A review by ely76ch
Last and First Men by Olaf Stapledon

5.0

Un senso di vertigine.
Il titolo italiano, "infinito", ben si adatta a questo libro, che non potrei nemmeno definire un romanzo in senso stretto.
Non c'è un o una protagonista.
Non vi sono le classiche funzioni di Propp del racconto. Non c'è un "viaggio dell'eroe" in senso stretto, sempre che non vogliamo considerare l'Umanità, durante la sua storia nel Cosmo, come "eroe" in senso metaforico.
Partendo da un futuro ucronico visto da vicino (l'autore ha scritto questo testo nel 1930) in cui vengono descritti i decenni successivi alla prima grande guerra, la riorganizzazione delle nazioni, della politica, delle ideologie, Stapledon pian piano si allontana come con una telecamera, ma non nello spazio, quanto nel tempo.
Per cui gli anni diventano secoli, e i secoli millenni, e poi decine di migliaia di anni iniziano a separare le visioni dell'Uomo nel suo pianeta, sistema solare, universo.
Fino a far scorrere via milioni di anni come noccioline, a mazzi. Dieci, venti, cento milioni di anni.
In una serie infinita di cicli, di morti, rinascite e ricostruzioni, di lunghissimi periodi "dormienti", in cui l'intelligenza sembra svanire nell'oblio per sempre. Fino alla sua rinascita, e così via.

Vertigine. Ecco quanto mi ha lasciato questa lettura.
Non c'è un protagonista, dicevo, non un nome, una storia classica di intrecci di trama, niente.
Solo la pura e cruda descrizione del tempo che passa e di civiltà che nascono e tramontano in infinite ere.

Un viaggio indimenticabile, mistico, sconvolgente. Uno dei più bei romanzi (se così si può dire) di fantascienza classica.