A review by aleamo99
Il ritratto di Dorian Gray by Oscar Wilde

dark mysterious reflective medium-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? It's complicated
  • Loveable characters? No
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

3.75

Dorian Gray è un foglio bianco, non è un intellettuale, la sua personalità consiste unicamente nella sua innegabile bellezza: non conosce, probabilmente, neanche la sua anima. Tra il bene e il male sceglie la filosofia di vita che gli permette di vivere senza conseguenze: sceglie Lord Wotton - ipocrita e cattiva influenza - al posto di Basil Hallward, buon amico di Dorian che, al suo cospetto, è costantemente represso e imbarazzato per paura che il giovine possa scoprire la vera natura dei suoi sentimenti. La ricetta è perfetta: la vanità di Dorian sommata all'adorazione cieca di Basil sommata all'influenza di Wotton. 

Si ottiene, così, una persona orribile, incapace di addossarsi alcuna colpa. Una persona falsa, che promette di cambiare solo nel momento in cui, dopo la morte di James Vane, si sente apposto con la coscienza: ma il ritratto è là, il ritratto non mente, e Dorian non può accettarlo.

Wilde mostra che con ogni nuova esperienza perdiamo qualcosa di noi stessi nel processo: innocenza, ingenuità, bellezza. L'esperienza e la conoscenza trasformano le persone, sono il motore delle persone, ma non sono sempre utili: talvolta possono distruggerci. Mostra inoltre quanto il narcisismo qualsiasi cosa: il narcisista e le persone attorno. Dorian ha imparato che essere belli è meglio che essere buoni, che le considerazioni estetiche superano quelle morali: "tutto" è giustificabile se questo "tutto" è bello. Il suo carismo ha forza gravitazionale: risucchia tutto, influenza negativamente e distrugge. Tutto questo, ovviamente, non può durare: Gray alla lunga patisce la noia e la mancanza di senso, perché le persone come lui funzionano solo nel breve termine. Credo sia questa la morale ultima del romanzo: l'edonismo è una grande filosofia per una serata, ma terribile per tutta la vita.

I tre personaggi sono niente meno che clamorosi: ricalcano il loro tempo, ma anche il nostro, così come ricalcano lo stesso Wilde, il quale credeva di essere Basil, voleva essere Dorian ma era visto come Wotton. Si parla di edonismo, narcisismo ma anche - attraverso il ritratto - di anima: un'essenza indefinibile di te stesso che porta appresso vittorie e sconfitte e che potrebbe essere la somma del bene e del male che hai fatto e che ti hanno fatto.

Ho percepito il libro diviso in due atti: un prima e un dopo la morte di Sybil Vane. La seconda metà è più asciutta (esempio massimo il capitolo 11) e noiosa, volta a sottolineare quanto stiano diventando oscure le ossessioni di Dorian tra feste e oppio.  Il libro riesce a rimarcare quanto strano (per gli standard normali) stia diventando Dorian - il quale può permettersi il lusso di vivere così a lungo e in modo eccessivo da avere tempo e opportunità per investire in argomenti e oggetti strani - ma risulta meno dinamico. Anche troppo in alcuni punti, forse a causa della minor presenza di Wotton in scena: è il peggior personaggio ma è anche innegabilmente il più interessante.