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A review by diffrazioni
Tra i bianchi di scuola by Espérance Hakuzwimana
Se ne occupi la scuola
Di solito, quando in Italia un problema di comportamento, di relazione, di vivere civile finisce nei dibattiti nazionali, qualcuno se ne esce con la frase «bisogna occuparsene a scuola». La scuola deve prevenire le violenze di genere, gli incidenti stradali, deve educare alla buona alimentazione, deve occuparsi di salute, deve insegnare a muoversi su internet...
Poi, però, bisognerebbe chiedersi: ma la scuola, gli strumenti per fare tutte queste cose, ce li ha? Ad esempio, la scuola è in grado di comportarsi come si deve nei confronti di giovani con alle spalle una storia di immigrazione? Tra i bianchi di scuola dà molte risposte, spesso poco confortanti.
Di fatto, la scuola italiana è multietnica. Lo è diventata da qualche tempo, lo sta diventando sempre di più. Una realtà che andrebbe riconosciuta e gestita. Ma la scuola fatica a farlo e non è che la colpa sia tutta di chi nella scuola ci lavora ogni giorno.
La scuola italiana è inserita in un paese che sull'immigrazione vuole essere stupido, paranoico e crudele: basti pensare al fatto che nega la cittadinanza a persone che qui sono nate, qui sono cresciute, qui lavorano, che conoscono la storia dell'Italia come e meglio di chi proviene da famiglie che ci vivono da generazioni e generazioni. Che parlano l'italiano meglio di diversi politici che quella cittadinanza gli negano (sì, è una battuta populista, il problema è che non è solo una battuta).
«Avevamo nomi difficili, con una sequenza diversa da quella degli altri», scrive Hakuzwimana citando le tante voci che ha raccolto in diversi anni, «ma nessuno ci aveva spiegato che quei nomi potessero essere visti come ostacoli [...] Se c'è una cosa che abbiamo capito in questi anni, è che l'appello ha spiazzato sempre più chi lo pronunciava, non chi lo componeva».
È un libro che descrive un mondo e che ci aiuta a far sì che non sia un mondo a parte.
Di solito, quando in Italia un problema di comportamento, di relazione, di vivere civile finisce nei dibattiti nazionali, qualcuno se ne esce con la frase «bisogna occuparsene a scuola». La scuola deve prevenire le violenze di genere, gli incidenti stradali, deve educare alla buona alimentazione, deve occuparsi di salute, deve insegnare a muoversi su internet...
Poi, però, bisognerebbe chiedersi: ma la scuola, gli strumenti per fare tutte queste cose, ce li ha? Ad esempio, la scuola è in grado di comportarsi come si deve nei confronti di giovani con alle spalle una storia di immigrazione? Tra i bianchi di scuola dà molte risposte, spesso poco confortanti.
Di fatto, la scuola italiana è multietnica. Lo è diventata da qualche tempo, lo sta diventando sempre di più. Una realtà che andrebbe riconosciuta e gestita. Ma la scuola fatica a farlo e non è che la colpa sia tutta di chi nella scuola ci lavora ogni giorno.
La scuola italiana è inserita in un paese che sull'immigrazione vuole essere stupido, paranoico e crudele: basti pensare al fatto che nega la cittadinanza a persone che qui sono nate, qui sono cresciute, qui lavorano, che conoscono la storia dell'Italia come e meglio di chi proviene da famiglie che ci vivono da generazioni e generazioni. Che parlano l'italiano meglio di diversi politici che quella cittadinanza gli negano (sì, è una battuta populista, il problema è che non è solo una battuta).
«Avevamo nomi difficili, con una sequenza diversa da quella degli altri», scrive Hakuzwimana citando le tante voci che ha raccolto in diversi anni, «ma nessuno ci aveva spiegato che quei nomi potessero essere visti come ostacoli [...] Se c'è una cosa che abbiamo capito in questi anni, è che l'appello ha spiazzato sempre più chi lo pronunciava, non chi lo componeva».
È un libro che descrive un mondo e che ci aiuta a far sì che non sia un mondo a parte.