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valeriatriglia 's review for:
La cerimonia della vita
by Gianluca Coci, Sayaka Murata
reflective
fast-paced
Plot or Character Driven:
Plot
Ormai siamo coscienti dei temi che andremo ad affrontare quando si apre un libro di Murata Sayaka. Ormai ne siamo affascinati, attirati come falene alla luce, non ne riusciamo a fare a meno.
Così iniziamo a leggere e ben presto ci facciamo assorbire dall’inchiostro delle parole, divenendo noi parte di questo organismo. E chissà se come Sanae del racconto “Puzzle”, anche la scrittrice possa provare quella stessa famelica felicità.
La maggior parte dei racconti de “La cerimonia della vita” girano attorno al concetto di cibo, un aspetto molto importante per il Giappone che assume un significato profondo tra le relazioni interpersonali. Questo aspetto è talmente intrinseco nella loro cultura da farne un vero e proprio punto focale nei lavori di Miyazaki, per fare un esempio.
E di cibo si parla nel primo racconto “La cerimonia della vita” che ne da il titolo all’opera. Qui non si hanno dei personaggi e contesti completamente alieni che esaltano la distopia del loro mondo (o sono io ad essermi adattata alla penna di Murata?!). C’è una ricerca più interiore che li spinge o meno ad adattarsi al loro mondo. Anche se è interessante come gli anziani abbiano interiorizzato una tradizione cannibale che fino a trent’anni prima era considerata un tabù.
Tra la prima storia e la seconda, che prende il titolo di “Materiale di prima qualità”, si trovano argomenti che seguono binari paralleli, che a tratti divergono in senso opposto. Si parla in entrambi i casi del prendersi cura del proprio corpo per metterlo a disposizione della società una volta che si è deceduti.
Il primo caso è incentrato a livello alimentare in quanto ciò che si mangia altera il gusto della carne e attraverso questa coinvolge la sfera interiore poiché cibandoti della mia carne, diventi parte di me e attraverso me ti faccio rinascere a nuova vita.
Nel secondo racconto ci si vuole prendere cura dell’aspetto esteriore dal momento che capelli, unghie, ossa e pelle vengono riciclati per abbigliamento e costosissimi mobili d’arredo alla moda che faranno sentire un elitario chiunque ne sia in possesso.
In generale è un libro che ti fa porre una domanda dietro l’altra su cosa sia per noi la normalità e quando la consideriamo spezzata.
Le tue tradizioni valgono solamente quando rientrano tra le mie? E se nonostante il disgusto, le accettassi in quanto parte della tua cultura, quando questo tacito patto si rompe? Murata ha voluto rispondere a questa domanda in modo alquanto scanzonato nel racconto “Un lauto banchetto” che mi ha creato un piccolo Big Bang mentale per quanto il concetto sia vicino al nostro quotidiano.