A review by logolepsy_e
Trilogia della città di K. by Ágota Kristóf

5.0

Nella Grand Città è scoppiata la guerra. Ci sono le bombe, ma niente da mangiare. Una coppia di gemelli viene portata dalla Mamma in un Piccolo Paese e lì vengono lasciati dalla Nonna, una donna vecchia e indurita dal lavoro nei campi che al Paese chiamano La Strega. Lei chiaramente non prova nessun affetto per loro, almeno non all'inizio. Ma i due gemelli sanno farsi forza e imparano a lavorare , a resistere agli insulti, alle botte e alla fame e presto si costruiscono dalla Nonna la loro nuova vita, fatta di lavoro nei campi, spettacoli nelle osterie e circondata da personaggi curiosi e disturbanti che insieme formano un mosaico di miseria e disperazione che ben rispecchia i tempi di guerra in un paese dell'Est. Questo mosaico li accompagnerà per gli anni della loro infanzia, finché un avvenimento particolare non li porterà a prepararsi ad affrontare un'altra prova, forse la più grande: quella della separazione.

Quello di Agota Kristoff non è un libro, ma un'esperienza. E' una storia che sconvolge, strazia, ma che al contempo coinvolge, cattura, ipnotizza. Non sembra, non lo immaginavo, eppure è uno di quei libri che non ero in grado di mettere giù. Pensavo di trovare una storia bella ma triste, ma uno sconvolgimento del genere no, non me l'aspettavo proprio.

La cosa pazzesca di questa trilogia è che all'interno di tre libri l'autrice è in grado di cambiare tutto, più volte, rompendo spesso il patto con il lettore e stravolgendo tutto quello che egli ha imparato fino a quel momento. La trilogia si articola in tre momenti, e ognuno di essi è diverso dall'altro, parte da diversi presupposti e raggiunge vette differenti. Il libro si apre con una fiaba, un racconto narrato senza nomi, senza riferimenti, presentando solo i fatti senza dare minimamente spazio ai pensieri dei protagonisti. E' una fiaba oscura, certo, una fiaba che ci racconta gli orrori della guerra e dei regimi totalitari. Una fiaba straziante e piena di dolore, come fosse un bosco buio che i protagonisti devono attraversare. Poi la storia continua, dal primo libro si passa al secondo e dalla scrittura lapidaria passiamo a una struttura leggermente diversa: i personaggi adesso hanno dei nomi, parlano di più, alcuni di loro si raccontano. Poi le cose iniziano a complicarsi, i fatti si mischiano con la finzione ed arriviamo a trovarci di fronte a un mistero che confonde noi lettori e che non vediamo l'ora di sbrogliare, anche se abbiamo paura di conoscere la soluzione. Ed essa arriva poi nel terzo capitolo, che rappresenta la verità, la scoperta, lo stravolgimento finale e l'ultimo tradimento dell'autrice.

Tutto questo accade accompagnato da una scrittura pazzesca. Inaspettata e inusuale, ma incredibilmente adatta a veicolare questa storia. Perché quella della Kristoff qui è una scrittura asciutta, essenziale, lapidaria. Scarna, scevra da ogni vezzo o abbellimento, lo stile si prostra completamente al servizio della storia. Per l'intera durata del libro, i sentimenti dei protagonisti e dei vari personaggi non traspariranno mai: non c'è introspezione, non c'è commento di sorta, la scrittura è completamente impersonale. Didascalica, si limita a presentare i fatti per quello che sono, senza lasciar filtrare neanche uno spiraglio di qualcosa che non siano puramente gli accadimenti. E' una scrittura sincera, che non nasconde niente, brutalmente onesta. Per qualcuno potrebbe sembrare un po' troppo strana, ma non c'è niente che si adatti meglio al tipo di storia che la Kristoff ci presenta.

In questo romanzo l'autrice dimostra, inoltra, un'incredibile maestria nel gestire l'intreccio. Le sue menzogne e i suoi inganni sono strutturati in maniera incredibilmente sapiente, credibile, efficace. Il lettore parte da una certezza, si trova poi ad affrontare dei dubbi e infine si rende conto della "grande menzogna", ma quando arriva alla fine per scoprire la verità, non ne rimane deluso: tutto quel che può fare è applaudire l'efficacia dell'inganno che l'autrice ha saputo tessere.

Insomma, la lettura migliore dell'anno finora. E' libro che fa soffrire, senza dubbio, ad ogni pagina. Instilla nel lettore dubbi, dolore, strazio. Ma lo fa in un modo pazzescamente bello, e qui sta la sua grande forza.
Indubbiamente un capolavoro della letteratura contemporanea.