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larka_fenrir 's review for:

La tregua by Primo Levi
4.0

Profondamente diverso rispetto al precedente libro [b:Se questo è un uomo|1541765|Se questo è un uomo|Primo Levi|https://images.gr-assets.com/books/1296224487s/1541765.jpg|851110] di [a:Primo Levi|4187|Primo Levi|https://images.gr-assets.com/authors/1397346875p2/4187.jpg], l'autore narra la sua Odissea: sono passati ormai mesi da quando è stato liberato dal campo di concentramento, ma la strada per il ritorno è ancora lunga. Tra campi di sosta, stazione ferroviarie e lunghe e snervanti giorni trascorsi nei vagoni merci di una vecchia locomotiva a vapore, l'autore narra della sua speranza, del suo desiderio e della sua nostalgia di casa; degli espedienti con cui è sopravvissuto a quest'ennesima avventura; delle persone che ha incontrato e dell'accoglienza che ha ricevuto dal popolo russo.

Tra tutti i racconti di vita di cui il romanzo è imbevuto, mi sono rimasti particolarmente nel cuore due personaggi: il Moro ed una tedesca che si è fermamente opposta a Hitler.
Del Moro mi ha colpito la sua storia, che forse spiega il suo carattere "particolare".

Il Signor Unverdorben sapeva sul Moro assai più cose di noi: apprendemmo in quella occasione che il Moro non era (o non era soltanto) un vecchio lunatico. L'involto aveva un perchè, e così pure lo aveva la vita errante del vecchio. Vedovo da molti anni, aveva una figlia, una sola, ormai quasi cinquantenne, e questa era a letto paralizzata: non sarebbe guarita mai. Per questa figlia il Moro viveva: le scriveva ogni settimane lettere destinate a non pervenirle; per lei sola aveva lavorato per tutta la vita, ed era diventato moro come il legno di noce e duro come la pietra. Per lei sola, in giro per il mondo da emigrante, il Moro insaccava tutto quanto gli capitava a tiro, qualunque oggetto che presentasse anche solo la minima possibilità di essere goduto o scambiato.


Della tedesca residente in Polonia il suo coraggio, il rispetto e la stima provata nei suoi confronti; l'avermi portato a pensare quanti piccoli eroi esistevano a quei tempi, il pericolo che hanno corso; il domandarmi se le persone "comuni" possono avere tanta forza e coraggio da influenzare minimamente la storia, far sentire la propria voce; a domandarmi il fatidico "se".

Era consapevole di Auschwitz, e tutto quanto riguardava Auschwitz la interessava, perchè aveva rischiato di andarci. Non era polacca, era tedesca: a suo tempo, teneva bottega a Berlino, con suo marito. A loro, Hitler non era mai piaciuto, e forse erano stati troppo incauti nel lasciar trapelare fra il vicinato queste loro opinioni singolari: nel 1935 suo marito era stato portato via dalla Gestapo, e non ne aveva mai più saputo niente. Era stato un grande dolore, ma mangiare bisogna, e lei aveva continuato nel suo commercio fino al '38, quando Hitler, "der Lump", aveva fatto alla radio il famoso discorso in cui dichiarava che voleva fare la guerra.
Allora lei si era indignata e gli aveva scritto. Gli aveva scritto personalmente, "Al Signor Adolf Hitler, Cancelliere del Reich, Berlino", mandandogli una lunga lettera in cui gli consigliava fermamente di non fare la guerra perchè troppe persone sarebbero morte, e inoltre gli dimostrava che se l'avesse fatta l'avrebbe perduta, perchè la Germania non poteva vincere contro tutto il mondo, e anche un bambino l'avrebbe capito. Aveva firmato con nome, cognome e indirizzo: poi si era messa ad aspettare.
Cinque giorni dopo erano venute le camicie brune, e col pretesto di fare una perquisizione le avevano saccheggiato e sconquassato casa e bottega. Cosa avevano trovato? Nulla, lei non faceva della politica: soltanto la minuta della lettera. Due settimane dopo l'avevano chiamata alla Gestapo. Pensava che l'avrebbero picchiata e spedita in Lager: invece l'avevano trattata con disprezzo sguaiato, le avevano detto che avrebbero dovuto impiccarla, ma si erano convinti che lei era solo "eine alte blöde Ziege", una vecchia stupida capra, e che per lei la corda sarebbe stata sprecata. Però le avevano ritirato la licenza di commercio e l'avevano espulsa da Berlino.
Aveva vivacchiato in Slesia di borsa nera e di espedienti, finchè, secondo le sue previsioni, i tedeschi non avevano perso la guerra. Allora, poichè tutto il vicinato sapeva quello che lei aveva fatto, le autorità polacche non avevano tardato a concederle la licenza per un negozio di commestibili. Così ora viveva in pace, fortificata dal pensiero di quanto migliore sarebbe stato il mondo se i grandi della terra avessero seguito i suoi consigli.