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Deliciously dark and very murderous. I loved returning to this world and the lore of the gods and the red church. Mia continued to be an interesting character and I enjoyed learning more about darkin and the powers they have. The story was great too but unfortunately I felt the end was a bit of a cop out. However it did not diminish my enjoyment of the story.
I DNFed. I couldn’t handle the same rinsed plot line and with the other books on my TBR that I have from the library I’ve been reading those and just haven’t picked it up. I liked the writing style and how Jay Kristoff takes the mick outta his own writing I just couldn’t do it anymore lol. Might go back but it just felt to slow and flat for all the build up in the others
Me la sono presa comoda con la lettura di quest'ultimo capitolo. Ho voluto tenere i personaggi con me il più a lungo possibile e rimandare il finale fin quando ho potuto.
Leggere queste pagine è stato un viaggio incredibile: Kristoff è stato un maestro nello strutturare la storia di Mia, mettendo insieme dei tasselli che alla fine si sono incastrati perfettamente. Iniziando la trilogia non mi sarei mai aspettata uno sviluppo simile, tant'è che il secondo volume mi aveva lasciata abbastanza interdetta. Dopo essere arrivata alla fine, però, posso dire che ogni cosa ha trovato il suo posto e tutti i misteri sono stati risolti.
I personaggi continuano a essere caratterizzati in maniera perfetta: Mia è l'antieroina per eccellenza, sta esattamente in quella zona grigia dove è estremamente difficile navigare e in cui l'autore però si destreggia alla grande. È credibile in tutte le sue sfaccettature e incasellarla sarebbe impossibile.
Ash e Tric sono anche loro un mosaico e proprio per questo le dinamiche con Mia sono uniche, singolari e non banali, andando così a evitare l'esasperazione da triangolo amoroso in cui sarebbe stato facile cadere.
Mercurio qui ha raggiunto l'apice e la rivelazione che lo riguarda mi ha fatto urlare per la genialità e la perfezione con cui è stata inserita.
Non so come Kristoff sia stato in grado di inserire un nuovo personaggio, fargli avere un arco di crescita e andare a esplorare il suo animo e carattere in una volta sola ma è quello che ha fatto con Jonnen e posso solo applaudire.
Assurdo è anche il fatto che sia riuscito a far emergere sprazzi di umanità in qualcuno come Scaeva, usandoli per sottolineare ancor più quanto sia spregevole.
La voce dell'autore (di entrambi) si riconferma pungente, sardonica, drammatica, volgare e sensuale al punto e nella quantità giuste. Pur facendo qualche volteggio stilistico il testo rimane sempre comprensibile e si fa leggere fluentemente. E checché se ne dica le note a pie' di pagina sono un tocco di originalità da sostenere e approvare.
Ogni tipo di scena è descritta e narrata in modo tale da farla apparire chiara nella mente di chi legge e tanto le parti d'azione, quanto quelle erotiche, dialogate e introspettive sono amalgamate le une con le altre in un connubio che non annoia mai e più di una volta una lacrima la strappa. Ripeto quanto Kristoff sia abile nella gestione dei personaggi e delle situazioni in cui li inserisce perché è uno dei pochi che riesce a mettere in pericolo i protagonisti ogni dieci minuti fornendo però tutti gli elementi per rendere credibile il fatto che chi si deve salvare è giusto che riesca a farlo senza dare l'impressione che ci sia una plot armor a proteggerli. Non per questo si esime dal far prendere infarti a ogni pagina girata.
Pur essendo l'ultimo libro, vengono aggiunti altri pezzi di world building e si procede nella conoscenza dei sistemi che costituiscono la Repubblica di Itreya e i territori che ne fanno parte. Il focus sui pirati (Corleone ti si ama) richiama un po' ciò che era già stato fatto con la Chiesa Rossa e i Venatus andando ad aggiungere tridimensionalità al mondo in cui vive Mia.
