A review by marco_freccero
La saga di Vigdis by Sigrid Undset

4.0

Siamo nella Norvegia medievale e una nave proveniente dall’Islanda approda in un fiordo. A bordo, tra gli altri, c’è Ljot che appena tredicenne ha vendicato il padre, uccidendo i suoi assassini. Ora, è un uomo.

L’equipaggio viene accolto in una casa, dove c’è una bellissima ragazza: Vigdis appunto. È anche una tipa indipendente, che non è disposta, per esempio, a sposare chi vuole il padre.

Inutile dire che tra i due giovani c’è un fatale scambio di sguardi che fa scoccare l’amore. Ma tranquilli: questa non è una storia d’amore.
È una tragedia.
Nordica però.

Perché Ljot violenta Vigdis, lei rimane incinta, partorirà e abbandonerà il neonato nel bosco. Quando lui prima di imbarcarsi alla volta dell’Islanda la incontrerà, lei gli vomita addosso tutto il suo odio. Lo maledice.

E tutte le maledizioni si avvereranno.

Ma il bambino non è morto nel bosco. Salvato, sarà infine accettato obtorto collo, come dicono quelli bravi, da Vigdis, che pensa di usare lui per la sua vendetta.

Un po’ di tempo dopo il padre di Vigdis rientra a casa gravemente ferito. Lei prende un coltello, trova i due uomini responsabili dell’aggressione, taglia loro la gola nel sonno. Nel sangue di uno si laverà le mani e le asciugherà nei capelli del morto.

Poi, col bambino fugge per scampare alla vendetta del resto del clan, mentre il padre e la fattoria bruceranno nella notte. Troverà rifugio presso una banda di briganti che l’aiuteranno. Ma per salvarle la mano sinistra dal gelo, dovranno amputarle tre dita.

In Islanda intanto Ljot vive, ma senza serenità. Si sposa con una bellissima ragazza, ha tre figli: moriranno tutti. Il suo pensiero è sempre per Vigdis, non riesce a togliersela dalla testa, e l’amore totale di sua moglie, non riesce a oscurarne il ricordo. Alla fine, anche lei muore. Ljot abbandona l’Islanda.

In fondo ho già spiegato come finisce il romanzo, quindi è del tutto inutile proseguire.
Quello che è interessante è che questo romanzo fu pubblicato nel 1909.
È una tragedia perché quel mondo medievale norvegese, solo in apparenza lontano da noi ma in realtà più vicino di quanto immaginiamo, reclama vendetta quando subisce un torto, un’ingiustizia.

E la tragedia non è nei morti, ma nel fatto che non si possa sfuggire a questo fato che pretende, e alla fine ottiene, sangue. A un prezzo altissimo, come ben sa Vigdis che nelle ultime pagine confessa.
Che cosa? Basta leggere questo romanzo!

Sigrid Undset non si compiace affatto di quello che scrive, della violenza, del sangue. Fa il suo mestiere di scrittrice e lo fa benissimo. Ci consegna una narrazione secca, essenziale, di una strana e ammaliante bellezza. Orchestra alla perfezione le parole, e intreccia con semplicità, ma anche con abilità, una storia che in fondo ci pare di avere già letto o sentito altrove.

Eppure è una storia che ci spinge ad andare avanti, a girare pagina anche se immaginiamo come sarà il finale.

La maestria di Sigrid Undset sta nel fatto di essere riuscita, in un romanzo tutto sommato piuttosto breve, a illustrare le peculiarità della tragedia in terra nordica. Una tragedia davanti alla quale anche il cristianesimo, che inizia a imporsi in quelle terre, pare in difficoltà.

Ma chissà che il pianto finale di Vigdis non sia anche la consapevolezza, nuova, dell’inutilità di una vita intera votata all’odio e alla vendetta. Perché alla fine, che cosa resta? Ben poco. Anzi: nulla.