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Il libro giusto al momento giusto.
Ora, Memorie di una ragazza perbene non è, secondo me, un capolavoro della letteratura. Non colpisce per la profondità delle immagini o per la verità dispiegata tra le pagine, ma adempie ugualmente a quello che per me è sempre stato il principale compito dei libri: aiutare a comprendere, a pensare.
In questo caso, visto che si tratta di un memoir, oggetto dell'indagine è colei che scrive, il mondo come si svela ai suoi occhi, e chi in questa realtà si riflette, ovvero chi legge. (Anche se probabilmente ciò vale per la maggior parte dei libri, non solo i memoir.)
Il libro giusto al momento giusto per due ragioni, che inevitabilmente parlano di me.
La prima è che ho iniziato Memorie di una ragazza perbene in piena sessione invernale - facoltà di lettere, dunque asfissiata dai libri - e ho detestato per le prime dieci pagine l'autrice, promettendomi dunque di riprendere il libro in mano solo superato l'esame di letteratura italiana previsto per il giovedì di quella stessa settimana e non perdendo comunque occasione di lamentarmi con chiunque della superbia di Simone de Beauvoir. Giorni, insomma, in cui forse per la prima volta da quando sono entrata nell'età della ragione leggere mi dava un profondo senso di oppressione e in cui sono arrivata perfino a dubitare di aver fatto le scelte giuste circa la mia vita e il mio futuro, meditando di essermi illusa di essere qualcuno che non sarei mai riuscita a essere.
Quando infine mi sono degnata di leggere pagina undici, e poi cinquanta o cento, mi sono resa conto che quel libro parlava anche di me: di una ragazza che cresceva cercando di diventare qualcosa, con il costante dubbio di essere niente; del rifugio nei libri per capire e spiegare sé a se stessa; del confronto con gli altri; della ricerca di un senso; del bisogno di essere guidata in una selva di idee contraddittorie, di possibilità, di strade appena accennate; della percezione della propria piccolezza in confronto all'ambizione del cuore; del bisogno di amicizie e rapporti pieni e non apparenti.
Sentire di nuovo come un libro possa parlarmi mi ha aiutato a ritrovare il senso di ciò che sto facendo, di ciò che voglio essere (anche nelle sue contraddizioni, ostacoli, incertezze) e a riscoprire quanto sia profondo e necessario il mio amore per la letteratura, quanto sia semplice e vero.
La seconda ragione, non troppo distante dalla prima, per cui il libro mi ha colpito è ancora una volta legata alla coincidenza tra lo stadio della vita che io sto attraversando in questi anni e quello raccontato nel libro: il passaggio dall'adolescenza alla prima gioventù, in cui il mondo si apre di idee non ancora esplorate, ci si rende conto di quanto tante verità date per certe non siano che punti di vista - frutto della propria educazione, classe sociale, origine geografica - e si avverte dunque forte la necessità di capire quali di queste convinzioni ci appartengano e non siano solo mere convenzioni. In questi primi anni di università, in cui le mie letture si stanno lentamente aprendo, in cui ho incontrato un modo di pensare la vita diverso da quello che davo per certo, sto imparando, come Simone de Beauvoir racconta nel libro, a ripensare il mio ruolo come individuo e come parte della società, quello in cui credo, quello che ritengo vero e ciò che è solo apparenza, ideologia, vuoto.
Detto tutto questo, solo un'ultima parola: grazie.
Ora, Memorie di una ragazza perbene non è, secondo me, un capolavoro della letteratura. Non colpisce per la profondità delle immagini o per la verità dispiegata tra le pagine, ma adempie ugualmente a quello che per me è sempre stato il principale compito dei libri: aiutare a comprendere, a pensare.
In questo caso, visto che si tratta di un memoir, oggetto dell'indagine è colei che scrive, il mondo come si svela ai suoi occhi, e chi in questa realtà si riflette, ovvero chi legge. (Anche se probabilmente ciò vale per la maggior parte dei libri, non solo i memoir.)
Il libro giusto al momento giusto per due ragioni, che inevitabilmente parlano di me.
