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chiara_casoli 's review for:
La rinascita di Shen Tai
by Guy Gavriel Kay
E il mondo non è più rotto di quanto non lo sia sempre stato. Sempre.
La rinascita di Shen Tai è una storia raccontata impeccabilmente da un maestro nel ricreare atmosfere leggendarie; un eco di maestosa solennità pervade tutte le pagine, descrivendo un mondo che riporta (nemmeno troppo velatamente) allo splendore dell'antico impero cinese, in cui i destini dei vari personaggi prendono vita, si intrecciano, si scontrano, senza mai abbandonare il sentiero che è già stato immancabilmente prescritto. E' proprio questo, a mio modesto parere, il punto di forza del romanzo: il tono profetico (a volte persino un po' troppo secondo i miei gusti) con cui tutta la narrazione prende vita, il continuo richiamo al fato prestabilito tipico delle atmosfere orientali, un'impostazione quasi epica dello scorrere degli eventi, raccontati come fatti inevitabili, registrati dagli storici ed arricchiti dal mito dove la ragione umana non può dare spiegazioni.
Quello di Guy Gavriel Kay è un romanzo autoconclusivo che non ha niente da invidiare ad opere ben più "ampie"; i personaggi sono ben caratterizzati, approfonditi quando serve, mai banali o scontati. Pecca, secondo un punto di vista del tutto personale, un po' il worldbuilding: non è necessario un notevole sforzo di fantasia per sovrapporre una qualsiasi cartina della Cina ed ottenere le esatte posizioni dei luoghi e delle strade immaginati dall'autore; persino la Muraglia cinese compare, seppur travestita da un nome diverso (le Lunghe Mura).
Ultima nota: questo è il secondo romanzo che leggo di questo autore, che sto enormemente apprezzando. Nel primo caso ho letto Il paese delle due lune (che per inciso, mi è piaciuto di più), e mi ero interrogata sulla strana scelta di trasformare un titolo come Tigana in qualcosa che richiama ad una saga avventurosa di bassa lega, se non peggio. Qui invece, Under Heaven è diventato il rinascere di qualcuno, che è il protagonista, d'accordo, ma non è nemmeno l'unico: la sorella di Shen Tai, Li-Mei, domina la parte centrale del romanzo, e non si capisce bene come il titolo scelto dagli editori italiani debba renderle giustizia. Capisco che il fantasy non sia esattamente il genere letterario più in vista nel nostro panorama letterario, ma di sicuro se si smettesse di sparare titoli da Indiana Jones (provate ad immaginarli come sottotitoli per la saga: starebbero benissimo) e abbinarci copertine che sembrano pescate a caso da un bidone di trash fantasy stile vintage, la situazione non potrebbe che migliorare.
La rinascita di Shen Tai è una storia raccontata impeccabilmente da un maestro nel ricreare atmosfere leggendarie; un eco di maestosa solennità pervade tutte le pagine, descrivendo un mondo che riporta (nemmeno troppo velatamente) allo splendore dell'antico impero cinese, in cui i destini dei vari personaggi prendono vita, si intrecciano, si scontrano, senza mai abbandonare il sentiero che è già stato immancabilmente prescritto. E' proprio questo, a mio modesto parere, il punto di forza del romanzo: il tono profetico (a volte persino un po' troppo secondo i miei gusti) con cui tutta la narrazione prende vita, il continuo richiamo al fato prestabilito tipico delle atmosfere orientali, un'impostazione quasi epica dello scorrere degli eventi, raccontati come fatti inevitabili, registrati dagli storici ed arricchiti dal mito dove la ragione umana non può dare spiegazioni.
Quello di Guy Gavriel Kay è un romanzo autoconclusivo che non ha niente da invidiare ad opere ben più "ampie"; i personaggi sono ben caratterizzati, approfonditi quando serve, mai banali o scontati. Pecca, secondo un punto di vista del tutto personale, un po' il worldbuilding: non è necessario un notevole sforzo di fantasia per sovrapporre una qualsiasi cartina della Cina ed ottenere le esatte posizioni dei luoghi e delle strade immaginati dall'autore; persino la Muraglia cinese compare, seppur travestita da un nome diverso (le Lunghe Mura).
Ultima nota: questo è il secondo romanzo che leggo di questo autore, che sto enormemente apprezzando. Nel primo caso ho letto Il paese delle due lune (che per inciso, mi è piaciuto di più), e mi ero interrogata sulla strana scelta di trasformare un titolo come Tigana in qualcosa che richiama ad una saga avventurosa di bassa lega, se non peggio. Qui invece, Under Heaven è diventato il rinascere di qualcuno, che è il protagonista, d'accordo, ma non è nemmeno l'unico: la sorella di Shen Tai, Li-Mei, domina la parte centrale del romanzo, e non si capisce bene come il titolo scelto dagli editori italiani debba renderle giustizia. Capisco che il fantasy non sia esattamente il genere letterario più in vista nel nostro panorama letterario, ma di sicuro se si smettesse di sparare titoli da Indiana Jones (provate ad immaginarli come sottotitoli per la saga: starebbero benissimo) e abbinarci copertine che sembrano pescate a caso da un bidone di trash fantasy stile vintage, la situazione non potrebbe che migliorare.