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Senilità by Italo Svevo
4.0

Mai mi sarei aspettata che uno dei tre romanzi cardine di Svevo mi sarebbe piaciuto. Lessi qualche anno fa "Novella del buon vecchio e della bella fanciulla" ed apprezzai soprattutto lo stile di Svevo, che mi dava forte l'impressione di quello stato di dolore e confusione che deriva dalla febbre e che si può localizzare alla fronte e dietro gli occhi. Però il contenuto non mi era ben chiaro.
Questa volta la lettura è stata preceduta da un'altra delle stupende lezioni della mia professoressa di letteratura italiana II -- corso che mi ha molto chiarito le idee su autori moderni complessi. Probabilmente Svevo è uno di questi.

Ho letto qualche recensione al libro prima di finirlo e devo dire che mi sorprende sempre come si perda del tutto di vista cosa sia effettivamente un libro. Si pensa che in un libro tutto quello che ci sia sia la trama. E non è assolutamente così. Se fosse così, il viaggio di Dante si ridurrebbe ad un racconto fantasy.
Ed anche se volessimo considerare solo la trama, "Senilità" non è affatto banale. Non si tratta di un amore contrastato, cui vengono posti freni dalla morale per la storia in sé. Anzi. L'amico di Emilio ha relazioni continue.
Trattandosi di un romanzo in cui l'esperienza mentale del personaggio è così rilevante, i fatti sono importanti per la ricaduta che hanno sul personaggio. Di fatto noi sappiamo solo quello che viene vissuto da una certa visione o svelato da un'altra, sebbene effettivamente non si tratti di filtri che alterino la realtà, ma ne danno una lettura personale, sicuramente in parte "macchiata", che però talvolta può essere smascherata.

Emilio Brentani rincorre nella sua vita un'idealizzazione di sensazioni e di sentimenti. Tutto quello che ad Emilio succede è filtrato, giustificato, inserito nel disegno più grande che Emilio fa della sua stessa vita. Le donne sono ferine o sante, senza via di mezzo. Sono sottomesse o dominatrici. L'amico Stefano è amico o nemico, a seconda del l'impressione che i suoi comportamenti operano su Emilio. La stessa Angiolina appare come oggetto di passione sfrenata, oggetto di un amore sconfinato e poi bersaglio di un odio violento, per infine trionfare come santa cui Emilio possa innalzare l'altare alla sua giovinezza trascorsa.

Emilio conosce sprazzi di lucidità, ma soprattutto nella parte iniziale, quando ancora la vita esterna ha una qualche influenza su di lui. Riconosce quanto Angiolina in realtà sia meschina e fretta e poco abbia a che fare con la pura donnina o con la malvagia incantatrice.
Eppure Emilio cade in una rete che s'è intessuto da sola, che è formata da nodi di bugie di Angiolina smascherate (che pure Emilio continua a giustificare) e da speranze e sogni, come lui stesso ammette. Emilio è perfettamente consapevole della sua manìa e non riesce - né vuole, in realtà, liberarsene. Tutto il resto impallidisce fino a quando i suoi grandi ideali, la sua grande figurazione della vita non gli impongono di pervenire ai suoi impegni morali.

Si tratta di un mondo di personaggi assorti in sé, che perdono di vista la realtà delle cose esterne.
Il personaggio più autentico, la persona che sembra essere meno costruita, risulta essere Stefano, che riesce a provare affetto vero anche al di là dell'appagamento del suo ego che gliene viene. Invece Emilio maschera l'egoismo che si cela dietro molte sue scelte, proprio per la sua idealizzazione della vita. E di fatto anche Amalia si comporta così. S'innamora dell'amore e di Stefano conosce solo ciò che lui le presenta.
Se Amalia ed Emilio sono due facce della stessa medaglia, Amalia è sicuramente il personaggio con il più forte sentire, con quella capacità di penetrazione del mondo, delle sensazioni, che tanto Emilio deve faticare a costruirsi pur di provare qualcosa -- quando si allontana dal suo amore per Angiolina, che quindi appare tutto costruito, tutto finto, per Emilio tutto è noia, vuoto, mancanza di sensazioni.