La promessa di dare una chiusura soddisfacente alla storia di Mia viene mantenuta e il finale è ha quel gusto agrodolce che ci si aspetta da una trilogia del genere. Se dovessi trovare un difetto - più un "loose end" che un difetto in realtà - forse direi che il destino di Jonnen lascia spazio a domande, ma nel quadro generale è una minuzia e mi resta solo da dire che sono soddisfatta al 100% da questo libro e dalla trilogia di Nevernight in generale, non me ne dimenticherò facilmente.
Leggere queste pagine è stato un viaggio incredibile: Kristoff è stato un maestro nello strutturare la storia di Mia, mettendo insieme dei tasselli che alla fine si sono incastrati perfettamente. Iniziando la trilogia non mi sarei mai aspettata uno sviluppo simile, tant'è che il secondo volume mi aveva lasciata abbastanza interdetta. Dopo essere arrivata alla fine, però, posso dire che ogni cosa ha trovato il suo posto e tutti i misteri sono stati risolti.
I personaggi continuano a essere caratterizzati in maniera perfetta: Mia è l'antieroina per eccellenza, sta esattamente in quella zona grigia dove è estremamente difficile navigare e in cui l'autore però si destreggia alla grande. È credibile in tutte le sue sfaccettature e incasellarla sarebbe impossibile.
Ash e Tric sono anche loro un mosaico e proprio per questo le dinamiche con Mia sono uniche, singolari e non banali, andando così a evitare l'esasperazione da triangolo amoroso in cui sarebbe stato facile cadere.
Mercurio qui ha raggiunto l'apice e la rivelazione che lo riguarda mi ha fatto urlare per la genialità e la perfezione con cui è stata inserita.
Non so come Kristoff sia stato in grado di inserire un nuovo personaggio, fargli avere un arco di crescita e andare a esplorare il suo animo e carattere in una volta sola ma è quello che ha fatto con Jonnen e posso solo applaudire.
Assurdo è anche il fatto che sia riuscito a far emergere sprazzi di umanità in qualcuno come Scaeva, usandoli per sottolineare ancor più quanto sia spregevole.
La voce dell'autore (di entrambi) si riconferma pungente, sardonica, drammatica, volgare e sensuale al punto e nella quantità giuste. Pur facendo qualche volteggio stilistico il testo rimane sempre comprensibile e si fa leggere fluentemente. E checché se ne dica le note a pie' di pagina sono un tocco di originalità da sostenere e approvare.
Ogni tipo di scena è descritta e narrata in modo tale da farla apparire chiara nella mente di chi legge e tanto le parti d'azione, quanto quelle erotiche, dialogate e introspettive sono amalgamate le une con le altre in un connubio che non annoia mai e più di una volta una lacrima la strappa. Ripeto quanto Kristoff sia abile nella gestione dei personaggi e delle situazioni in cui li inserisce perché è uno dei pochi che riesce a mettere in pericolo i protagonisti ogni dieci minuti fornendo però tutti gli elementi per rendere credibile il fatto che chi si deve salvare è giusto che riesca a farlo senza dare l'impressione che ci sia una plot armor a proteggerli. Non per questo si esime dal far prendere infarti a ogni pagina girata.
Pur essendo l'ultimo libro, vengono aggiunti altri pezzi di world building e si procede nella conoscenza dei sistemi che costituiscono la Repubblica di Itreya e i territori che ne fanno parte. Il focus sui pirati (Corleone ti si ama) richiama un po' ciò che era già stato fatto con la Chiesa Rossa e i Venatus andando ad aggiungere tridimensionalità al mondo in cui vive Mia.
La promessa di dare una chiusura soddisfacente alla storia di Mia viene mantenuta e il finale è ha quel gusto agrodolce che ci si aspetta da una trilogia del genere. Se dovessi trovare un difetto - più un "loose end" che un difetto in realtà - forse direi che il destino di Jonnen lascia spazio a domande, ma nel quadro generale è una minuzia e mi resta solo da dire che sono soddisfatta al 100% da questo libro e dalla trilogia di Nevernight in generale, non me ne dimenticherò facilmente.
URLO, URLO, URLO!!!
