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akemichan 's review for:
The Queen of Attolia
by Megan Whalen Turner
Bisogna riconoscere che l'autrice ha cercato di evolvere la sua storia, sia a livello di tematiche sia a livello dei difetti che il primo libro aveva.
Questo secondo è più dinamico negli avvenimenti, a partire dall'inizio; riprende la questione politica che nel primo libro era appena accennata e la mette al centro degli avvenimenti, tra guerra e diplomazia, proprio come mi ero augurata facesse terminando il primo libro.
E soprattutto cerca di far uscire i personaggi dal pantano della monodimensionalità. Non ci riesce del tutto (vedi l'ambasciatore dei Mede) e quelli meglio riusciti non sono comunque il massimo dell'originalità (vedi la regina di Attolia), però almeno ci prova e soprattutto questi personaggi hanno un ruolo all'interno della trama, la portano avanti con le loro azioni e interagiscono e parlano fra di loro.
Inoltre la storia inizia con una scelta narrativa legata al protagonista che dà una svolta molto più drammatica agli avvenimenti; non me lo aspettavo proprio, e mi è piaciuta parecchio.
Indubbio che da questi due punti di vista ci sia stato un miglioramento.
Questo non significa che il libro sia perfetto, rimangono vecchi difetti e ne arrivano di nuovi.
La terza persona onniscente le riesce meglio della prima, ma il cambio di pov tra i vari personaggi a volte è troppo improvviso.
Continua a essere ridicolo che in una saga che si chiama letteralmente "The Queen's /Thief/" non venga rubato mai nulla (ogni tanto dicono "va bene, rubami Tizio": quello non si chiama rubare, è rapimento). Che poi intendiamoci, ha anche senso perché nella politica una regina non ha bisogno di ladri, ma di spie e strateghi, esattamente ciò che il protagonista è. Il problema è l'aspettativa che fai al lettore se chiami storia e protagonista in un determinato modo.
Molti avvenimenti vengono narrati dalla bocca dei personaggi invece che mostrati e spesso sono alcune delle cose più interessanti del libro. Questo non aiuta a stabilire un contatto emotivo con quello che sta succedendo: se si parla di guerra senza mostrarne la crudeltà se non a dialoghi e parole, difficile farsi coinvolgere dalla situazione.
La storia d'amore è ridicola e non so nemmeno se abbia senso definirla tale dato che almeno da parte di lui sembra essere messa lì per cfreare un colpo di scena (non importa quanto io li stessi shippando fin dall'inizio).
L'ambientazione è piuttosto confusionaria: soprattutto durante le scene di guerra e strategia avere una mappa forse avrebbe aiutato a capire bene cosa stava succedendo. La mitologia è sempre buona, benché inutile, ma i riferimenti alla vera Grecia non servivano dato che chiaramente si tratta di un mondo alternativo e non di un'ucronia.
E odio gli interventi degli dei che servono a far andare avanti la trama anche se, a questo riguardo, non mi sento di definirlo per forza un difetto in senso generale: mi pare chiaro che l'autrice lo faccia per riferimento ai miti greci originali in cui gli dei intervenivano nelle faccende degli uomini.
I miglioramenti sono però stati sufficienti per rendermela una lettura quantomeno non fastidiosa. Non ho pensato "che senso ha" ogni dieci righe come nel precedente e questo ha migliorato la mia opinione.
Questo secondo è più dinamico negli avvenimenti, a partire dall'inizio; riprende la questione politica che nel primo libro era appena accennata e la mette al centro degli avvenimenti, tra guerra e diplomazia, proprio come mi ero augurata facesse terminando il primo libro.
E soprattutto cerca di far uscire i personaggi dal pantano della monodimensionalità. Non ci riesce del tutto (vedi l'ambasciatore dei Mede) e quelli meglio riusciti non sono comunque il massimo dell'originalità (vedi la regina di Attolia), però almeno ci prova e soprattutto questi personaggi hanno un ruolo all'interno della trama, la portano avanti con le loro azioni e interagiscono e parlano fra di loro.
Inoltre la storia inizia con una scelta narrativa legata al protagonista che dà una svolta molto più drammatica agli avvenimenti; non me lo aspettavo proprio, e mi è piaciuta parecchio.
Indubbio che da questi due punti di vista ci sia stato un miglioramento.
Questo non significa che il libro sia perfetto, rimangono vecchi difetti e ne arrivano di nuovi.
La terza persona onniscente le riesce meglio della prima, ma il cambio di pov tra i vari personaggi a volte è troppo improvviso.
Continua a essere ridicolo che in una saga che si chiama letteralmente "The Queen's /Thief/" non venga rubato mai nulla (ogni tanto dicono "va bene, rubami Tizio": quello non si chiama rubare, è rapimento). Che poi intendiamoci, ha anche senso perché nella politica una regina non ha bisogno di ladri, ma di spie e strateghi, esattamente ciò che il protagonista è. Il problema è l'aspettativa che fai al lettore se chiami storia e protagonista in un determinato modo.
Molti avvenimenti vengono narrati dalla bocca dei personaggi invece che mostrati e spesso sono alcune delle cose più interessanti del libro. Questo non aiuta a stabilire un contatto emotivo con quello che sta succedendo: se si parla di guerra senza mostrarne la crudeltà se non a dialoghi e parole, difficile farsi coinvolgere dalla situazione.
La storia d'amore è ridicola e non so nemmeno se abbia senso definirla tale dato che almeno da parte di lui sembra essere messa lì per cfreare un colpo di scena (non importa quanto io li stessi shippando fin dall'inizio).
L'ambientazione è piuttosto confusionaria: soprattutto durante le scene di guerra e strategia avere una mappa forse avrebbe aiutato a capire bene cosa stava succedendo. La mitologia è sempre buona, benché inutile, ma i riferimenti alla vera Grecia non servivano dato che chiaramente si tratta di un mondo alternativo e non di un'ucronia.
E odio gli interventi degli dei che servono a far andare avanti la trama anche se, a questo riguardo, non mi sento di definirlo per forza un difetto in senso generale: mi pare chiaro che l'autrice lo faccia per riferimento ai miti greci originali in cui gli dei intervenivano nelle faccende degli uomini.
I miglioramenti sono però stati sufficienti per rendermela una lettura quantomeno non fastidiosa. Non ho pensato "che senso ha" ogni dieci righe come nel precedente e questo ha migliorato la mia opinione.