A review by marcovaglica
Accabadora by Michela Murgia

4.0

La Sardegna degli anni Cinquanta fa da sfondo alla storia di Maria, una figlia dell’anima. La madre della bambina non è, infatti, la madre biologica, ma una vecchia sarta, Tzia Bonaria Urrai. Il suo personaggio, lo si capisce dalle primissime pagine del libro, è misterioso, perché con uno scialle, e tutta vestita di nero, Bonaria Urrai esce di casa, certe notti, per compiere un gesto amorevole e pietoso, il gesto di far sì che il destino si compia.

Un libro che, per certi versi, ricorda “L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio, dove è centrale il tema delle madri che donano i propri figli. Malgrado le descrizioni poco approfondite dei personaggi, la narrazione è ben strutturata, e la prosa risulta scorrevole e incalzante.

Michela Murgia ha scritto una storia potente, attuale per il tema che tratta - l’eutanasia -, cupa e misteriosa per le vicende e l’ambientazione. Insomma un grande romanzo di una grande scrittrice che merita il proprio successo.

«Come gli occhi della civetta, ci sono pensieri che non sopportano la luce piena. Non possono nascere che di notte, dove la loro funzione è la stessa della luna, necessaria a smuovere maree di senso in qualche invisibile altrove dell’anima».