Sì, sono solita iniziare le mie recensioni su Goodreads come una matta che sta usando un megafono. A chi urlerei, poi, dato che le scrivo principalmente come mio promemoria e in modo volutamente lascivo in alcuni punti?
Non ho io stessa la risposta
E no, non ho io stessa la recensione giusta per riempire questo spazio. Nevernight copre TROPPI spazi e tematiche che non saprei davvero da dove iniziare. Questa trilogia mi ha colpito più di quanto pensassi, insieme anche ai personaggi secondari
Sono sicurissima di amare Mia. Tutti la amano, è ovvio, è creata talmente bene che non si può non affezionarvisi, e affermo che è diventata uno dei miei personaggi femminili preferiti di sempre, ovviamente nella mia top 10. Forse non arriva alla top 5, ma anche quest’ultima è da definire-
Ma evito di divagare, come al mio solito, sì okay-
Mia Corvere, per l’appunto, è un personaggio geniale. La sua storia, i suoi poteri, il modo in cui le responsabilità ricadono su di lei e affettano le persone a cui si lega e per le quali cose spesso si dà la colpa, andando comunque sempre avanti... è spettacolare. Nonostante sia presentata e sia alla fine, ufficialmente, come definibile “badass”, in molti momenti sbaglia e ostenta quel modo quando forse non lo è, e questo perché è indubbiamente umana in un mondo gettato nel caos anche per ciò che la riguarda e ciò a cui deve rimediare. Ma, prima di tutto, deve sistemare le cose che rientrano nella sua sfera emotiva, difficile da cercare e approfondire se parliamo di un’assassina con uno scopo ben preciso fin dall’inizio. Spietata, volgare, menefreghista? Sì, lo è. Come quasi tutti alla Chiesa Rossa, fatta per addestrare assassini provetti uno dopo l’altro (“assassino uno assassino tutti”, per citare il libro, ed è un motto di morale piuttosto importante che varrà per tutte le azioni successivi). Ma Mia è molto più di questo. Sa essere empatica, sa imparare a gestire le sue emozioni in rispetto a come si possono sentire gli altri, ammettendo che le servano come scudo e sulla difensiva per mantenere la reputazione che si è creata, poi imparando ad abbracciarle come sue, inclusa la paura che tanto nasconde. Oh, ops, mi correggo: se ne priva, più che nasconde. Messer Cortese ed Eclissi, in seguito, sono letteralmente demoni che passano molto tempo con lei, si affezionano e la salvano privandola della paura. Togliendole uno dei sentimenti più importanti di cui un essere umano possa aver bisogno per condurre scelte razionale, conoscere sé stesso e, spesso, le stesse paure che tanto teme, perché tirarsi indietro a esse è l’ultimo modo per sconfiggerle e affermare la propria identità. Eppure, Mia ci riesce. Passa molti momenti in cui la paura sopravviene a qualunque altro sentimento, spesso per pericoli non riguardanti la battaglia ma l’amore, la rabbia, l’accondiscendenza e simili conflitti interiori. Si innamora, sperimenta sensazioni, interessi prima forzati e poi sempre più naturali quando capisce che va bene esprimerli crollando, piegandosi alla sofferenza che ci rende umani nell’affrontare nascita, vita e morte. I tre libri, in fondo, sono questo: la nascita, vita e quasi morte di una ragazza con una storia da raccontare, narrata a noi lettori con espedienti letterari bellissimi, ironici e specifici da parte dell’autore, che non ha solo creato un bellissimo mondo distopico quanto affascinante nella sua crudeltà, ma riesce a infierire o a volte alleggerire con note a piè pagina e riferimenti ironici lui stesso. La sua introduzione come narratore, a volte, era tanto necessaria quanto gravosa, ma sempre in modo positivo! Curiosità, solo enorme curiosità pagina dopo pagina, quando ogni riga era più angosciosa o romantica o tenera o invettiva dell’altro. Un mix di toni stilistici incredibile, che sono riusciti a inquadrare Mia Corvere come, onestamente, uno dei personaggi protagonisti più belli e inusuali che abbia mai visto, tra i suoi talenti, contesti e destino nel mondo fantasy e quelli a cui possiamo relazionarci e approcciarci a cuore aperto dato tutte le angherie che passa come adolescente. Donna fatta, in realtà, per quello a cui è sottoposta