La prima è che ho iniziato Memorie di una ragazza perbene in piena sessione invernale - facoltà di lettere, dunque asfissiata dai libri - e ho detestato per le prime dieci pagine l'autrice, promettendomi dunque di riprendere il libro in mano solo superato l'esame di letteratura italiana previsto per il giovedì di quella stessa settimana e non perdendo comunque occasione di lamentarmi con chiunque della superbia di Simone de Beauvoir. Giorni, insomma, in cui forse per la prima volta da quando sono entrata nell'età della ragione leggere mi dava un profondo senso di oppressione e in cui sono arrivata perfino a dubitare di aver fatto le scelte giuste circa la mia vita e il mio futuro, meditando di essermi illusa di essere qualcuno che non sarei mai riuscita a essere.
Quando infine mi sono degnata di leggere pagina undici, e poi cinquanta o cento, mi sono resa conto che quel libro parlava anche di me: di una ragazza che cresceva cercando di diventare qualcosa, con il costante dubbio di essere niente; del rifugio nei libri per capire e spiegare sé a se stessa; del confronto con gli altri; della ricerca di un senso; del bisogno di essere guidata in una selva di idee contraddittorie, di possibilità, di strade appena accennate; della percezione della propria piccolezza in confronto all'ambizione del cuore; del bisogno di amicizie e rapporti pieni e non apparenti.
Sentire di nuovo come un libro possa parlarmi mi ha aiutato a ritrovare il senso di ciò che sto facendo, di ciò che voglio essere (anche nelle sue contraddizioni, ostacoli, incertezze) e a riscoprire quanto sia profondo e necessario il mio amore per la letteratura, quanto sia semplice e vero.
La seconda ragione, non troppo distante dalla prima, per cui il libro mi ha colpito è ancora una volta legata alla coincidenza tra lo stadio della vita che io sto attraversando in questi anni e quello raccontato nel libro: il passaggio dall'adolescenza alla prima gioventù, in cui il mondo si apre di idee non ancora esplorate, ci si rende conto di quanto tante verità date per certe non siano che punti di vista - frutto della propria educazione, classe sociale, origine geografica - e si avverte dunque forte la necessità di capire quali di queste convinzioni ci appartengano e non siano solo mere convenzioni. In questi primi anni di università, in cui le mie letture si stanno lentamente aprendo, in cui ho incontrato un modo di pensare la vita diverso da quello che davo per certo, sto imparando, come Simone de Beauvoir racconta nel libro, a ripensare il mio ruolo come individuo e come parte della società, quello in cui credo, quello che ritengo vero e ciò che è solo apparenza, ideologia, vuoto.
Detto tutto questo, solo un'ultima parola: grazie.
emotional
reflective
medium-paced
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adventurous
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informative
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reflective
sad
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C’est assez fou d’avoir un récit aussi détaillé de sa vie, aussi bien intérieure qu’extérieure, dès le plus jeune âge. J’aime beaucoup la façon dont elle décrit ses relations avec sa famille et ses amis qui fluctuent au fil du temps ( du positif au négatif et du proche au lointain). Paris Sud me manque.
Ce sont des mémoires mais l’arc narratif est digne d’un roman. La fin était inattendue.
Ce sont des mémoires mais l’arc narratif est digne d’un roman. La fin était inattendue.
informative
reflective
medium-paced
One can only be awed at the author's powers of recall of an early age of which most of us have only vague recollections of a few key events. But Ms de Beauvoir is exceptionally self-absorbed, which, together with the rather non-eventful nature of her life at this stage and the diary she keeps, probably helps the process. Her self-delusions and naivety, down to her aversion to sexual contact, are unblushingly revealed. She also describes with feeling her deep appreciation of the natural world. Her commitment to her studies and conviction that she will make a difference through writing have to be admired. The circumscribed life of the "dutiful daughter" comes across clearly during her school days and first external studies, but one feels some conflict with the family may be missing at a later stage as the passage to relative autonomy and association with anarchic philosophers appears a little too smooth. Zaza certainly comes across as an even more dutiful daughter and pays dearly for this. Sartre is only introduced towards the end of the book and for the jacket to describe the story as one of Ms de Beauvoir's revolt against her stiflingly respectable childhood "at the Sorbonne with jean-Paul Sartre" is a gross exaggeration.