A review by arthurgdean
L'ultima intervista by Eshkol Nevo

3.0

Recensione presente anche sul blog Book Lover

Di Nevo avevo già letto una raccolta di racconti che mi è piaciuta molto, quindi ho deciso di leggere un suo romanzo.

L'ultima intervista è un romanzo in prima persona il cui protagonista è uno scrittore che decide di rispondere a un'intervista; dilungandosi nelle risposte, il protagonista ci parla della sua vita, dai problemi familiari alla malattia del suo migliore amico, dai suoi ricordi del passato alla scrittura.

L'idea mi era sembrata davvero buona e particolare, ma tra impegni vari e poca voglia di leggere ci ho messo un secolo per finirlo. Questo secondo me me lo ha fatto sentire "pesante", come una zavorra che mi portavo dietro ovunque e che cercavo invano di finire.

Si tratta inoltre di un romanzo che di solito non avrei preso in mano, in quanto non è nei miei generi preferiti. Comunque, ho apprezzato vari paragrafi e alcuni pezzi della storia, che secondo me sono scritti e tradotti molto bene.

Il protagonista è a tratti inaffidabile, mente spudoratamente per poi dire, alcune righe o pagine dopo, di aver detto una balla e che le cose si erano svolte in modo diverso. Non è neanche molto simpatico, a dire il vero, ma è stato interessante vederlo alle prese con la distimia e con la sua vita di scrittore. Personalmente non è un personaggio che mi è capitato di incontrare spesso nelle mie letture ed il suo punto di vista è stato... particolare. Molto bello è stato, poi, vedere il rapporto con Ari, il suo amico di sempre.

Personaggi molto importanti nel corso del romanzo sono i membri della famiglia del protagonista: Dikla, la moglie che si è stufata di lui e con cui il rapporto sta andando a rotoli; Shira, la figlia maggiore, la prediletta, che se n'è andata in collegio e che non vuole più parlare col padre; Noam, la figlia di mezzo, il cui bat-mitzva sarà una data determinante per il rapporto tra i genitori; e il piccolo Yanai, che mente sempre e si inventa un sacco di storie, tanto da creare problemi ai genitori.

Se Noam quasi scompare, in realtà, Yanai e Shira prendono una parte importante del romanzo e diventano quasi reali nei loro silenzi e nelle loro parole.

Dikla, poi, è quella che ha più voce di tutti. Anche lei l'ho trovata piuttosto antipatica, a essere onesti, ma quel che attira l'attenzione del lettore è il suo continuo contrasto col marito. Lo mette di fronte a fatti reali, fatti che lui sembra o vuole ignorare. Lo costringe, in pratica, a tornare alla realtà.

Anche Ari fa lo stesso, ma in modo diverso. La sua malattia lo lascia debilitato per la maggior parte del tempo, ma leggiamo diversi ricordi e diversi consigli che l'amico dà al protagonista. Si tratta di una persona estremamente importante nella vita dello scrittore, e il suo apporto sarà fondamentale.

Nel complesso si tratta di personaggi molto ben costruiti, umani nelle loro peculiarità, nei loro difetti, nei loro problemi.

Come ho detto precedentemente, la traduzione sembra molto ben fatta (non conosco abbastanza l'ebraico per avere un vero e proprio giudizio) e il libro scorre piuttosto bene. Ho trovato lo stile di scrittura privo di fronzoli e, più che altro, si tratta di una storia guidata dai personaggi.

Insomma, un buon libro che forse mi sarebbe piaciuto di più se avessi potuto leggerlo tutto di fila e non con un sacco di pause...