come, inizialmente, tutti gli accoliti in quella istituzione o tutti i cittadini abituati alla tirannia o alla democrazia mischiata in un turbinio di corruzione e illusione di un mondo migliore. Quel mondo non appare tale a quasi nessuno, nemmeno a Mia stessa, se non quando si ritrova in quelle gioie che solo l’amore, e non l’odio o la vendetta personale possono dare. Il primo, difatti, è unito in maniera ottimale a ciò con cui il romanzo esordisce riguardo al vendicare i suoi genitori e l’ingiustizia che hanno subito, ma più si va avanti e più si ricade in tremende ingiustizie di fronte o coinvolgenti personaggi secondari che non mi sarei mai aspettata di apprezzare così tanto. Cadono in battaglia con onore, muoiono per incidenti, soffrono torture, ma gran parte di loro hanno una fine. Proprio come Mia. Che essa sia un colpo di scena o ciò che viene affermato dall’autore nel prologo, insieme a tutto ciò che il lettore comincia ad aspettarsi... cambia poco. La morte e il significato contrapposto alla vita hanno un incredibile impatto sul lettore, in ogni piccolo riferimento e ritorno al passato che forgia ogni personaggio dall’infanzia a diventare qualcuno con uno scopo. Ma la vita a volte va vissuta anche senza essi, con il timore che non si sappia cosa farne o cosa diventare, di sentirsi vuoti, inutili e inermi. Mia, Ashlinn, Tric, i gladiatii, gli Shaiid della Chiesa Rossa, Adonai, Marielle, Jonnen, perfino Julius Sceava, tutti personaggi estremamente controversi che un attimo prima sanno cosa vogliono, l’attimo dopo non ne sono più così sicuri. Affrontano l’aggrapparsi alle poche sicurezze che hanno in maniera trascendente tanto quanto pratica, ed è tutto reso alla perfezione in un gioco di colpi di scena e prese di posizione che affilano molto di più di quello che c’è in un semplice fantasy dalla costituzione surreale e di poteri magici come vuole il genere. Nevernight porta molto di più. Molto di atipico, come il lessico usato, le scene forti ed esplicite senza risparmiare traumi e nude e crude verità (qui forse sto parlando letteralmente ma... è proprio così. No scandals here, all’incirca); molto di travolgente, con informazioni e approfondimenti inseriti in dialoghi la cui natura è sempre più interessante da scoprire, per l’esaltazione delle battute e l’iperbole del significato drammatico dietro a esse; molto di originale, in un mondo, come già detto, di un genere fantasy che ha inscritto come trama da terza di copertina righe che meno che mai ci aspetteremo che rivelino così tanti discorsi di importanza individuale e dall’atteggiamento adulto, maturo, responsabile per come sono portati avanti e mai banale nel trattare di nomi e iconografie simboliche, che hanno perfino messaggi e riflessioni religiose, quotidiane, morali e sociali.
Nevernight è molto di più. Fine della definizione. Molto di più di quello che ci si aspetterebbe data la volontaria lentezza e, quindi, posso capire, difficile approccio dalle prime pagine, e che si penserebbe senza aver letto una parola di una recensione come la mia o di quelle probabilmente meglio strutturate da letterari o persone sul web che passerebbero ore intere davanti a una videocamera per pubblicare la loro opinione su YouTube o al computer per metterla sul blog personale.
Io ci ho speso un’ora circa, a pensarci bene, come molte delle altre recensioni che faccio, qui o su Instagram che sia. Ma nel rileggerle e rivolgerle a un lettore immaginario per mio puro divertimento, mi rendo conto che aggradano la mia sola soddisfazione di scrivere e buttar giù opinione che necessito di tirar fuori, e non con un messaggio privato o, che un fulmine mi colpisca, in una conversazione a voce. No, lì sono proprio pessima ad esprimermi con chiarezza senza passare a parlare del gatto del quartiere o di quanto zucchero sia solita mettere nel tè affianco a un buon libro da fotografare per le storie del mio account privato (già, faccio anche queste azioni nOiOSe viste e riviste in questi tempi. E no, non c’è un motivo ragionevole per il quale lo stia scrivendo qui come fosse il diario segreto di quando avevo 10 anni, ma passiamo oltre-).
