a me alienum puto.
Sono un essere umano, niente di ciò ch'è umano ritengo a me estraneo.
Non sto quindi qui a contestare i contenuti estremamente espliciti e crudi. Fanno parte del lato orribile della vita. Esistono. Perché censurarli?
Ma il resto? Pagine e pagine di dialoghi forzatamente astuti, dialoghi su fuffa aristocratica che credo riuscirebbero ad annoiare perfino gli aristocratici stessi.
Pagine e pagine di dettagli veramente non necessari ai fini della trama - che è praticamente inesistente.
Il libro si maschera un po' dietro al "romanzo psicologico" per nascondere sotto al tappeto il fatto che non accade davvero nulla. Funerali lunghi cento pagine, riflessioni sulla droga che neanche in trainspotting erano così preponderanti e, concedetemelo, un po' di atteggiamento apologetico nei confronti di David Melrose. Pipponi psicologici/psicoanalitici un po' stereotipati e superficiali, ma sarà deformazione professionale, non so.
Se avesse riassunto tutto in duecento pagine (e non in 922!), con la sua prosa piacevole e chiara, gli avrei dato tre stelle e mezzo. Pure quattro, dai. Ma pagine e pagine di dettagli completamente irrilevanti me l'hanno fatto un po' scendere di traverso. E lo dice una che ama i mattoni.
Peccatissimo.