A review by primix
Il cuore delle cose by Nicoletta Spadavecchia, Natsume Sōseki

3.0

Il romanzo è diviso in tre parti, nella prima si costruisce il rapporto tra il protagonista e l'uomo che lui chiama "maestro", la seconda è incentrata sul rapporto tra il protagonista e i genitori, la terza è una lettera del maestro in cui quest'ultimo ci racconta la storia della sua vita.

Essendo un libro ambientato nel Giappone del primo Novecento, incentrato sulle tradizioni che muoiono per lasciare spazio al nuovo clima occidentale, mi aspettavo più conflitto tra questi due aspetti, forse perché sono abituata ai tempi moderni e ai conflitti generazionali. Invece tutto ciò che è "vecchio" (l'imperatore, il suo generale, lo stesso maestro, ma soprattutto il loro modo di vedere il mondo) è sofferente e debole, si sente anacronistico e muore lasciando posto al nuovo. Forse il conflitto si vede più nelle aspettative dei genitori, che si aspettano che il figlio una volta completata l'università trovi subito un lavoro redditizio, mentre lui si accorge che i tempi sono ormai cambiati e questo meccanismo non è più così immediato.

Mi aspettavo un romanzo più corale, di costume, e invece no. Però basta già così in un certo senso, anche con un numero di personaggi così ridotto è chiaro ciò che l'autore vuole dirci. O meglio, NON è chiaro, ed è proprio questo in un certo modo contorto a dare senso al libro: i modi di sentire, di comportarsi, i codici di valori si sono completamente alterati e modificati, tanto da renderci incomprensibili le motivazioni e i gesti dei personaggi. Ed è proprio questo distacco la chiave di interpretazione di questo testo. Tutta la storia del maestro e di K è di fatto un guazzabuglio di comportamenti figli di un tempo lontano: l'impossibilità di comunicare, il dover nascondere i propri sentimenti, trattare la donna come un oggetto da conquistare, l'impossibilità di superare il senso di colpa e infine il suicidio come atto riparatore. Il junshi finale è un atto di fedeltà ad un'epoca ormai passata che non trova più posto nel presente, e ci risulta infatti oscura e incomprensibile.

Al netto del cambiamento della scala di valori, trovo molto negativa la caratterizzazione dei rapporti umani. Ma veramente il protagonista molla il padre sul letto di morte per andare a casa del maestro? Non sono neanche amici veri e propri. Anzi non ho ben capito il loro rapporto, ma non mi sembra in nessun caso giustificabile un'azione del genere. Anche il rapporto del maestro con la moglie mi ha fatto storcere il naso spesso, pieno com'è di forti contraddizioni. Dopo tanti anni, il maestro ancora non riesce ad accettare ciò che è accaduto e a vivere in pace la sua vita prendendosi cura della moglie come dice di voler fare, e sceglie invece di suicidarsi abbandonandola di fatto ad una vita di solitudine. Non ha voluto farsi da parte anni prima ma non è in grado di supportare questa sua scelta, finendo per fare del male soprattutto alla donna che ha sposato. Per me che leggo questo romanzo con gli occhi di una ragazza occidentale del XXI secolo è un comportamento che fa arrabbiare: ciò che ha fatto l'amico non è sua responsabilità, non è stato costretto da nessuno, il suo suicidio e la scelta di abbandonare la moglie sono invece scelte interamente sue, dettate da un mondo troppo lontano, geograficamente e temporalmente, dal mio.