Fatto sta che la trilogia di Nevernight mi ha stupita, e sono stata enormemente felice di leggerla a quest’età in maniera tale da comprendere ogni sfumatura di parola nel dramma e brutalità che si portava dietro, sebbene io non ci sia affatto abituata. Ma si deve sempre provare nella vita da lettore, se se ne ha voglia, no?
I rischi, a proposito di ciò, sono un altro fattore che caratterizza la vita di Mia e dei personaggi menzionati sopra o ancora extra-
Va bene! La smetto. Dalla regia mi dicono che sto scrivendo davvero troppo. È mezzanotte e dieci del mattino e dovrei alzarmi per fare gli ultimi compiti delle vacanze, o finisco davvero male. D’altronde sono così *piacevolmente, tutto sommato* scossa dal finale di Alba Oscura che non leggerò altro per un bel po’
“Ups.”
Sì, sono solita iniziare le mie recensioni su Goodreads come una matta che sta usando un megafono. A chi urlerei, poi, dato che le scrivo principalmente come mio promemoria e in modo volutamente lascivo in alcuni punti?
Non ho io stessa la risposta
E no, non ho io stessa la recensione giusta per riempire questo spazio. Nevernight copre TROPPI spazi e tematiche che non saprei davvero da dove iniziare. Questa trilogia mi ha colpito più di quanto pensassi, insieme anche ai personaggi secondari
Sono sicurissima di amare Mia. Tutti la amano, è ovvio, è creata talmente bene che non si può non affezionarvisi, e affermo che è diventata uno dei miei personaggi femminili preferiti di sempre, ovviamente nella mia top 10. Forse non arriva alla top 5, ma anche quest’ultima è da definire-
Ma evito di divagare, come al mio solito, sì okay-
Mia Corvere, per l’appunto, è un personaggio geniale. La sua storia, i suoi poteri, il modo in cui le responsabilità ricadono su di lei e affettano le persone a cui si lega e per le quali cose spesso si dà la colpa, andando comunque sempre avanti... è spettacolare. Nonostante sia presentata e sia alla fine, ufficialmente, come definibile “badass”, in molti momenti sbaglia e ostenta quel modo quando forse non lo è, e questo perché è indubbiamente umana in un mondo gettato nel caos anche per ciò che la riguarda e ciò a cui deve rimediare. Ma, prima di tutto, deve sistemare le cose che rientrano nella sua sfera emotiva, difficile da cercare e approfondire se parliamo di un’assassina con uno scopo ben preciso fin dall’inizio. Spietata, volgare, menefreghista? Sì, lo è. Come quasi tutti alla Chiesa Rossa, fatta per addestrare assassini provetti uno dopo l’altro (“assassino uno assassino tutti”, per citare il libro, ed è un motto di morale piuttosto importante che varrà per tutte le azioni successivi). Ma Mia è molto più di questo. Sa essere empatica, sa imparare a gestire le sue emozioni in rispetto a come si possono sentire gli altri, ammettendo che le servano come scudo e sulla difensiva per mantenere la reputazione che si è creata, poi imparando ad abbracciarle come sue, inclusa la paura che tanto nasconde. Oh, ops, mi correggo: se ne priva, più che nasconde. Messer Cortese ed Eclissi, in seguito, sono letteralmente demoni che passano molto tempo con lei, si affezionano e la salvano privandola della paura. Togliendole uno dei sentimenti più importanti di cui un essere umano possa aver bisogno per condurre scelte razionale, conoscere sé stesso e, spesso, le stesse paure che tanto teme, perché tirarsi indietro a esse è l’ultimo modo per sconfiggerle e affermare la propria identità. Eppure, Mia ci riesce. Passa molti momenti in cui la paura sopravviene a qualunque altro sentimento, spesso per pericoli non riguardanti la battaglia ma l’amore, la rabbia, l’accondiscendenza e simili conflitti interiori. Si innamora, sperimenta sensazioni, interessi prima forzati e poi sempre più naturali quando capisce che va bene esprimerli crollando, piegandosi alla sofferenza che ci rende umani nell’affrontare nascita, vita