benedettatava 's review for:

Compulsion by Meyer Levin
3.0

Per essere al di sopra e al di là della legge, l'autore del delitto non deve essere spinto dal bisogno né da altri moventi emotivi tipicamente umani quali la lussuria, l'odio o l'avidità. In tal caso il delitto è puro atto, il gesto di un essere assolutamente libero, di un superuomo.


Il grande pregio dell’opera di Levin è riuscire ad analizzare le motivazioni e i comportamenti dei colpevoli di un terribile caso realmente accaduto senza mai risultare scabroso, moralista, o al contrario giustificarne le azioni. La prosa è scorrevole e brillante, ma il ritmo dell’opera subisce un brusco rallentamento nell’ultima parte, dove viene presentato il resoconto del processo nei suoi minimi particolari, e l’attenzione si sposta dal caso in questione a discussioni sui massimi sistemi, in particolare il valore giuridico dell’infermità mentale e la giustizia della pena di morte.

Elemento notevole è come il romanzo riesca a immergere il lettore nella prospettiva dell’epoca dei fatti senza che questa però prenda il sopravvento su una narrazione che, perlopiù, non esprime giudizi. Il lettore ha l’opportunità di osservare i due assassini da diversi punti di vista: il loro proprio, quello dell’opinione pubblica, degli amici, del giornalista protagonista (alterego dell’autore) e degli psichiatri che li interrogheranno.

SpoilerIn conclusione nessuna risposta definitiva viene data a spiegare il comportamento criminale di Juud e Artie, varie questioni centrali che rimangono eternamente insolute: i due ragazzi avrebbero ucciso lo stesso se non si fossero incontrati? Juud sarebbe “guarito” se non fosse stato arrestato? I due hanno cercato inconsciamente di farsi scoprire? I loro disturbi mentali possono essere davvero un’attenuante al terribile crimine da loro commesso? Al lettore l’ardua sentenza.