e morte. I tre libri, in fondo, sono questo: la nascita, vita e quasi morte di una ragazza con una storia da raccontare, narrata a noi lettori con espedienti letterari bellissimi, ironici e specifici da parte dell’autore, che non ha solo creato un bellissimo mondo distopico quanto affascinante nella sua crudeltà, ma riesce a infierire o a volte alleggerire con note a piè pagina e riferimenti ironici lui stesso. La sua introduzione come narratore, a volte, era tanto necessaria quanto gravosa, ma sempre in modo positivo! Curiosità, solo enorme curiosità pagina dopo pagina, quando ogni riga era più angosciosa o romantica o tenera o invettiva dell’altro. Un mix di toni stilistici incredibile, che sono riusciti a inquadrare Mia Corvere come, onestamente, uno dei personaggi protagonisti più belli e inusuali che abbia mai visto, tra i suoi talenti, contesti e destino nel mondo fantasy e quelli a cui possiamo relazionarci e approcciarci a cuore aperto dato tutte le angherie che passa come adolescente. Donna fatta, in realtà, per quello a cui è sottoposta come, inizialmente, tutti gli accoliti in quella istituzione o tutti i cittadini abituati alla tirannia o alla democrazia mischiata in un turbinio di corruzione e illusione di un mondo migliore. Quel mondo non appare tale a quasi nessuno, nemmeno a Mia stessa, se non quando si ritrova in quelle gioie che solo l’amore, e non l’odio o la vendetta personale possono dare. Il primo, difatti, è unito in maniera ottimale a ciò con cui il romanzo esordisce riguardo al vendicare i suoi genitori e l’ingiustizia che hanno subito, ma più si va avanti e più si ricade in tremende ingiustizie di fronte o coinvolgenti personaggi secondari che non mi sarei mai aspettata di apprezzare così tanto. Cadono in battaglia con onore, muoiono per incidenti, soffrono torture, ma gran parte di loro hanno una fine. Proprio come Mia. Che essa sia un colpo di scena o ciò che viene affermato dall’autore nel prologo, insieme a tutto ciò che il lettore comincia ad aspettarsi... cambia poco. La morte e il significato contrapposto alla vita hanno un incredibile impatto sul lettore, in ogni piccolo riferimento e ritorno al passato che forgia ogni personaggio dall’infanzia a diventare qualcuno con uno scopo. Ma la vita a volte va vissuta anche senza essi, con il timore che non si sappia cosa farne o cosa diventare, di sentirsi vuoti, inutili e inermi. Mia, Ashlinn, Tric, i gladiatii, gli Shaiid della Chiesa Rossa, Adonai, Marielle, Jonnen, perfino Julius Sceava, tutti personaggi estremamente controversi che un attimo prima sanno cosa vogliono, l’attimo dopo non ne sono più così sicuri. Affrontano l’aggrapparsi alle poche sicurezze che hanno in maniera trascendente tanto quanto pratica, ed è tutto reso alla perfezione in un gioco di colpi di scena e prese di posizione che affilano molto di più di quello che c’è in un semplice fantasy dalla costituzione surreale e di poteri magici come vuole il genere. Nevernight porta molto di più. Molto di atipico, come il lessico usato, le scene forti ed esplicite senza risparmiare traumi e nude e crude verità (qui forse sto parlando letteralmente ma... è proprio così. No scandals here, all’incirca); molto di travolgente, con informazioni e approfondimenti inseriti in dialoghi la cui natura è sempre più interessante da scoprire, per l’esaltazione delle battute e l’iperbole del significato drammatico dietro a esse; molto di originale, in un mondo, come già detto, di un genere fantasy che ha inscritto come trama da terza di copertina righe che meno che mai ci aspetteremo che rivelino così tanti discorsi di importanza individuale e dall’atteggiamento adulto, maturo, responsabile per come sono portati avanti e mai banale nel trattare di nomi e iconografie simboliche, che hanno perfino messaggi e riflessioni religiose, quotidiane, morali e sociali.
Nevernight è molto di più. Fine della definizione. Molto di più di quello che ci si aspetterebbe data la volontaria lentezza e, quindi, posso capire, difficile approccio dalle prime pagine, e che si penserebbe senza aver letto una parola di una recensione come la mia o di quelle probabilmente meglio strutturate da letterari o persone sul web che passerebbero ore intere davanti a una videocamera per pubblicare la loro opinione su YouTube o al computer per metterla sul blog personale.
Io ci ho speso un’ora circa, a pensarci bene, come molte delle altre recensioni che faccio, qui o su Instagram che sia. Ma nel rileggerle e rivolgerle a un lettore immaginario per mio puro divertimento, mi rendo conto che aggradano la mia sola soddisfazione di scrivere e buttar giù opinione che necessito di tirar fuori, e non con un messaggio privato o, che un fulmine mi colpisca, in una conversazione a voce. No, lì sono proprio pessima ad esprimermi con chiarezza senza passare a parlare del gatto del quartiere o di quanto zucchero sia solita mettere nel tè affianco a un buon libro da fotografare per le storie del mio account privato (già, faccio anche queste azioni nOiOSe viste e riviste in questi tempi. E no, non c’è un motivo ragionevole per il quale lo stia scrivendo qui come fosse il diario segreto di quando avevo 10 anni, ma passiamo oltre-).
Fatto sta che la trilogia di Nevernight mi ha stupita, e sono stata enormemente felice di leggerla a quest’età in maniera tale da comprendere ogni sfumatura di parola nel dramma e brutalità che si portava dietro, sebbene io non ci sia affatto abituata. Ma si deve sempre provare nella vita da lettore, se se ne ha voglia, no?
I rischi, a proposito di ciò, sono un altro fattore che caratterizza la vita di Mia e dei personaggi menzionati sopra o ancora extra-
Va bene! La smetto. Dalla regia mi dicono che sto scrivendo davvero troppo. È mezzanotte e dieci del mattino e dovrei alzarmi per fare gli ultimi compiti delle vacanze, o finisco davvero male. D’altronde sono così *piacevolmente, tutto sommato* scossa dal finale di Alba Oscura che non leggerò altro per un bel po’
“Ups.”
adventurous
challenging
funny
medium-paced
Plot or Character Driven:
A mix
Strong character development:
Yes
Loveable characters:
Yes
Diverse cast of characters:
Yes
Flaws of characters a main focus:
Yes
I have thoughts but my main one is why the hell couldn't he just let her be dead? Like, the final pages with her and Ash were completely uncalled for and ruined it for me.
The pace was great in this one, well plotted. Loved that so many of the supporting cast got the endings they had coming to them.
Found the characters having the qualms that the actual original audience had with Nevernight was just uncalled for douchebaggery. The books being in the book would have been kind of awesome if not for that fact.
Loved that she was basically given a martyrs ending. Glad Captain Doucheface finally got his comeuppance.
Basically, I loved it except for it being ruined by that dumbarse resurrection. Its like Warstorm all over again and im so freaking mad about it
The pace was great in this one, well plotted. Loved that so many of the supporting cast got the endings they had coming to them.
Found the characters having the qualms that the actual original audience had with Nevernight was just uncalled for douchebaggery. The books being in the book would have been kind of awesome if not for that fact.
Loved that she was basically given a martyrs ending. Glad Captain Doucheface finally got his comeuppance.
Basically, I loved it except for it being ruined by that dumbarse resurrection. Its like Warstorm all over again and im so freaking mad about it
I need to process. I didn’t think I’d cry but I did a few times.